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Autore: Marco Leonardi Pagina 3 di 5

leonardi È professore ordinario di Economia dell'Università degli studi di Milano. Phd. in economia alla London School of Economics, è stato visiting scholar presso il Massachussetts Institute of Technology di Boston e l'Università di Berkeley. I suoi principali interessi scientifici riguardano l'economia del lavoro e in particolare temi legati a disoccupazione, disuguaglianza e redistribuzione. È stato, durante il governo guidato da Paolo Gentiloni, consigliere economico del presidente del Consiglio.

Mercato del lavoro, il monitoraggio non basta *

Il primo rapporto di monitoraggio sulla legge Fornero offre indicazioni interessanti. Ma per stabilire l’effetto della riforma sul mercato del lavoro mancano ancora informazioni rilevanti, non sempre semplici da trovare. Servirebbe una vera e propria valutazione, come in Spagna.

Perché calano le assunzioni

I dati mostrano un calo di assunzioni con contratti parasubordinati dopo l’entrata in vigore della riforma Fornero. Ma ne evidenziano anche l’aumento nel semestre precedente. E uno degli obiettivi era rendere più difficile il ricorso al lavoro precario. Il peso dell’incertezza sulle sorti della legge.

È il momento di creare lavoro

I Centri per l’impiego non possono più limitarsi alla mediazione tra offerta e (scarsa) domanda di lavoro, mentre la formazione non risolve il problema dei disoccupati di lungo periodo. Servono investimenti in supporto o creazione diretta di occupazione. Ma senza aumentare la spesa pubblica.

L’INDENNITÀ NELL’INCERTEZZA

La possibilità del reintegro nel posto di lavoro non è la questione fondamentale nella discussione sulla riforma del lavoro. È più importante disegnare l’indennità di licenziamento in modo da ridurre il contenzioso. La riforma Fornero non risolve il problema. Meglio sarebbe ricorrere a un meccanismo simile a quello tedesco, che prevede un indennizzo automatico per il lavoratore. Servirebbe a responsabilizzare aziende e dipendenti. Senza impedire il ricorso al giudice se il lavoratore ritiene ingiusto il licenziamento.

LA VERSIONE DI HAMILTON

Alexander Hamilton, primo segretario al Tesoro Usa, stabilì che il governo nazionale si sarebbe assunto i debiti contratti dai singoli stati durante la guerra di indipendenza. Perché il nuovo Stato non sarebbe stato credibile senza il pieno controllo dei suoi debiti e senza poterne garantire la restituzione. Moneta comune e Fed arrivarono dopo. L’Europa ha scelto il percorso inverso. Pensando che l’unione monetaria avrebbe indotto una convergenza economica e creato le basi per una solida unione. Forse, per la soluzione di lungo periodo della crisi dell’euro servirebbe un Hamilton europeo.

ALL’UNIVERSITÀ COL PRESTITO D’ONORE? NO, GRAZIE

 Le tasse universitarie italiane sono troppo basse. E il problema è particolarmente impellente in un contesto di costante riduzione del Fondo di finanziamento ordinario. Ma un innalzamento significativo finanziato tramite indebitamento è da evitare. Soprattutto perché rischia di vanificare il frutto migliore della riforma del 3+2: l’accesso generalizzato all’università. Meglio allora decidere un moderato e generalizzato aumento delle tasse. Dovrebbe essere ben accolto anche dagli studenti di famiglie più povere perché serve a far contribuire di più chi più ha.

SAN PAOLO, DOVE L’IVA NON SI EVADE

La lotta all’evasione fiscale è tornata di attualità. Ma il modo migliore per incentivare il buon comportamento fiscale non è tanto il controllo e la punizione quanto la compartecipazione ai profitti. Anche per la tassa più evasa, l’Iva. Come dimostra il programma Nota Fiscal adottato a San Paolo del Brasile: un sistema semplice, automatico e che fa leva sulla tecnologia. Mentre in Italia l’impianto delle detrazioni dall’imponibile Irpef è complesso e oneroso per il contribuente.

IL DEBITO DELLE FAMIGLIE AGGRAVA LA CRISI *

L’impatto della recessione del 2009 sui consumi delle famiglie è stato più forte nel Regno Unito rispetto all’Italia. Le cause non sono solo nella diversa entità delle crisi bancarie, ma anche nella diversa esposizione debitoria delle famiglie. Il loro indebitamento complessivo è cresciuto negli ultimi dieci anni in tutti i paesi. Ma poco prima della crisi, nel nostro paese era al 68,8 per cento del reddito disponibile e nel Regno Unito a più del doppio. Soprattutto, sono le famiglie britanniche con redditi bassi a essere più indebitate di quelle italiane. L’incidenza dei mutui.

SE LA CRISI NASCE DALLA DISUGUAGLIANZA

La crisi economico-finanziaria non nasce solo dagli squilibri internazionali. Ha come causa anche una crescente disuguaglianza nella distribuzione del reddito negli Stati Uniti. I salari dei lavoratori con basso tasso di istruzione sono infatti fermi da trent’anni, mentre l’economia americana è cresciuta del 100 per cento. Per adeguare i consumi a quel livello di crescita economica, la metà della popolazione ha fatto ricorso al debito, alla fine diventato insostenibile. La soluzione della crisi passa per politiche redistributive politicamente difficili da accettare.

TUTELIAMO IL REDDITO, NON IL POSTO FISSO

I vincoli ai licenziamenti previsti dalle normativa italiana hanno lo scopo di assicurare il lavoratore contro le possibili fluttuazioni del mercato del lavoro e trasferirne il peso sull’impresa che può neutralizzarle con maggiore facilità. Ma ai vantaggi di una maggiore stabilità dell’impiego corrispondono i costi di una più lunga durata della disoccupazione e di minori salari. Senza contare i diversi modi per aggirare la legislazione, un problema che la crisi ha reso ancora più evidente. Meglio allora ripensare l’intero modello.

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