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Autore: Raffaele Lungarella Pagina 13 di 14

lungarella Raffaele Lungarella, laureato in scienze statistiche ed economiche, è stato docente a contratto di economia applicata nell'università di Modena e Reggio Emilia, dove è stato anche cultore della materia di economia politica. Ha diretto il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici della regione Emilia-Romagna; dello stesso ente è stato responsabile dei servizi politiche abitative e lavori pubblici. È stato anche responsabile del servizio finanziamenti per l'innovazione tecnologica di una società finanziaria. Ora è in pensione.

Disimpegno sulla casa

Il Governo Monti non ha fatto praticamente nulla per l’edilizia abitativa a condizioni più favorevoli di quelle di mercato. Come l’esecutivo precedente. Esigue le risorse destinate al piano nazionale per la riqualificazione delle aree urbane degradate. Proroga degli sfratti solo per poche famiglie

Per la casa un decreto poco sociale

Il Fondo investimenti per l’abitare, promosso dalla Cassa depositi e prestiti, doveva sostenere una rete di iniziative cofinanziate da privati ed enti locali. Varato in un periodo di stretta creditizia, si è arenato per la difficoltà di finanziare con mutui bancari gli investimenti dei privati. Ora il Governo ha abolito il tetto all’intervento del Fia. Ciò permetterà di realizzare un maggior numero di finanziamenti. Nello stesso tempo, però, si riduce l’effetto di moltiplicatore del fondo. E molto probabilmente ci saranno ripercussioni negative per l’edilizia sociale.

Uno stop al consumo di suolo

Meritoriamente il Governo approva un disegno di legge per la valorizzazione delle aree agricole e il contenimento del consumo del suolo. Prevede diverse iniziative i cui risultati dipenderanno dall’attuazione che ne sarà data. Ma la procedura per disegnare la geografia delle aree edificabili nel nostro paese sembra macchinosa e potrebbe innescare conflitti tra territori e tra livelli istituzionali. Meglio sarebbe se ai comuni fosse consentito di approvare nuovi piani attuativi di aree già edificabili solo dopo la conclusione di quelli varati in precedenza.

UN PIANO PER LE CITTÀ MA CON RISORSE INCERTE

Nel decreto Sviluppo è prevista la realizzazione di un piano nazionale per le città, per riqualificare le aree urbane. Ancor prima di vederne i dettagli, si impongono due questioni. La prima è il filo diretto con i comuni e il ruolo marginale assegnato alle Regioni: una scelta che potrebbe rivelarsi poco opportuna. La seconda riguarda il finanziamento del progetto. Già di per sé piuttosto modesto, sorgono alcuni dubbi sulla sua effettiva disponibilità. Perché si tratta di risorse dirottate da altri piani di spesa. E alcune sono già state impiegate.

AGEVOLAZIONI AGLI INQUILINI, NON AI PROPRIETARI

Anche nel migliore dei casi, l’istituzione della cedolare secca comporta una perdita di gettito per l’erario di circa un miliardo. Una cifra simile basterebbe per concedere a tutte le famiglie italiane che potrebbero averne diritto il contributo previsto dal fondo sociale per l’affitto, abolito dall’ultimo governo Berlusconi. Trasferire risorse dai proprietari di case a favore degli inquilini risponde a criteri di equità. E nello stesso tempo aiuta la crescita perché la misura si rivolgerebbe a famiglie  con redditi bassi, elevando perciò la propensione al consumo.

PIANO CASA 2, UN FLOP ANNUNCIATO

Per rilanciare l’economia, ecco un nuovo piano casa. Prevede la riduzione dei tempi del silenzio-assenso, l’estensione della segnalazione certificata di inizio attività e un premio di volumetria. Sarà probabilmente un fallimento come quello del 2009. Perché come allora si parte da un’errata valutazione delle difficoltà del mercato. Fermo non per le lungaggini burocratiche, ma perché il reddito delle famiglie è diminuito ed è più difficile ottenere crediti. Né basterà la capacità edificatoria gratuita a convincere un imprenditore a demolire e ricostruire un immobile.

SE IL MUTUO LO PAGA LA REGIONE

La misura che ha ridotto le risorse statali destinate alla Regioni a statuto ordinario ha riflessi anche sul settore della casa. Priva le Regioni di una potenziale fonte di finanziamento delle politiche abitative, ma soprattutto le costringe a finanziare con proprie risorse il pagamento di mutui agevolati per la prima casa accesi in attuazione di leggi statali. Il danno sarà tanto maggiore quanto più recenti sono i mutui: per alcune potrà essere anche di molti milioni di euro all’anno. E per molti anni.

DALLA CEDOLARE VANTAGGI SOLO PER I PROPRIETARI

Il decreto legislativo sul federalismo fiscale municipale approvato con voto di fiducia è molto diverso dal testo originale. Anche nella parte che riguarda la cedolare secca sugli affitti. Intanto, non diventerà più un tributo proprio dei comuni. Poi, il nuovo regime di tassazione rende inefficace il ricorso alla leva fiscale quale strumento di contenimento dei canoni. Ad avvantaggiarsene sono unicamente i proprietari delle abitazioni. Soprattutto quelli che affittavano a canone di libero mercato e collocati negli scaglioni di reddito più elevati.

 

UN FONDO SENZA CASA PER I GIOVANI

Il programma “Diritto al futuro” dovrebbe aiutare i giovani a trovare una casa, grazie a un fondo di garanzia per 10mila mutui. Il regolamento con le condizioni di operatività fa dubitare che si tratti di un piano realizzabile. Perché le risorse a disposizione sono solo 24 milioni e non 50 come annunciato. E considerati i meccanismi di ammissione alla garanzia permetteranno di coprire poco più di trecento casi. Sempre ammesso di trovare banche disposte a concedere un prestito a quelle condizioni. E giovani con redditi ballerini pronti ad accollarsi un mutuo consistente.

Un fondo in affitto

La legge di stabilità mette la parola fine al fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione. E nello stesso tempo la bozza di decreto legislativo sulla fiscalità municipale introduce la cedolare secca sugli affitti con un’aliquota del 20 per cento. Che determinerà una consistente perdita di gettito senza benefici tangibili per le famiglie in difficoltà a pagare un canone di mercato. Non sarebbe meglio allora utilizzare una somma pari al guadagno che deriva ai proprietari dal nuovo sistema di tassazione per rifinanziare il fondo?

 

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