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Autore: Salvatore Bragantini Pagina 2 di 3

SALVA
Attualmente è:
− presidente di Indaco Ventures SGR, gestore del più grande fondo italiano di Venture Capital;
− consigliere di amministrazione della Università degli Studi di Milano (“La Statale”).

Già direttore generale di Arca Merchant SpA, poi commissario Consob, in questa veste ha partecipato alla “Commissione Draghi” che ha preparato il Testo Unico della Finanza, divenuto legge nel 1998. È poi stato amministratore delegato di Centrobanca dal 2001 al 2004.
È stato amministratore indipendente in numerose società industriali e finanziarie, quotate e non quotate.
Fino al 30 giugno 2016 ha fatto parte del Securities Market Stakeholder Group che assiste l'Esma – European Securities Markets Authority - nelle misure di attuazione delle direttive dell’Unione Europea. E’ editorialista del Corriere della Sera dal 1994.
Ha scritto nel 1996 “Capitalismo all'italiana- come i furbi comandano con i soldi degli ingenui” e nel 2018: “Contro i piranhas- come difendere le imprese da soci e manager troppo voraci”, entrambe editi da Baldini+Castoldi.

Il brusco addio all’Ad

Bruschi addii ai vertici di Generali e Luxottica: lasciano gli amministratori delegati. Le cause sono oscure nel primo caso, come è tradizione a Trieste. Sono invece chiare per quanto riguarda Luxottica, dove siamo al terzo cambio in pochi mesi. A soffrirne è l’immagine italiana nel mondo.

Per chi gioca il Cda: per l’impresa o gli azionisti?

Il consiglio di amministrazione deve gestire una società nell’interesse di questa o degli azionisti? Perché talvolta divergono parecchio, in particolare nelle Opa. Il Cda deve essere una sorta di tutore con il compito di agire a vantaggio dell’impresa che non può decidere in proprio.

Dal duale al monistico: nell’interesse di chi?

La più grande banca italiana ha scelto di passare da un sistema di governance di tipo duale a uno di tipo monistico. Ma i pregi di quest’ultimo sono forse sopravvalutati, esaltati da una cattiva applicazione del duale nel nostro paese. Confusione di ruoli e interessi dell’impresa e degli azionisti.

La Ferrari si quota. Con qualche azionista più uguale degli altri

La sintesi dell’operazione Maranello è nel voto multiplo, che è la plateale negazione dell’interesse degli altri azionisti. Exor avrà così il controllo su Ferrari, sfilandolo a chi già lo detiene: la stessa Fca. Shopping di giurisdizioni per il preludio all’uscita dal controllo di Fiat-Chrysler.

Tocca alla Consob squarciare il velo dell’Opas su Rai way

L’Opas di EI Towers su Rai way non solo è stata dichiarata irricevibile dal governo, ma ha anche bisogno del via libera della Consob. Che però finora è rimasta in silenzio sulla vicenda. Il mercato vive così un’incertezza senza precedenti. E ne soffre anche la reputazione del paese.

Chi investe nelle Pmi se l’Opa è “à la carte”?

Il “decreto competitività” prevede per le piccole imprese quotate una soglia modulabile per l’obbligo di Opa. Ma la riforma dà a Consob una discrezionalità non voluta. Ed è un nuovo freno all’ingresso di investitori istituzionali nelle Pmi quotate. Il vero problema è la dimensione delle aziende.

Italia sempre più a corto di grandi imprese

L’Italia ha poche grandi imprese. E due di queste stanno per diventare “straniere”. Per la crescita non bastano le vitalissime multinazionali tascabili, per avere un futuro nella competizione mondiale servono anche i grandi gruppi. Un problema di rilevanza strategica per il paese.

Una mini-tassa sulle transazioni finanziarie? Si può fare*

Il dibattito sulla Tobin Tax si trascina dallo scoppio della crisi, ma al di là di alcune applicazioni parziali e infelici, è solo aumentata la confusione. Eppure un’imposta sull’attività finanziaria, opportunamente rivista, avrebbe molti meriti.

Marchionne corre su una strada stretta e tortuosa

Tramontata l’idea di ridurre in modo concordato la capacità produttiva dell’industria automobilistica europea, Marchionne punta su Panda e 500, ma soprattutto su Alfa Romeo e Maserati. Con una strategia che potrebbe anche avere successo, al prezzo però di snaturare i marchi. Il nodo dell’Alfa.

ISTITUTI DI CREDITO: QUI CI VUOLE CAPITALE FRESCO

L’Europa e il mondo non possono permettersi un’altra grande crisi finanziaria. E per questo il Consiglio europeo ha chiesto all’Eba di determinare i fabbisogni di capitale delle banche. Per quelle italiane significa ricapitalizzazioni per 15 miliardi. Ma non è l’Eba a dettare le norme, bensì i regolatori nazionali. Quanto alle proteste delle banche, aumentare il capitale è possibile, purché non pretendano di farlo a prezzi non realistici e mantenendo bloccati gli assetti di controllo. Così come nei loro bilanci ci sono margini per ridurre gli attivi senza strozzare le imprese.

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