Non solo l’abuso, anche il consumo moderato di alcol può essere dannoso per la salute, secondo un nuovo orientamento della ricerca medica. I dati utilizzati per affermarlo, però, sono per loro natura problematici. Ma spesso non se ne tiene conto.
Autore: Stefano Castriota Pagina 1 di 2
Professore di Economia all’Università di Pisa. Ha conseguito un Ph.D. all'Università di Roma Tor Vergata, un M.Phil. alla Stockholm School of Economics, un M.Sc. all'Università Luigi Bocconi ed una Laurea all'Università di Roma La Sapienza. Ha lavorato per le Università di Trento, Perugia e Bolzano, per l’IMF ed il WFP, ed è stato consulente di varie organizzazioni che si occupano di cooperazione allo sviluppo. La sua principale area di ricerca è l’economia applicata.
Da anni si dibatte sul potenziale ruolo dell’Italia quale collettore e via di trasporto del gas dal Mediterraneo all’Europa. La crisi ucraina potrebbe accelerare questo processo, favorendo lo sviluppo economico del nostro paese e l’affrancamento dell’Europa dal gas russo.
Durante la prima ondata della pandemia lo share dei Tg nazionali e regionali è aumentato, anche nelle aree meno colpite dal Covid-19. Così i politici locali sono spinti ad attuare politiche restrittive preventive, anche quando il virus è ancora lontano.
Con la stagione turistica bloccata dall’emergenza, le imprese del settore hanno un problema di liquidità. Ma bisogna ragionare anche sulle strategie future: da come spalmare nell’anno ferie e vacanze scolastiche a ingenti sgravi fiscali per la ristrutturazione degli impianti ricettivi.
Il mercato mondiale del vino è cambiato moltissimo, con il crollo dei consumi nei paesi dell’Europa mediterranea e il prepotente ingresso dei paesi del cosiddetto nuovo mondo. Per sopravvivere alla “guerra del vino” bisogna puntare su sei variabili chiave. Dalla qualità all’eccesso di varietà.
Negli ultimi decenni il mercato del vino è significativamente cambiato. L’ingresso di nuovi protagonisti nella produzione e nel consumo ne ha modificato la geografia, aprendo inediti scenari caratterizzati da minacce ma anche opportunità di espansione. Almeno per le aziende che sanno coglierle.
Negli ultimi mesi, all’interno di Fed e Bce sono emerse voci contrarie al mantenimento di politiche monetarie accomodanti. È necessario evitare che si generino effetti distorsivi sull’economia reale, ma oggi la priorità è l’occupazione e non l’inflazione. Come mostra l’analisi del Misery Index.
La riforma Fornero ha profondamente modificato il mercato del lavoro. Per il rilancio dell’occupazione giovanile punta sull’apprendistato. Che però è per molti versi diverso dal modello che lo ha ispirato, l’apprendistato tedesco. Difficilmente, da solo potrà essere l’elemento di svolta.
Il microcredito si dimostra un valido strumento di sostegno economico delle popolazioni colpite dalle sempre più frequenti calamità naturali. Va accompagnato da programmi obbligatori di microassicurazione per evitare fenomeni di contagio e insolvenza strategica. Un piano utile anche per l’Italia.
Il dibattito sulla riforma del mercato del lavoro è sempre più al centro della discussione politica italiana. Penso però ci sia il rischio di assolutizzarlo pensando che una formula magica contrattuale possa tirarci fuori da sola dalla crisi, o, dallaltra parte, che essa possa rappresentare la garanzia assoluta della nostra stabilità lavorativa. Quando invece la tutela del lavoro e la creazione di nuovi posti dipendono da moltissime altre cose che fanno funzionare leconomia (produttività e competitività delle imprese, dinamica della domanda interna, capacità di penetrazione dei mercati esteri, innovazione, ecc.) Uno dei commenti più interessanti dei lettori è che non necessariamente il contratto unico dinserimento si rivolge a giovani ma più generalmente a persone che iniziano un rapporto di lavoro in unimpresa e quindi non automaticamente questo tipo di contratto calza a pennello con i risultati stessi. I risultati che troviamo nel nostro articolo possono essere letti nel senso che i giovani hanno probabilmente più energie, risorse e speranze per poter fronteggiare un periodo di disoccupazione nel mondo del lavoro. Se crediamo a questa interpretazione che pare suffragata dai dati può essere ragionevole riflettere su come tenerne conto o attraverso la modifica della stessa idea del contratto unico dinserimento o attraverso la costruzione di ammortizzatori che ne tengano conto quando il contratto non è offerto a giovani ma a lavoratori già avanti negli anni. Nella vecchia letteratura anglosassone di economia del lavoro ci si focalizzava molto sul concetto di lavoratore scoraggiato sottolineando come la disoccupazione di lungo periodo genera deterioramento delle proprie capacità e rende molto difficile il reinserimento nel mondo del lavoro. E per questo si ragionava su interventi speciali di welfare per combattere la disoccupazione di lungo periodo. Allo stesso modo dobbiamo ragionare su come fronteggiare efficacemente (o via contratto o via ammortizzatori) lo scoraggiamento di chi esce o è fuori dal mercato del lavoro ad età non più giovani. Da questo punto di vista è interessante la proposta di chiedere alle imprese di pagare parte del costo del licenziamento perché tale richiesta (i) le spinge a licenziare solo quando effettivamente e indispensabile e (ii) prima il lavoratore trova un nuovo impiego e prima smette di pagargli i contributi.