Secondo Macron, l’Europa deve cambiare per sopravvivere. I cittadini europei sono invece più ottimisti, in particolare quelli degli ex “paesi Piigs”. Tra gruppi sociali favorevoli e gruppi contrari a una maggiore integrazione aumentano però le differenze.
Autore: Massimo Bordignon Pagina 2 di 24
Si è laureato in Filosofia a Firenze e ha svolto studi di economia nel Regno Unito (MA, Essex; PhD, Warwick). Si occupa prevalentemente di temi di economia pubblica. Ha insegnato nelle Università di Birmingham, Bergamo, Brescia, Venezia e come visiting professor negli USA, in Svezia, Germania e Cina. Attualmente è professore ordinario di Scienza delle Finanze presso l'università Cattolica di Milano, dove ha diretto anche il Dipartimento di Economia e Finanza e la Doctoral School in Public Economics. Ha svolto e svolge tuttora attività di consulenza per enti pubblici nazionali e internazionali ed è stato membro di numerose commissioni governative, compresa la Commissione sulla Finanza Pubblica presso il Ministero del Tesoro nel 2007-8. È attualmente membro dell'European Fiscal Board, un comitato di consulenza del Presidente della Commissione Europea e Vicepresidente esecutivo dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica.
Nonostante l’astensione dei parlamentari europei italiani, è stato approvato dal Parlamento europeo il nuovo Patto di stabilità e crescita: non semplifica le regole e prevede vincoli più rigidi e uniformi.
L’elezione diretta dà a sindaci e presidenti di regione un forte potere politico: un vincolo al numero dei mandati è consigliabile, anche se limita il diritto dei cittadini a votare il candidato preferito. E per i piccoli comuni la legge è già cambiata.
Non è la “secessione dei ricchi” perché le risorse per le materie devolute saranno decise anno per anno dallo stato centrale. Il pericolo per il paese è il moltiplicarsi di norme e burocrazie: può manifestarsi subito, a prescindere dalla stima dei Lep.
Rispetto alla proposta originaria della Commissione, l’accordo sul nuovo Patto di stabilità non semplifica le regole e prevede vincoli più rigidi e uniformi, con il rischio di generare una spinta deflattiva per l’intera area. Le conseguenze per l’Italia.
L’ultimo Rapporto sulla finanza pubblica italiana dedica un capitolo all’autonomia differenziata. Una simulazione mostra i limiti del Ddl Calderoli sul finanziamento delle materie devolute. Sarebbe più adeguato uno schema di compartecipazione dinamico.
L’incremento del deficit previsto dalla Nadef non è giustificato dal rallentamento dell’economia, riflette errori dello scorso anno. Ma a preoccupare di più è il fatto che si rinunci a ridurre il rapporto debito sul Pil pur in una fase favorevole.
Lo sgravio contributivo è accettabile solo se è uno strumento temporaneo a sostegno dei bassi redditi da lavoro. Altrimenti crea trappole fiscali e recide il legame tra contributi e prestazioni. Non c’è alternativa a una seria riforma dell’Irpef.
Cosa pensano i cittadini del Servizio sanitario nazionale? Le percezioni non sempre coincidono con i fatti. Per esempio, non è vero che la spesa sanitaria è diminuita negli ultimi anni. Ma i giovani sono più consci delle future difficoltà di finanziamento.
Nelle proposte della Commissione restano alcuni elementi critici. Ma è apprezzabile il processo di aggiustamento delle finanze pubbliche condiviso con il paese interessato e basato su un percorso di vari anni. Un’opportunità da sfruttare per l’Italia.