Mettere un tetto al prezzo del gas sarebbe certamente auspicabile, anche per rendere efficaci le sanzioni verso Mosca. Ma come attuare il provvedimento? Vi sono diversi modi e diversi problemi. Una buona soluzione dipende dalla compattezza dell’Europa.
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L’Assemblea generale dell’Onu ha riconosciuto come diritto umano l’accesso a un ambiente salubre. È un passo fondamentale per affrontare la crisi planetaria dovuta a cambiamento climatico, perdita della biodiversità e inquinamento degli ambienti naturali.
Il Giappone ha chiuso le sue centrali nucleari nel 2011, dopo l’incidente di Fukushima. Oggi quella decisione è rimessa in discussione. Un ritorno di Tokyo al nucleare avrebbe ripercussioni sulle emissioni di gas serra e sui mercati energetici globali.
La scarsità delle materie prime spinge l’inflazione. Una soluzione è ricorrere con più convinzione all’economia circolare. Ma occorrono impianti per il riciclaggio e lo sviluppo del processo di “simbiosi industriale”, in distretti produttivi circolari.
C’è un legame tra transizione ecologica e inflazione. L’accelerazione della prima fa crescere la seconda, specie quando scoppia una guerra che coinvolge produttori di importanti materie prime. Il rischio è un rallentamento delle politiche di mitigazione.
Pur di non parlare di inceneritori, le regioni propongono soluzioni sperimentali al problema dei rifiuti. A gestire i flussi in eccesso dovrebbe essere un soggetto nazionale permanente, capace di programmazione e pronto a valutare sistemi alternativi.
La siccità, conseguenza dei cambiamenti climatici, si può affrontare con un piano in cinque passi. Si avrebbero benefici reali in poco tempo. Ci vuole però consapevolezza che l’acqua dolce è un bene scarso e prezioso.
A partire dal 2021, i prezzi delle commodity energetiche sono progressivamente aumentati. Ne sono colpiti indistintamente tutti i principali paesi europei. Ma in Italia la crisi energetica rischia di produrre danni più gravi rispetto a Francia e Germania.