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Autore: Vincenzo Galasso

galasso Vincenzo Galasso è professore di Economia Politica presso l'Università Bocconi di Milano, Research Affiliate del CEPR - Centre for Economic Policy Research, London e Research Fellow dell´IGIER. Ha conseguito una laurea in Economia Politica presso l'Università Bocconi e un Ph.D. in Economics presso la University of California at Los Angeles. Successivamente è stato Assistant Professor presso la Universidad Carlos III de Madrid. Nella sua ricerca si occupa prevalentemente di political economics, pensioni e stato sociale.

J-1, il visto (quasi) impossibile

Dopo l’11 settembre, il visto di studio o lavoro per gli Stati Uniti si ottiene solo attraverso una procedura complessa e costosa. Si cerca di evitare che i terroristi entrino nel paese camuffati da studenti, lavoratori o accademici in conferenza? O che il “legal alien” si trasformi poi in un immigrato clandestino? Qualunque sia la sua motivazione, è una politica poco efficace e inutilmente vessatoria. Anche perché chi ha un passaporto digitale e un biglietto aereo di andata e ritorno può agevolmente entrare negli Usa per sei settimane, senza alcun visto.

Riformare si può

Vincere le resistenze politiche ed elettorali alle riforme strutturali è possibile. Governi con ampie maggioranze parlamentari e internamente coesi possono imporre alle opposizioni parlamentari interventi che interessino un vasto strato dell’economia e che favoriscano, nel medio periodo, il loro elettorato. Per Governi meno forti, è invece necessaria una fase di costruzione del consenso politico attraverso la concertazione tra le diverse forze in campo. Soprattutto, però, serve informazione sui costi e i benefici presenti e futuri delle riforme.

Cronaca di un 2 a 2 annunciato

Il pareggio per 2 a 2 tra Danimarca e Svezia agli europei veniva dato 5 a 1 (5 euro per ogni puntato) dai bookmakers inglesi.  Mai un risultato di questo tipo era stato dato a prezzi così bassi.  Ma sorprende soprattutto il fatto che le quotazioni siano cambiate e di molto anche dopo la partita Italia-Svezia che aveva fornito nuove informazioni agli scommettitori.  Perchè?  Forse perchè è stato il volume delle scommesse a far rivedere le quotazioni bruscamente al ribasso.  Esempio di aspettative razionali e di comportamento razionale dei giocatori nordici.  Consoliamoci col fatto che i più maliziosi (e razionali) di tutti sono stati gli italiani: da noi il pari 2 a 2 era dato a 3,5.  Forse perchè molti nostri concittadini hanno voluto trovare una consolazione monetaria di fronte alla probabile eliminazione della loro squadra. Lo chiamano hedging.

Perché aspettare fino al 2008?

Le simulazioni effettuate da  Tito Boeri e Agar Brugiavini indicano che una riforma delle pensioni più graduale, ma che partisse subito, sarebbe più equa e otterrebbe risparmi maggiori dell’ultima proposta governativa. Vincenzo Galasso si chiede perchè allora c’è questo rinvio: forse dipende dalla dislocazione territoriale delle pensioni di anzianità e del voto alla Lega, che si è battuta accanitamente per rinviare ogni intervento a dopo il 2008, e che sta chiedendo ulteriori ritocchi alla proposta forse per salvaguardare altre generazioni di lavoratori soprattutto in Lombardia.

Se il sindacato è “vecchio”

Gli iscritti alle organizzazioni sindacali in Italia hanno l’età più alta in Europa. Anzi, molti sono già in pensione. Questa composizione demografica influenza la posizione dei sindacati sulla riforma previdenziale. Nessuna opposizione alla legge Dini, che non toccava gli interessi di gran parte degli iscritti, chiusura oggi a nuove riforme per difendere i benefici di una particolare fascia di lavoratori, già forti politicamente perché sono la maggioranza degli elettori. Ma chi rappresenta i giovani?

2008, spartiacque fra generazioni

La riforma previdenziale proposta dal Governo non è né equa né graduale. Il passaggio dai trentacinque ai quaranta anni di contributi in un’unica soluzione e procrastinato al 2008 “salva” i lavoratori che già erano stati risparmiati dalla Legge Dini e apre un divario generazionale. Dubbi anche sull’effettiva realizzazione del provvedimento perché l’esecutivo in carica tra cinque anni potrebbe decidere di rinviare ancora l’innalzamento dell’età di pensionamento.

Non serve la pensione di famiglia

I ragazzi italiani vivono in famiglia più a lungo dei loro coetanei europei perché non hanno la sicurezza del posto di lavoro. Colpa di un sistema che protegge i lavoratori più anziani, facendo ricadere sui più giovani tutto l’onere della flessibilità. Mantenere il generoso sistema pensionistico per permettere ai padri di mantenere figli trentenni è una soluzione sbagliata e costosa. Vanno invece rimosse le rigidità del mercato del lavoro.

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