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Autore: Michele Pellizzari

pellizzari È professore di economia all'università di Ginevra. In precedenza è stato economista presso l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) a Parigi e assistant professor presso l'Università Bocconi di Milano. È research fellow al CEPR di Londra, senior fellow della Fondazione Rodolfo Debenedetti e Research Fellow dell'Institute for the Study of Labor (IZA) di Bonn. PhD in economics alla London School of Economics e dottorato in economia presso l'università di Verona, ha trascorso periodi di ricerca presso le università di Stanford e Berkeley. I suoi principali interessi di ricerca sono nelle aree dell'economia del lavoro, dell'istruzione e dell'econometria applicata. dell'econometria applicata.

UN RICHIAMO ALL’ORDINE

Il decreto sulle liberalizzazioni contiene interventi significativi che potrebbero modernizzare i servizi professionali in maniera incisiva. Il difetto è che non modificano la struttura istituzionale del settore. Le categorie interessate potrebbero così utilizzare il principio di autoregolamentazione per neutralizzarne gli effetti. Una riforma efficace dovrebbe impedire che l’esame di abilitazione sia gestito dagli stessi professionisti che saranno i diretti concorrenti dei candidati promossi. E allargare la composizione degli organi dirigenziali degli ordini.

MISSIONE QUALITÀ PER LE PROFESSIONI

La regolamentazione dei servizi professionali si giustifica solo se garantisce un’elevata qualità dei servizi. Obiettivo che non è stato raggiunto con le attuali normative. Ecco perché si discute di liberalizzare le professioni. L’evidenza empirica dimostra che limitare il potere degli operatori presenti sul mercato non ha un impatto negativo sulla qualità. Gli ordini, se vogliono sopravvivere, devono tornare al loro compito originario. E servono misure per stimolare la concorrenza e garantire una rigorosa selezione degli aspiranti professionisti.

LA GENERAZIONE CHE PAGA PER TUTTI

L’enorme debito pubblico che l’Italia ha accumulato tra il 1965 e il 1995 non è stato utilizzato a fini produttivi: i soldi che abbiamo preso in prestito sono andati in impiego pubblico e pensioni. Ne hanno beneficiato soprattutto i nati nel decennio 1940-1950. A pagare il conto saranno i loro figli. Con maggiori tasse, ma anche con minori servizi. I tagli alla spesa previsti dalle recenti manovre per istruzione, sanità e trasporti colpiscono infatti di più questa generazione. Anche perché in Parlamento i padri continuano a essere sovra-rappresentati.

L’ORDINE NON SI TOCCA

Il testo originale della manovra finanziaria prevedeva alcuni interventi di liberalizzazione delle professioni. Ma ventidue senatori-avvocati della maggioranza hanno minacciato di non votare l’intero provvedimento se quelle norme non fossero state cancellate. E sono stati subito accontentati. Insomma, anche in un momento drammatico sembrano aver prevalso gli interessi di lobby. Eppure, questa era l’occasione giusta per avviare una riforma che, insieme ad altre, potrebbe incoraggiare la crescita economica dell’Italia.


Quelle barriere per gli aspiranti avvocati

La riforma dell’avvocatura in discussione al Senato prevede tra l’altro un rafforzamento delle barriere all’ingresso nella professione. A tutela di un elevato standard qualitativo dei servizi legali a tutto vantaggio degli utenti, secondo quanto sostiene l’Ordine forense. Ma un’analisi statistica mostra che chi ha un cognome molto rappresentato nell’albo della sua provincia diventa avvocato prima. E fa nascere il sospetto che la professione non sia esente da potenti pratiche corporative.

 

Sapessi com’è strano frequentare un nido a Milano

Non c’è da stupirsi se a Milano diminuiscono i residenti nella fascia di età 25-35 anni, quella in cui si concentrano le famiglie con figli al di sotto dei tre anni. L’inizio d’anno scolastico per i nidi milanesi è stato all’insegna del caos. In molti mancavano le educatrici e sono stati sospesi i nuovi inserimenti con gravi ripercussioni sull’organizzazione familiare e, soprattutto, sui bambini. Tutto a causa di una incomprensibile disorganizzazione dell’amministrazione comunale.

Dati aggregati o dati individuali?

Chi fa ricerca in Italia si trova ad affrontare la carenza di dati statistici individuali, informazioni dettagliate su ciascuno degli individui considerati, rese opportunamente anonime secondo la vigente normativa sulla privacy. Ora, la distribuzione on line dei dati provenienti dagli archivi Inps è presentata come un primo passo per ovviare a questa situazione. E’ certamente un’iniziativa interessante, ma si limita alla diffusione di numeri aggregati. Con il rischio che finisca per sostituire o rallentare il processo di distribuzione dei microdati.

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