La qualità delle istituzioni è un fattore decisivo nelle decisioni di localizzazione delle multinazionali. Tendono perciò a concentrare i loro investimenti in alcune aree. Per questo la riforma della giustizia può essere un’occasione per ridurre i divari.
Autore: Simona Comi
È professore associato di Economia Politica presso il Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’Economia dell’Università di Milano Bicocca. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze Economiche presso l’Università di Milano ed è stata Marie-Curie fellow presso l’Università di Essex. Si occupa di economia dell’istruzione, economia del lavoro e valutazione d’impatto delle politiche pubbliche.
Sempre più difficile per i giovani l’ingresso nel mercato del lavoro. Per una quota rilevante il percorso di avviamento al lavoro può durare anche diversi anni. Durante i quali l’apporto formativo on the job è insufficiente a garantire l’inserimento stabile nel mercato del lavoro. La formazione ricevuta scende con l’accorciarsi della durata dei contratti e diminuisce al diminuire del livello di istruzione, penalizzando quindi i meno istruiti con contratti di breve durata. Resta da risolvere il grave e diffuso problema degli abusi. Le sperimentazioni in alcune Regioni.
Se la formazione professionale per lavoratori disoccupati è poco efficace, le cose vanno meglio con la formazione continua degli occupati. Chi vi partecipa ottiene retribuzioni notevolmente più elevate, in particolare nelle piccole e medie imprese. Perché l’incentivo a finanziare corsi inutili e fittizi è minore e soprattutto perché è un tipo di formazione che avviene spesso in azienda. I sussidi pubblici sono gestiti dalle Regioni. Così nel periodo 1994-2005 la spesa per abitante varia dai 22,6 euro della Regione Calabria ai 286,7 euro del Trentino Alto Adige.