Nel nostro contributo ci interrogavamo sulla convenienza di sfornare testate con immagini destinate a una parte dei lettori (gli uomini) e offensive di un’altra che é secondo noi altrettanto vasta (le donne o buona parte di esse).
Non volevamo suggerire nessuna relazione tra competenza a governare e immoralitá privata ci sono, lo sappiamo, pessimi amministratori onesti.
Ma il tema che a noi premeva non era questo. Ci concentravamo invece su un problema che é specifico del mondo dellinformazione (soprattutto online) e ci chiedevamo quali fossero le ipotesi alla base di scelte editoriali che decidono di usare immagini di corpi femminili per attirare lattenzione dei lettori.
E certamente vero come suggeriscono molti commenti che una lettura esclusivamente economica del fenomeno non e sufficiente. Se cosi fosse, dato che la proporzione di donne e uomini (nonché i rispettivi tassi di istruzione) sono piuttosto simili nei paesi europei, anche le testate straniere dovrebbero abbondare di queste immagini. Invece non è cosi come ci ricorda il lettore che vive in Finlandia.
Ma nel caso italiano lelemento pregiudiziale è cosí pronunciato e forte da fare ombra anche alle ragioni economiche e del marketing. LItalianità del fenomeno può essere legata in parte alla persistenza di una visione stereotipata e anacronistica del rapporto uomo/donna che si riscontra sia negli atteggiamenti degli uomini italiani verso le donne che, purtroppo, negli atteggiamenti passivi o giustificativi di molte donne. Ma largomento dellitalianitá va articolato in ragioni piú certe ed empiriche per non rischiare di diventare esso stesso un pregiudizio-alibi.
Litalianità trova radici nella relativa maggiore debolezza, sociale e civile, delle donne italiane (le donne lavorano di meno, sono meno pagate, hanno ruoli più tradizionali anche in relazione alla vita domestica, partecipano di meno alla politica e quindi sono meno in grado di influenzare direttamente le scelte collettive). Come suggeriscono alcuni commenti va anche sottolineato che le donne sono inoltre poco rappresentate nelle posizioni direttive in generale e in modo particolare in quelle legare al mondo del giornalismo. Nei quotidiani importanti pochissime sono le donne in ruoli dirigenziali. Solo lUnità a nostra conoscenza ha un direttore donna. Ed è infatti la testata che NON contiene immagini riferimenti offensivi delle donne. Come richiama Maria Laura di Tommaso a commento della italianità più recente, mai come in questa stagione della politica italiana e emersa chiaramente la logica della doppia morale. E anche questo aspetto é parte della strumentalizzazione del corpo della donna per usi economici, di potere e di scambio.
Lo stravolgimento della distinzione tra pubblico e privato per farne un arma di giustificazione dei comportamenti del Capo del Governo ne é un esempio. Il paradosso é che tutto il pubblico é diventato privato (come in un sistema patrimonialista) e il privato ha occupato il pubblico (per ragioni di propaganda o pubblicitá elettorale) con le conseguenze aberranti per cui da un lato vi é una legge che mette la privacy sullaltare della religione secolare e dallaltro vi é una vita politica che é il palcoscenico sul quale si recita soltanto una parte, quella privata. E se questa parte si mescola con questioni politiche o di Stato e i cittadini vogliono sapere e i giornali cercano di svelare, allora si evoca la sacralitá della privacy, sulla quale si pretende di inchiodare linformazione, facendola passare come unintrusione invece che come un bene pubblico.
E evidente il gioco delle parti che si cela dietro questa che é come la magia della stanza degli specchi: confondere tutti i piani per potere usare a piacere luno e laltro a seconda dellinteresse.
Infine unaltra questione di grande interesse e sulla quale sarebbe necessario (e utilissimo) avviare una riflessione seria e serena é quella relativa alla crisi del femminismo, emersa in molti commenti.
Si dovrebbe cominciare a riflettere sulle responsabilitá del consumismo e della stessa cultura anni 60, quella dei diritti e del benessere economico; in sostanza delle responsabilitá sia della cultura marxista che ha per decenni caratterizzato la sinistra (una cultura sostanzialmente economicistica e poco attenta alla dimensione etica e alla correlazione tra doveri e diritti) sia della cultuta cattolica (che ha tradizionalmente ostacolato la cultura dei diritti privilegiando soluzioni tradizionaliste allautonomia morale di donne e uomini), sia infine del liberismo aggressivo che ha proposto modelli educativi tesi a identificare la cultura dei diritti con lo sgomitamento individualistico e il carrierismo, modelli che la televisione ha fatto diventare popolari. Anche se non è questa la sede per un dibattito su questu temi non e possibile non porci queste domande. NellItalia dei diritti e della libera voce, non si puó adottare latteggiamento paternalistico che tende a sollevare le donne delle loro responsabilitá quando lesito delle loro azioni non é approvabile.
E in nome dellautonomia delle donne che il femminismo é nato; ed é in suo nome che deve essere messo alla prova di questa nuova sfida alla dignitá femminile. Il determinismo culturalista non é una strada percorribile per chi crede nel valore della cultura del genere. Lo stesso vale per i discorsi che tentano a situare le ragioni dellanomalia nazionale nel carattere degli italiani.