Il governo Renzi ha deciso di finanziare lo sgravio Irpef per i redditi più bassi accogliendo solo in parte i suggerimenti provenienti dalla Spending review di Carlo Cottarelli: nella fattispecie è stata compiuta la scelta politico-elettorale di togliere tutta la parte relativa alle pensioni, e di demandare alle regioni eventuali tagli alla spesa sanitaria.
L’abilità comunicativa del presidente del consiglio Renzi è notevole, ma non riesce ancora ad allungare le coperte corte che sono tipiche dell’economia.
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Il primo passo del nuovo governo è stata la scelta di un governo “paritario” con un 50 per cento di ministri donne. Qualche giorno fa un’altra scelta in questa direzione è stata quella di avere solo donne capolista alle elezioni europee, a parziale compensazione della bocciatura della parità nella rappresentazione di genere nella nuova legge elettorale.
Undici tra ministri e sottosegretari, una squadra di calcio al completo, si sono presentati al dialogo con Angela Merkel, brandendo la maglia di Gomez, il centravanti tedesco della Fiorentina. Ci vorrà del tempo per sapere se hanno ottenuto dalla cancelliera un atteggiamento meno rigido di fronte alla richiesta di ampliare il nostro disavanzo nel 2014.
No, questo breve articolo non inaugura l’avvio per lavoce.info di un filone softcore. Il tema, purtroppo, è più drammatico e preoccupante e riguarda la ripetuta serie di evidenze che, dalle inchieste giudiziarie della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, sono emerse negli ultimi mesi sui labili confini e la distratta tolleranza che in molte attività economiche caratterizzano l’atteggiamento degli “imprenditori“ autoctoni.
I tedeschi temono l’azzardo morale: non date i soldi ai paesi periferici (direttamente o con l’acquisto di titoli pubblici da parte della banca centrale) o questi se li prendono e non rimettono a posto i conti. Per convincerli, Draghi si è inventato l’Omt: compro i titoli, ma solo se i paesi chiedono aiuto al Fondo europeo di stabilità e s’impegnano con un memorandum ad introdurre le riforme e, se non rispettano gli accordi, blocco l’acquisto dei titoli.
Questo paese ha tanti problemi ma uno non trascurabile (e ben noto) è la qualità dei media. Sono rimasto molto stupito dalla vicenda che ha riguardato Fabrizio Barca (di cui, lo anticipo, sono amico da tempo) che, in una telefonata ingannevole orchestrata da un giornalista radiofonico, ha fatto una serie di considerazioni sul governo che sta nascendo nella convinzione che dall’altra parte del telefono ci fosse l’onorevole Vendola e ignorando che invece c’era un impostore.
Poche settimane fa, quando Alessandro Profumo ebbe a dire che l’opposizione della fondazione capeggiata dalla Mansi all’aumento immediato di capitale del Monte dei Paschi di Siena poteva avere conseguenze sulla stabilità di Mps e di riflesso su quella del sistema bancario italiano, andò incontro alla censura di Giuseppe Guzzetti, presidente del cartello delle fondazioni italiane. Definì l’affermazione di Profumo “avventata e destituita di ogni fondamento” .
Sulla valutazione della riforma Fornero si sono concentrate, giustamente, molte aspettative da parte dell’opinione pubblica, dei policy maker e della comunità scientifica. I motivi sono molti.
Si tratta di una delle riforme più controverse del nostro passato recente. È stata promossa e implementata da un’economista molto conosciuta, che nella legge di attuazione ha voluto che si introducesse formalmente e per la prima volta in Italia un esercizio di valutazione.
Furbo Berlusconi a trovare nell’Imu l’argomento per rilanciare una campagna elettorale che sembrava senza speranza. Furbo Letta a promettere, sapendo di non poter mantenere, la eliminazione dell’imposta assieme al taglio del costo del lavoro. Furbo Brunetta a mantenere per 6 mesi il governo sulla graticola, impedendo qualunque accordo sensato sull’imposta e mostrando così di essere il vero dominus del governo.
“Il nostro non è un atto di sfiducia nel management, ma dobbiamo badare alla nostra sopravvivenza”. È questa la dichiarazione resa da Antonella Mansi, presidente della Fondazione Mps, dopo aver votato contro il piano di ricapitalizzazione del Monte Paschi messo in piedi da Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, attuali amministratori di Mps.