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Autore: Leo Fulvio Minervini

minervini Leo Fulvio Minervini è ricercatore di scienza delle finanze nell’Università di Macerata, Dipartimento di Economia e diritto. Tra i suoi principali interessi di ricerca vi è la regolazione economica dei servizi infrastrutturali.

Nuova Alitalia, la discontinuità non decolla

Per approvare il nuovo salvataggio di Alitalia, la Commissione richiede discontinuità rispetto al passato. Il ridimensionamento della struttura dell’azienda è significativo, ma su un reale cambio di passo in strategie e gestione ci sono poche garanzie.

Le Autorità di regolazione si meritano vertici migliori

Le recenti nomine al vertice dell’Autorità di regolazione dei trasporti sono state decisamente discutibili. Non è un fatto isolato, anzi si colloca in una linea di progressivo peggioramento qualitativo. Come migliorare il processo di nomina?

Sulle nomine Agcom continua a comandare la politica

La politica continua a intervenire nelle nomine ai vertici delle Autorità di regolazione. Così le scelte non tengono conto dei criteri di indipendenza e competenza, come invece prevede la legge. Le nomine Agcom ne sono l’ultimo esempio.

Se un incendio mette a nudo tutti i mali di Fiumicino*

Le informazioni ufficiali sui due eventi eccezionali avvenuti nell’aeroporto di Fiumicino a luglio non sono mancate, ma hanno detto ben poco di concreto. Ciononostante, dai comunicati Enac traspaiono indicazioni sulla scarsa funzionalità dello scalo. Le responsabilità di una regolazione distratta.

Autorità dei trasporti: qui comanda la politica

Il processo di costituzione della nuova Autorità dei trasporti ha compiuto un passo decisivo, ma si sono riproposti i tradizionali metodi “all’italiana” nella designazione dei vertici delle autorità indipendenti; sono metodi poco idonei per ottimizzare le scelte, e che per questo andrebbero rivisti.

OBAMA, BERLUSCONI E IL FANTASMA DI HAMILTON

Negli scritti di difesa e propaganda della costituzione americana (apparsi con firma "Publius" nei Federalist Papers, 1787-88), Alexander Hamilton si occupò diffusamente della magistratura e della giustizia.
Ricollegandosi al Montesquieu dell’Esprit des lois, per il quale il potere giudiziario era, rispetto al legislativo e all’esecutivo, un potere diverso e minore ("in un certo senso nullo") scriveva: "[l]’esecutivo non solo dispensa gli onori ma impugna anche la spada della comunità. Il legislativo non solo controlla il portafogli ma prescrive anche le regole dalle quali i doveri e diritti dei cittadini devono essere regolati. Al contrario, il giudiziario non ha influenza sulla spada o sul portafoglio; non ha potere di direzione della forza o della ricchezza della società, e non può neppure prendere decisioni effettive. Invero si può dire che non ha né forza né volere, ma soltanto giudizio. […] [I]l giudiziario è senza confronti la più debole delle sezioni del potere; […] non può attaccare con successo nessuna delle altre due; e […] si richiede ogni possibile cura affinché esso sia messo in condizione di difendersi dagli attacchi di queste. […] [P]er quanto qua e là possa venire dalle corti di giustizia oppressione degli individui, da quel quartiere non può mai venire una minaccia alla libertà generale del popolo – così fino a che il giudiziario rimane veramente distinto tanto del legislativo quanto dall’esecutivo". E poi, relativamente ai rapporti tra potere giudiziario e politico, aggiungeva che era "razionale supporre che le corti [fossero] state progettate [dalla costituzione] per essere un corpo intermedio tra il popolo e il parlamento, allo scopo, tra le altre cose, di mantenere quest’ultimo all’interno dei limiti previsti per la sua autorità" (TdA, maiusc. nell’orig.).

Al vertice di Deauville, Obama, sentendosi raccontare da Berlusconi della dittatura della magistratura in Italia, lui giurista, harvardiano e liberal, avrà potuto non pensare ad Hamilton?

LA RISPOSTA AI COMMENTI

I commenti dei lettori appuntano la loro attenzione sui tre principali ordini di questioni che la crisi dell’Alitalia solleva: i dati che questa crisi caratterizzano, le circostanze che ad essa hanno portato, e gli sbocchi verso i quali essa può (convenientemente o di necessità) dirigersi.
I primi due ordini di questioni sono tali da poter trovare, almeno sul piano dei lineamenti generali, risposte pronte e agevolmente argomentabili. In breve e sommariamente: la crisi dell’Alitalia è drammatica, e lo dicono gli andamenti delle grandezze economiche e finanziarie rilevanti; a determinare questa crisi è stata una situazione di political economy che ha prodotto, persistentemente, influenze, decisioni e comportamenti distorti ad opera dei vari interessi e organismi coinvolti – governo e parlamento, enti locali, amministrazione pubblica, management aziendale, sindacati dei lavoratori.
Il terzo ordine di questioni tocca invece una materia (molto più) controversa: del tutto naturalmente, dato che sono presenti sfaccettature numerose, e, soprattutto, sono richieste valutazioni tali da chiamare in causa, spesso, trade-offs sfumati e criteri soggettivi. Nell’opinione degli scriventi: è possibile (probabile) che la crisi dell’Alitalia finisca per sboccare nella liquidazione, ma a questo punto non sembra esservi ragione per forzare – nel percorso e nei tempi – quello sbocco. È in corso un tentativo di privatizzazione che, se è poco promettente, è anche di molto prossima risoluzione; data la rapidità del processo di erosione delle disponibilità liquide, è anche molto prossima l’insolvenza dell’azienda (che è la premessa all’avviamento di una procedura concorsuale); e, infine, l’onere sostenuto dallo stato (dai contribuenti) per il mantenimento in attività dell’Alitalia può essere considerato, agli effetti pratici, non più ricuperabile. Dunque, da questi punti di vista, l’attesa non sarà lunga, e potrà produrre soltanto danni limitati; nel frattempo, però, potrebbero essere presi con vantaggio i provvedimenti utili a facilitare le evoluzioni successive: non solo, o non tanto, quelli, dei quali si discute adesso, di modificazione dei termini delle leggi Prodi bis e Marzano, quanto quelli di riorganizzazione dell’azienda, via efficientamenti, chiusure e cessioni di rami di attività, nella prospettiva dell’amministrazione straordinaria (più probabile e del resto più coerente con quanto già fatto), o, eventualmente, della liquidazione.

Alitalia: la riorganizzazione non può attendere

La Commissione europea ha aperto una procedura di indagine formale per aiuti di Stato per il finanziamento pubblico di 300 milioni concesso di recente all’Alitalia. Non poteva fare altrimenti. Ma la decisione non blocca, per il momento, l’operatività della misura. Di conseguenza, la compagnia può proseguire nella sua normale attività, mentre il governo avvia un nuovo tentativo di privatizzazione. Meglio sarebbe stato però condizionare l’intervento a una riorganizzazione della società lungo linee simili a quelle dell’amministrazione straordinaria.

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