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Autore: Tito Boeri Pagina 21 di 38

tito Tito Boeri è professore di economia presso l'Università Bocconi di Milano e Senior Visiting Professor alla London School of Economics. È stato senior economist all’Ocse, consulente del Fmi, della Banca Mondiale, della Ue, dell’Ilo oltre che del governo italiano. Dal marzo 2015 al febbraio 2019 ha ricoperto la carica di Presidente dell'Inps. È Consigliere Scientifico della Fondazione Rodolfo Debenedetti. È stato editorialista del Sole24ore, de La Stampa e de La Repubblica e ha collaborato con quotidiani esteri quali il Financial Times e Le Monde. È tra i fondatori del sito di informazione economica www.lavoce.info e del sito federato in lingua inglese www.voxeu.org.

LA FINANZIARIA LIGHT E IL MAXIEMENDAMENTO CHE VERRÀ

La Finanziaria è light e non certo perché siano di moda i prodotti dietetici in questa legislatura. Al contrario, la spesa pubblica continua a galoppare e spiega quasi interamente il peggioramento del fabbisogno (+ 33 miliardi nei primi otto mesi dell’anno nonostante i 12 risparmiati grazie alla riduzione del costo del debito. Il fatto è che la legge di bilancio consta di soli tre articoli, come l’incipit del Ministro dell’Economia. Chissà se batterà il record del 2008 (solo 9 minuti per vararla): magari ci vorranno questa volta solo 3 minuti per approvarla, un articolo al minuto. Del resto da mesi nessuno parla più di politica di bilancio nel nostro paese. Non sembra riguardare né il governo, né l’opposizione.
Non troviamo nel provvedimento alcuna traccia delle tante boutade estive, dal grande piano per il Mezzogiorno, annunciato subito dopo aver regalato alla Sicilia 4 miliardi a luglio, alle detassazioni con compartecipazioni agli utili o in sostegno alla contrattazione di secondo livello. Ben più grave l’assenza della promessa estensione del grado di copertura della social card. Il fatto è che i soldi dei petrolieri sono andati ai giornali di partito, quelli dei banchieri sono rimasti ai banchieri e i poveri sono rimasti… con la card in mano.
Ufficialmente la Finanziaria è light perché intanto tutto è stato già scritto nel piano triennale approvato nel 2008 (il numero tre ricorre in modo ossessivo in questi atti governativi!). Ma quel piano era stato concepito prima della grande crisi, quando c’era ancora in giro Robin Hood, la disoccupazione era di un quarto più bassa e il debito pubblico non era tornato sopra al 110 per cento. Quel piano triennale ormai è un oggetto di antiquariato.
La verità è che la Finanziaria è light perché non c’è ancora una politica economica per portarci fuori dalla recessione, nonostante l’Italia abbia sin qui fatto peggio di tutti.  Sostiene Brunetta che a novembre vedremo la vera Finanziaria. Se così sarà, saremo tornati al peggio delle peggiori legislature: il maxiemendamento che zavorra la Finanziaria light, un Parlamento che non ha il tempo per discutere la politica economica e le lobby che infilano nel testo di tutto nottetempo.

COME LEGGERE I DATI SULLA CONGIUNTURA

Troppe letture discordanti sull’andamento dell’economia italiana. Perché si interpretano in modo sbagliato dati tra di loro coerenti. Stiamo facendo peggio di tutti o quasi, ma le imprese e le famiglie italiane si aspettano una forte inversione di tendenza. Anche se si dovesse materializzare, non dovrebbe impedire un ulteriore calo dell’occupazione. Bene, dunque, che la politica si prepari al peggio. In attesa di buone notizie sull’andamento effettivo dell’economia e non solo un miglioramento delle aspettative.

DIAMO A DIEGO QUELLO CHE È DI DIEGO

Al Meeting di Rimini il Ministro Tremonti ha invitato ancora una volta gli economisti a tacere, data la loro incapacità di prevedere il futuro. "Certi economisti sono come il mago Otelma". E no, caro Ministro, qui si sbaglia. Il mago con difficoltà a prevedere il futuro non è il Divino Otelma, ma il mago di Segrate interpretato dal mitico Diego Abatantuono. E’ proprio lui che dice."Io vedo, prevedo e stravedo per una squadra di calcio. Impegnandomi molto sono molto forte sul passato, cioè sul passato sono fortissimo; forse impegnandomi anche il presente, il futuro riesco un po’ meno. Ecco, per esempio, se mi concentro riesco a stabilire che ieri era mercoledì, oggi è giovedì, domani non posso sbilanciarmi [..] Prevedo catastrofi, viulenza, pestilenza, guerra atomica, pezzi tanto di siluro che svolazzeranno, schegge di grana, schegge di parmigiano…". Ma Abatantuono non ha solo incarnato il personaggio che il Ministro Tremonti associa agli economisti. E’ riuscito anche a dare vita al personaggio che evoca il Ministro Tremonti nella mente degli economisti. Chi è? Per saperlo basta cliccare qui.

ASPETTANDO LA PRIMA DECISIONE DI FINANZA PUBBLICA

Nonostante la crisi peggiore del Dopoguerra, questo governo non ha preso finora decisioni di finanza pubblica. Se consideriamo i saldi netti, vediamo che il Dpef certifica che non ci sarà alcuna manovra per rilanciare l’economia o per migliorare i conti pubblici nel 2010. Ma ancor di più preoccupa l’assenza di una impronta riformatrice dell’esecutivo. Istruttivo in proposito il caso delle pensioni. Intanto, i conti vanno male. E la necessità di controllare la spesa pubblica dovrebbe essere una priorità. Non ci resta che sperare nella prima Decisione di Finanza Pubblica.

UNA RIFORMA CHE VALE QUANTO KAKÀ

Anche la manovra d’estate rimanda ai posteri gli interventi sull’età pensionabile. Solo per le donne che lavorano nel pubblico impiego cambia qualcosa: dal 2010, i requisiti anagrafici per andare in pensione saliranno gradualmente da 60 a 65 anni, equiparandosi a quelli degli uomini. E’ una ennesima scelta contro il pensionamento flessibile. Ma soprattutto è una riforma destinata ad avere un effetto molto limitato sui conti pubblici: negli anni in cui questo Governo sarà in carica, i risparmi saranno dell’ordine di 100 milioni.

EDITORI SENZA TRANSPARENCY

La Consob adegua all’Europa la diffusione dell’informativa finanziaria italiana: le società quotate e i gestori di risparmio possono utilizzare sistemi informatici per le comunicazioni obbligatorie al mercato. Ma la nuova norma non è piaciuta agli editori dei giornali, che perderebbero pubblicità per 50 milioni. E dalla loro parte, oltre al Governo, trovano uno schieramento bipartisan in parlamento e lo stesso presidente della Consob, Cardia. Che zitto zitto dà le dimissioni per vedersele respingere. E mettere così in difficoltà i commissari Consob non allineati.

MINISTRO MELONI BATTA UN COLPO!

Se con la recessione in giro per il mondo è un brutto momento per tutti, in Italia sembra essere un momento tragico più che altro per i giovani. La disoccupazione giovanile è aumentata dal 18 al 25 per cento e circa 400 mila precari, quasi tutti giovani, hanno perso un lavoro nel primo trimestre del 2009 rispetto al primo trimestre del 2008. La rilevazione trimestrale delle forze lavoro sembra un vero bollettino di guerra per i lavoratori atipici: sono andati distrutti 150 mila lavori a termine, 100 mila collaboratori e 150 mila lavoratori autonomi, tra i quali vi sono diverse partite IVA “parasubordinate” che forniscono le loro prestazioni a un solo committente. Il lavoro a tempo indeterminato, protetto dalla cassa integrazione, è invece aumentato. Se non fosse grazie all’occupazione straniera, che ha registrato una nuova crescita, l’occupazione italiana sarebbe addirittura diminuita di 426 mila unità. Dei 400 mila lavoratori precari che hanno perso lavoro, al massimo uno su tre ha accesso al sussidio di disoccupazione ordinario. Questi giovani sono stati beffati due volte. Hanno avuto un lavoro decisamente meno protetto di quello dei loro padri e, una volta disoccupati,  vengono completamente abbandonati dallo Stato. In modo quasi provocatorio, il Ministro Sacconi ha ieri annunciato di voler creare un bonus da destinare a quelle imprese che assumono lavoratori in cassa integrazione. Come se i 400 mila precari neodisoccupati non esistessero e non fossero il vero problema emerso dalla rilevazione trimestrale dell’Istat.  Sindacati e Confindustria annuiscono. Giorgia Meloni, titolare del dicastero per i giovani, almeno lei batta un colpo!

È L’IMMIGRAZIONE, BELLEZZA

Perché i partiti socialdemocratici crollano in tutta Europa proprio in un periodo di recessione? La risposta è nei 26 milioni di immigrati nell’Unione Europea negli ultimi anni. I cittadini sono preoccupati per la sostenibilità del welfare state europeo. E se la soluzione sembra essere in più rigide politiche sull’immigrazione e nelle limitazioni all’accesso allo stato sociale, le coalizioni di destra sono decisamente più credibili. Ma sono politiche inattuabili nel lungo periodo. Esistono alternative ben più efficaci. Senza rinunciare alla redistribuzione.

LA PRECARIA INDAGINE SUI PRECARI

L’Italia è uno dei pochissimi paesi europei in cui non sono ancora disponibili dati sull’occupazione e la disoccupazione nel 2009. Questi dati vengono raccolti sulla base di rilevazioni continue, il che significa che, ad esempio, anche oggi sono in corso rilevazioni. Poi i dati vengono centralizzati, si svolgono una serie di controlli di coerenza e poi vengono elaborati. Tutto questo richiede circa tre mesi. Ciò non impedisce dunque a un istituto di statistica di pubblicare ad aprile i dati di gennaio, a maggio quelli di febbraio e così via. Da noi, invece, si aspetta la fine di ogni trimestre per rendere pubblici i dati, il che significa che solo a fine giugno sapremo cosa è accaduto nei primi mesi del 2009. Questo è un fatto molto grave perché impone alla politica economica (e al dibattito pubblico) di operare al buio. Soprattutto in una fase di crisi come quella che stiamo vivendo, questo ritardo è molto costoso. Impedisce, ad esempio, di capire cosa sta succedendo ai lavoratori precari. Quanti di loro hanno già perso il posto di lavoro nella recessione.
Perché in Italia non si pubblicano dati mensili su occupazione e disoccupazione basati sull’indagine sulle forze lavoro? Il problema è che per svolgere un’indagine che interessa i lavoratori precari l’Istat si è dotato di una rete di … precari. Si tratta infatti di circa 320 rilevatori che operano sul territorio con tecniche CAPI (computer assisted personal interviews). Questi rilevatori hanno una tipologia contrattuale – co.co.co. – che la Funzione Pubblica già nel 2005 dichiarò illegittima, intimando all’Istat di cambiarla. Da allora, di anno in anno e di emendamento in emendamento, la rete sopravvive in regime di deroga e in attesa di una "soluzione definitiva". L’ultimo decreto milleproroghe ha concesso l’ennesima proroga ma solo fino al 30 giugno di quest’anno. Nell’attesa di vedere cosa succederà ai rilevatori, l’Istat ha così deciso di rimandare i piani di pubblicazione di dati mensili sulle forze lavoro, lasciando tutto in sospeso.
Ma c’è un rischio ancora peggiore. Nel caso in cui la Funzione Pubblica decidesse di non concedere più la solita proroga, l’Istat potrebbe condurre tutte le interviste senza rilevatori sparsi sul territorio. In altre parole, l’indagine verrà svolta solo per via telefonica. Questo significa ottenere stime distorte e incoerenti con quelle degli anni precedenti, con ripercussioni anche sulla stima del PIL, per la quale l’occupazione stimata a partire dall’indagine forze lavoro rappresenta un asse portante.
Per capire gli effetti di questa scelta, basta ricordare come si svolge oggi l’indagine. Questa prevede quattro interviste per ogni famiglia a cadenze prestabilite. La prima intervista viene effettuata da un rilevatore professionista presso l’abitazione della famiglia con tecnica face to face (CAPI). Quelle successive sono svolte telefonicamente da una società specializzata, tranne che nel caso di famiglie senza telefono o con intestatario straniero. In questi casi, sono gli stessi rilevatori della prima intervista a visitare nuovamente la famiglia. Se tutto dovesse svolgersi con il metodo CATI si rischia di avere una bassa qualità della prima intervista e di non raggiungere le famiglie senza numero di telefono. Inoltre, il metodo CAPI è fondamentale quando si ha a che vedere con famiglie di immigrati, che non parlano bene la nostra lingua.

RCS SULLE NOTE DELL’AIDA

La scorsa settimana Mediobanca ha deciso di alzare da “neutral” ad “outperform” il proprio rating di Rcs Mediagroup, “alla luce di un grande potenziale di crescita del titolo” (il cui target price è stato quasi raddoppiato, da 0,93 a 1,65 euro). Il tutto a pochi giorni dalla presentazione di una trimestrale disastrosa per il gruppo editoriale (perdite più che raddoppiate rispetto allo stesso trimestre del 2008, ricavi in calo quasi del 20 per cento e debito salito a 1,2 miliardi di euro). Di fronte a prospettive quanto mai incerte (per usare un eufemismo) per l’industria dell’editoria a livello globale. Solo sulla base di un piano di ristrutturazione (e di un aumento del prezzo di vendita di Corriere e El Mundo) ancora tutto da definire nei particolari e soprattutto da gestire. Il titolo che aveva molto sofferto in questi mesi, ha conosciuto una marcia trionfale sulle note dell’Aida: + 46% nel giro di due sedute. Molti i commenti (e le indiscrezioni) sulle motivazioni dell’upgrading di Mediobanca. Ma non abbiamo trovato da nessuna parte un rilievo molto semplice: è normale che l’azionista di maggioranza di Rcs Mediagroup, nonché membro del patto di sindacato che controlla il gruppo, faccia un upgrading di Rcs Mediagroup scatenando un rally del titolo? E perché nessuno, dicasi nessuno, ha sollevato il problema? Come mai il Presidente della Consob, così attivo in questi giorni sui giornali nel giustificare le incredibili norme anti-opa (leggasi a protezione degli attuali gruppi di controllo delle società italiane) da lui stesso sponsorizzate, non si è sentito in dovere di intervenire? Sono interrogativi inquietanti anche per l’indipendenza della carta stampata. Non vorremmo che un domani, il Corriere della Sera si sentisse un po’ in difficoltà quando dovrà commentare le scelte di Mediobanca e del suo discusso presidente.

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