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EPISODIO V: LE ASPETTATIVE COLPISCONO ANCORA

Se l’Europa non coordina le politiche finanziarie, abbandonando l’ortodossia, si creeranno aspettative di una crisi ben peggiore di quella del 1929. Per i prossimi due anni, allora, il Patto di stabilità dovrebbe costringere i governi ad aumentare sensibilmente tutti i deficit, ben al di là del 3 per cento, se necessario. Politiche di bilancio aggressive, se temporanee, hanno il pregio di ricostruire la fiducia e limitano la caduta della domanda aggregata. Ed è l’ora di impegnarsi in riforme che richiedono investimenti proficui nel lungo periodo, anche se costosi nel breve.

ADDIO BASILEA 2

L’adozione di meccanismi come la ricapitalizzazione e l’assicurazione esplicita delle passività bancarie vanno salutati con favore, pur ricordando che altro non sono che trasferimenti di ricchezza dai contribuenti agli azionisti delle banche. Prima però di gettare a mare un sistema di adeguatezza patrimoniale sofisticato ed evoluto come Basilea 2, occorre valutare con attenzione se i problemi sperimentati in questi mesi non possano in realtà essere superati più agevolmente rivedendo aspetti relativamente più semplici, quali il meccanismo delle riserve e quello dei rating.

BANCHE, MERCATI, MA SOPRATTUTTO FIDUCIA

Una delle conseguenze più rilevanti della crisi finanziaria è la sfiducia dei risparmiatori verso le banche. Le conseguenze che ne derivanno hanno un costo che ricade sull’intera società. Un aiuto per comprendere il fenomeno viene dalle scienze cognitive. Che ci mostrano come negli ultimi anni gli investitori si sono sentiti spiazzati dalla costante mutazione di nomi e prodotti finanziari. E ci spiegano che sarà lungo il periodo di tempo necessario alle banche per riconquistare la fiducia dei clienti.

NON FERMATE QUELLE OPA

La crisi finanziaria ha fatto crollare il valore delle azioni di molte società quotate in borsa. E benché quelle scalabili siano in Italia davvero poche, si cercano strumenti per rendere più difficili le offerte pubbliche di acquisto. Per esempio, rimuovendo la passivity rule, la norma che impedisce al management della società bersaglio di intraprendere azioni per ostacolare il successo dell’Opa. Ma una limitazione simile non tutela i piccoli azionisti. A trarne beneficio sono in genere i gruppi manageriali oppure gli azionisti di controllo. Regole speciali per i fondi sovrani.

UN PIANO ANCHE PER I CITTADINI

Il piano europeo per uscire dalla crisi va nella giusta direzione. Ma potrebbe incontrare l’ostilità dell’opinione pubblica, per le ingenti risorse pubbliche dirottate verso un sistema bancario che negli ultimi dieci anni ha realizzato enormi profitti. Tre proposte a vantaggio dei cittadini europei: aumentare la concorrenza nel sistema bancario per ridurre i costi e migliorare i servizi. Prevedere un programma di aiuto per famiglie in difficoltà con le rate del mutuo. E riduzioni fiscali per i redditi più bassi. Servirebbe anche a rendere la recessione meno duratura.

COSA MANCA NEL SALVATAGGIO EUROPEO

Se sono chiare le linee generali degli interventi decisi dai governi europei per contrastare la crisi finanziaria, poco ancora si sa sui dettagli del piano. Ma si tratta di dettagli molto importanti, che vanno dai criteri per decidere in quali banche iniettare capitale alla durata dell’implicita nazionalizzazione. Inoltre il piano non affronta un punto chiave: come affrontare l’eventuale salvataggio di grandi banche sovra-nazionali. Affrontare questo punto potrebbe darci finalmente l’occasione di creare un’autorità di vigilanza per l’area dell’euro, a cui affidare la tutela della stabilità di queste banche.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio dei commenti alla mia proposta di estendere temporaneamente la garanzia statale ai prestiti interbancari. Prima di replicare, osservo che i governi europei sembrano essersi resi conto che il cuore della crisi di liquidità è nel mercato interbancario e che lì occorre intervenire. Coerentemente, stanno estendendo la garanzia statale ai depositi interbancari. Questo, unitamente alle altre misure adottate e alle variazioni intervenute nella politica di rifinanziamento della BCE, sta dando i primi risultati: le borse hanno reagito positivamente e i tassi d’interesse sull’interbancario hanno iniziato a ridursi. Siamo ancora lontani dal ritorno alla normalità, ma un primo passo è stato fatto. 
Non mi soffermo su coloro che sono a favore della mia tesi, mentre provo a rispondere a chi solleva obiezioni. Tra questi, qualcuno osserva che occorre proteggere coloro che hanno contratto mutui con le banche. Sono d’accordo, tanto che in un mio articolo precedente non ho risparmiato critiche alla convenzione ABI – Governo sulla rinegoziazione dei mutui, che comporta una significativa limitazione della concorrenza a danno della clientela. L’intervento da me proposto per il mercato interbancario non è incompatibile con misure che rendano meno onerose le rate dei mutui per i debitori: ad esempio l’indicizzazione degli interessi al tasso di policy fissato dalla BCE piuttosto che all’Euribor, che è molto più volatile.
Altri ritengono che sia meglio abbandonare al loro destino le banche, che non meritano alcun sostegno. In questo caso non sono d’accordo: non perché abbia particolare simpatia per le banche, ma perché una crisi del sistema bancario ha costi sociali molto alti. Il fallimento di una grande banca o di una quota consistente del sistema bancario espone i risparmiatori a perdite rilevanti e le imprese alla riduzione delle fonti di finanziamento, con ricadute negative sull’attività produttiva e sull’occupazione. Inoltre, il dissesto di una istituzione rischia di trasmettersi al resto del sistema, tramite una crisi di fiducia e a causa della rete di esposizioni reciproche. Perciò è nell’interesse di tutti mantenere la fiducia nella solvibilità del sistema bancario. Inoltre, le operazioni di salvataggio non impediscono necessariamente che i manager responsabili di cattiva gestione vengano sanzionati.

UN PIANO B PER GLI STATI UNITI

Il piano Paulson non funziona. Serve dunque un programma alternativo, che dirotti il denaro pubblico dal sostegno diretto di Wall Street o del cittadino comune a un pacchetto di investimenti in grado di rimettere in moto l’economia. Basato su una idea: permettere una ristrutturazione efficiente dei debiti. Lo Stato dovrebbe limitarsi a definire un quadro normativo che consenta alle famiglie di rinegoziare i mutui sulle case che hanno perso oltre il 20 per cento del loro valore. E alle banche insolventi di chiedere una speciale forma di bancarotta.

BUCHI NELL’ACQUA

Alitalia insegna: anche in periferia soldi pubblici nelle società di diritto privato. L’aumento di capitale straordinario varato dalle province di Massa-Carrara e Lucca per evitare la bancarotta di Gaia, società a capitale pubblico che gestisce il servizio idrico, è un caso emblematico. Ai contribuenti lÂ’operazione costerà 20 milioni. Almeno due le lezioni che ne possiamo trarre: il settore è vulnerabile dal punto di vista finanziario ed è necessario definire regole contabili più rigorose. A maggior ragione quando a prendere le decisioni sono manager provenienti dalla politica. Perché potrebbero servirsi delle aziende per scaricare i problemi delle esangui casse comunali.

SALVIAMO LE BANCHE E SALVIAMO I MUTUI

L’impegno dei governi europei per varare misure adeguate a contrastare la crisi, potrebbe non essere sufficiente. EÂ’ importante intervenire anche sui mutui, aiutando le famiglie in difficoltà perchè indebitate per pagarsi la casa. Negli Stati Uniti Hillary Clinton ha proposto piano di acquisto e finanziamento dei mutui. Con le dovute differenze, anche i governi europei potrebbero pensare a politiche di sostegno per rinegoziare determinate categorie di prestiti immobiliari.

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