I congedi di paternità sono un fattore importante per promuovere la cultura della condivisione nella cura dei figli. Ma rendono anche più omogeneo l’uso del tempo fra famiglie. Riducendo il rischio che i bambini crescano in nuclei dove sono limitate le risorse di tempo oltre a quelle finanziarie.
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Il decreto legislativo che sancisce il diritto all’educazione nella prima infanzia stanzia anche le risorse che dovrebbero renderlo effettivo. Non sono molte. E la loro distribuzione dovrebbe tenere conto delle disparità regionali nella copertura dei servizi, soprattutto per gli asili nido.
L’Italia continua a non brillare nelle classifiche sulla parità di genere. Il tasso di attività femminile è basso rispetto alla media europea. E gli stipendi annuali delle lavoratrici sono nettamente inferiori a quelli degli uomini. L’importanza delle politiche di conciliazione lavoro-famiglia.
I dati Inps dicono che più dell’80 per cento dei congedi parentali è ancora utilizzato da donne. E la maternità comporta forti penalizzazioni in termini di reddito e di carriera. L’allungamento del congedo obbligatorio dei padri permetterebbe di ridurre le disuguaglianze sul mercato del lavoro.
L’aumento dei matrimoni è un segnale incoraggiante, soprattutto in confronto a quanto accaduto negli anni scorsi. Ma perché possa dare un vero impulso di vitalità al paese, si devono potenziare gli strumenti a favore dell’autonomia delle nuove generazioni e di solido accesso al mondo del lavoro.
L’indagine dell’Istat sulla violenza contro le donne permette di capire la vastità e le caratteristiche del fenomeno. Nonostante la maggiore consapevolezza, resta molto da fare. A subirne le conseguenze sono anche i bambini ed è urgente una politica seria per tutelare gli orfani di femminicidio.
La cosiddetta legge “Dopo di noi” dovrebbe garantire protezione, cura e assistenza ai disabili gravi, anche dopo la morte dei genitori. Ma non rimedia all’attuale frammentazione dei servizi sanitari e socio-assistenziali. E la sua attuazione è minata da tempi incerti e percorsi complessi e tortuosi.
In un’Italia dove i nidi sono pochi, le nonne garantiscono alle mamme che lavorano un servizio di cura dei figli affidabile e a basso costo. Le riforme pensionistiche potrebbero perciò avere effetti negativi sull’occupazione delle donne con bambini piccoli. E il bonus bebè non basta a compensarli.
Per aumentare la natalità nel nostro paese non basta una campagna pubblicitaria o una ridefinizione del bonus bebè. Servono risorse e misure strutturali che creino condizioni più favorevoli alla scelta di fare figli. Occupazione femminile, investimenti per la prima infanzia e ruolo dei padri.
Collegare, come ha annunciato il ministro Costa, il bonus figli all’età della madre – concedendolo solo se questa è under 30 – sarebbe un errore. Bisogna invece mettere al centro caratteristiche del bambino ed equità di genere.