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Autore: Raffaele Lungarella Pagina 12 di 13

lungarella Raffaele Lungarella, laureato in scienze statistiche ed economiche, è stato docente a contratto di economia applicata nell'università di Modena e Reggio Emilia, dove è stato anche cultore della materia di economia politica. Ha diretto il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della regione Emilia-Romagna; dello stesso ente è stato responsabile dei servizi politiche abitative e lavori pubblici. È stato anche responsabile del servizio finanziamenti per l'innovazione tecnologica di una società finanziaria. Ora è in pensione.

Se la casa cerca credito

L’edilizia è spesso vista come un settore che può dare un forte contributo alla crescita del paese. Ma oggi le stime dicono che ci sono circa 340mila nuove abitazioni invendute. Anche perché le banche hanno praticamente bloccato la concessione di mutui. Gli strumenti per cambiare la situazione.

Con l’Imu affitti più cari

Con l’Imu diminuisce il reddito ricavato dai proprietari sulle abitazioni in affitto. La ripartizione dell’aggravio fra locatore e locatario dipenderà dal mercato. Se la domanda sarà forte, aumenteranno i canoni. Altrimenti diminuiranno gli investimenti, con conseguente contrazione dell’offerta.

Programmi elettorali: la casa “sfrattata”

Davvero poco o nulla sulla casa nei programmi elettorali di partiti e coalizioni. Si oscilla tra la totale assenza di proposte sull’argomento, in particolare per soluzioni non di mercato, e la riproposizione di ipotesi di lavoro già avanzate in passato senza successo.

Programmi elettorali: come far crescere le imprese

Dalle piattaforme elettorali per le imprese, soprattutto quelle piccole e medie, si ricava l’impressione di impegni generici, a volte semplici slogan. Anche quando le proposte sono più puntuali, come quelle del Partito democratico, non è facile capirne le potenzialità e i tempi per l’attuazione.

Nuove regole per futuri imprenditori

La disciplina sulle start-up innovative e gli incubatori certificati, contenuta nel decreto legge “Sviluppo-bis”, ha un obiettivo essenziale: evitare che siano minate fin dalla nascita dallo squilibrio tra scarsa capitalizzazione e eccessivo ricorso al credito bancario, tanto più se difficoltoso.

Disimpegno sulla casa

Il Governo Monti non ha fatto praticamente nulla per l’edilizia abitativa a condizioni più favorevoli di quelle di mercato. Come l’esecutivo precedente. Esigue le risorse destinate al piano nazionale per la riqualificazione delle aree urbane degradate. Proroga degli sfratti solo per poche famiglie

Per la casa un decreto poco sociale

Il Fondo investimenti per l’abitare, promosso dalla Cassa depositi e prestiti, doveva sostenere una rete di iniziative cofinanziate da privati ed enti locali. Varato in un periodo di stretta creditizia, si è arenato per la difficoltà di finanziare con mutui bancari gli investimenti dei privati. Ora il Governo ha abolito il tetto all’intervento del Fia. Ciò permetterà di realizzare un maggior numero di finanziamenti. Nello stesso tempo, però, si riduce l’effetto di moltiplicatore del fondo. E molto probabilmente ci saranno ripercussioni negative per l’edilizia sociale.

Uno stop al consumo di suolo

Meritoriamente il Governo approva un disegno di legge per la valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo del suolo. Prevede diverse iniziative i cui risultati dipenderanno dall’attuazione che ne sarà data. Ma la procedura per disegnare la geografia delle aree edificabili nel nostro paese sembra macchinosa e potrebbe innescare conflitti tra territori e tra livelli istituzionali. Meglio sarebbe se ai comuni fosse consentito di approvare nuovi piani attuativi di aree già edificabili solo dopo la conclusione di quelli varati in precedenza.

UN PIANO PER LE CITTÀ MA CON RISORSE INCERTE

Nel decreto Sviluppo è prevista la realizzazione di un piano nazionale per le città, per riqualificare le aree urbane. Ancor prima di vederne i dettagli, si impongono due questioni. La prima è il filo diretto con i comuni e il ruolo marginale assegnato alle Regioni: una scelta che potrebbe rivelarsi poco opportuna. La seconda riguarda il finanziamento del progetto. Già di per sé piuttosto modesto, sorgono alcuni dubbi sulla sua effettiva disponibilità. Perché si tratta di risorse dirottate da altri piani di spesa. E alcune sono già state impiegate.

AGEVOLAZIONI AGLI INQUILINI, NON AI PROPRIETARI

Anche nel migliore dei casi, l’istituzione della cedolare secca comporta una perdita di gettito per l’erario di circa un miliardo. Una cifra simile basterebbe per concedere a tutte le famiglie italiane che potrebbero averne diritto il contributo previsto dal fondo sociale per l’affitto, abolito dall’ultimo governo Berlusconi. Trasferire risorse dai proprietari di case a favore degli inquilini risponde a criteri di equità. E nello stesso tempo aiuta la crescita perché la misura si rivolgerebbe a famiglie  con redditi bassi, elevando perciò la propensione al consumo.

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