I dati Eurostat sulla distribuzione del reddito dicono che la disuguaglianza in Italia è aumentata durante la crisi. Non per la crescita dei redditi più alti, ma per il forte calo di quelli bassi. Di sicuro, rispetto a quindici anni fa, sale la povertà.
Autore: Massimo Baldini Pagina 7 di 13
Professore di Politica Economica presso il Dipartimento di Economia "Marco Biagi" dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Membro del Capp, Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche, dello stesso dipartimento, del comitato scientifico della Fondazione Gorrieri e del comitato editoriale di Politica Economica - Journal of Economic Policy. Fa parte della redazione de lavoce.info.
Una semplice revisione del terzo scaglione Irpef potrebbe alleviare il carico fiscale delle classi medie. Non avrebbe alcun effetto sulla distribuzione del reddito. E il costo sarebbe di gran lunga inferiore rispetto alla flat tax di Lega e Forza Italia.
Dopo il 4 marzo l’Italia è politicamente divisa in due. Il risultato dipende forse anche dal fatto che flat tax della Lega e reddito di cittadinanza del M5s avrebbero effetti distributivi diversi tra aree geografiche. Così restano misure inconciliabili.
I dati dell’Indagine Banca d’Italia dicono che il reddito reale delle famiglie è tornato a crescere, seppure lentamente. La povertà relativa continua a salire, ma la povertà assoluta è finalmente in calo, anche se rimane molto sopra i livelli pre-crisi.
In campagna elettorale Forza Italia lancia una riforma fiscale dai costi alti. Ma è una promessa poco credibile. Perché una proposta simile era stata fatta nel 2001 dal governo Berlusconi e mai realizzata, pur in condizioni più favorevoli delle attuali.
La riforma Irpef proposta dal M5s mantiene la progressività dell’imposta. Ma ha effetti distributivi: danneggia le famiglie dei dipendenti a basso reddito e favorisce autonomi e pensionati. E se si aumenta la no tax area cresce la perdita di gettito.
Le proposte di flat tax di Forza Italia e Lega darebbero un gettito nettamente inferiore a quello attuale dell’Irpef, anche con un ottimistico recupero totale dell’evasione. A beneficiare del risparmio di imposta sarebbero soprattutto i redditi più alti.
Quanto costa il reddito di cittadinanza? 14,9 miliardi come dice il M5s o 29 miliardi? Il criterio Eurostat indicato come riferimento dal disegno di legge per la stima della povertà relativa non comprende gli affitti imputati. Ed è un dettaglio importante.
Un reddito di dignità come quello suggerito da Silvio Berlusconi costerebbe circa 29 miliardi l’anno, 711 euro per ogni contribuente. Finirebbero all’8 per cento delle famiglie, per un trasferimento medio mensile di 1.200 euro. Quali sono le differenze con la proposta M5S.
In Italia la diffusione della povertà e la disuguaglianza sociale sono ancora temi di grande attualità. Sebbene i livelli pre-crisi siano ancora lontani, il momento peggiore sembra sia passato. Finalmente, il paese ha preso, forse, la strada giusta. Basta avere pazienza.