Non stupisce il passo indietro del governo italiano sul Global compact for migration, dovuta a motivi ideologici, di indirizzo e di contenuto. Ma è anche una scelta di campo: ci allontana dagli alleati storici e ci avvicina ai paesi del gruppo Visegrad.
Autore: Maurizio Ambrosini Pagina 5 di 11
Maurizio Ambrosini (Vercelli 1956) è docente di Sociologia delle migrazioni nell’università degli studi di Milano. Insegna inoltre da diversi anni nell’università di Nizza e dal 2019 nella sede italiana della Stanford university. È responsabile scientifico del Centro studi Medì di Genova, dove dirige la rivista “Mondi migranti” e la Scuola estiva di Sociologia delle migrazioni. Collabora con Avvenire e con lavoce.info.
Dal luglio 2017 è stato chiamato a far parte del CNEL, dove è responsabile dell’organismo di coordinamento delle politiche per l’integrazione.
È autore, fra vari altri testi, di Sociologia delle migrazioni, e (con L. Sciolla) di Sociologia, manuali adottati in parecchie università italiane. Suoi articoli e saggi sono usciti in riviste e volumi in inglese, spagnolo, francese, tedesco, portoghese e cinese. Ha pubblicato ultimamente Famiglie nonostante (Il Mulino, 2019); Irregular immigration in Southern Europe (Palgrave, 2018); Migrazioni (EGEA, 2019, nuova ed.). È tra i curatori del volume Il Dio dei migranti (Il Mulino 2018).
I tagli alle risorse per l’accoglienza dei rifugiati e il pacchetto sicurezza finiranno per far aumentare disordine e illegalità. Perché salirà il numero delle persone a cui verrà negato asilo, ma non quello delle espulsioni, nonostante i proclami.
Il decreto Salvini prevede l’abrogazione quasi totale della protezione umanitaria in Italia. Il provvedimento ha chiare finalità propagandistiche. Restano perciò aperti vari interrogativi sulla sua legittimità ed efficacia e sulle sue conseguenze.
La tormentata vicenda dei profughi eritrei della nave Diciotti segna un nuovo passaggio dello scontro che il governo italiano ha deciso di ingaggiare sulle politiche migratorie. La sua conclusione è una sconfitta dell’Italia. Ma anche del salvinismo.
La nuova proposta della Commissione europea per la gestione delle migrazioni risente degli umori dei politici più estremi. Nessuna attenzione ai diritti umani e troppa ai rimpatri. Ecco che cosa manca a questa soluzione: tre elementi.
La politica del governo sugli immigrati sembra orientata a colpire i bersagli deboli. Ma al di là degli slogan, un rapporto positivo tra immigrazione e sicurezza si costruisce solo promuovendo il lavoro dei migranti nell’economia legale del nostro paese.
Il governo Lega-M5s non si farà. Ma il loro programma rimane e prevede una politica dell’immigrazione basata su analisi e concetti confusi e di difficile realizzazione, soprattutto al capitolo rimpatri. Nessuna considerazione per i diritti umani universali.
La popolazione immigrata in Italia è da anni stazionaria. Con la crisi sono diminuiti gli ingressi per lavoro, così come i ricongiungimenti e le nascite. Ed è presto per vedere gli effetti della ripresa economica. Nel 2018 la situazione non cambierà.
È cambiata la percezione che i cittadini europei hanno dell’immigrazione. Soprattutto in Italia la visione patologica del fenomeno ha vinto sul piano culturale e comunicativo. I motivi sono da ricercare nella crescente fragilità economica e sociale.
L’alto numero di stranieri che ottengono oggi la cittadinanza italiana è l’effetto diretto dell’alto numero di ingressi che si è verificato tra la fine degli anni Ottanta e il 2008. E sono proprio le politiche restrittive che spingono più immigrati a chiederla.