Assicurare maggiore parità di genere produce non solo società più eque, ma anche più benessere economico. Anche in Italia la situazione sembra migliorata, almeno in alcuni campi. Ma vanno rimosse le radici profonde dei divari. Altrimenti, il processo sarà molto lungo e con possibili distorsioni.
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La legge che impone la presenza di donne nei cda e collegi sindacali delle società quotate e partecipate pubbliche ha finalmente fatto crescere la rappresentanza femminile nei board. Mentre aspettiamo di vedere anche da noi i più generali effetti positivi associati in altri paesi a norme simili.
Nella sostanziale immobilità della condizione femminile e nella pervicace sottoutilizzazione del capitale umano delle giovani donne, si vede qualche segnale di cambiamento. La spinta viene dalla crisi economica e dallo tsunami elettorale. Inutili le mai realizzate politiche sulle pari opportunità .
Nel prossimo Parlamento ci saranno più donne e più giovani, soprattutto grazie al Movimento 5 Stelle e al Pd. Soltanto il Pdl e lo stesso M5S, però, hanno abbandonato l’ipocrisia di mettere più donne e giovani nelle posizioni non eleggibili.
Con la riforma del lavoro cambiano molte cose. Ma cambia qualcosa anche per le donne? Lo spiega Daniela Del Boca nelle slides utilizzate durante il suo discorso al Convegno tenutosi all’Università Cattolica il 4 luglio 2012, in occasione del decennale del nostro sito.
Anna Maria Tarantola sembra essere un’eccezione: solo il 35 per cento dei dipendenti della Banca d’Italia sono donne e la percentuale delle dirigenti è ancora più bassa. Se sulla scarsa presenza femminile nelle posizioni di vertice influiscono fattori socio-demografici, molto più difficile è spiegare perché le donne restano in netta minoranza anche tra i neoassunti laureati. Dai dati sui concorsi degli ultimi anni per economisti e giuristi risulta che erano donne il 61,5 per cento dei partecipanti, ma il 35,5 per cento degli idonei. Le ipotesi non confermate dalle analisi.
I musulmani sembrano avere idee più tradizionali verso le diseguaglianze di genere rispetto ai non-musulmani. È dunque possibile che la discriminazione che si registra nel mercato del lavoro verso i lavoratori di quella religione dipenda, almeno in parte dalla volontà dei datori di lavoro di non mettere in difficoltà le loro dipendenti-donne? Studi empirici condotti in Francia ci dicono che non è così: confermano che i modelli di genere dei musulmani sono diversi da quelli dei cristiani, ma i datori di lavori non sembrano esserne consapevoli.
Come trovano lavoro gli italiani? Cresce il ruolo delle agenzie private per il lavoro, in particolare per i giovani e resta costante quello dei Centri per l’impiego. Fermo il canale dei concorsi pubblici. L’intermediazione informale ha invece raggiunto livelli molto alti. E con aspettative economiche negative, si corre il rischio di chiudersi ancora di più a riccio, in una sorta di protezionismo familiare, che potrebbe contrarre ulteriormente i volumi economici e le occasioni lavorative, innescando una spirale negativa.
Le principali “rivoluzioni silenziose” che la società deve fare perché ci sia una parità reale tra donne e uomini: quella dell’istruzione -in Italia quasi compiuta- quella del lavoro femminile -ancora ampiamente irrealizzata- quella dei carichi familiari -“tradita” dagli uomini”- e quella della presenza nella politica -timidamente incominciata. Il nostro paese, dunque, è indietro, soprattutto se raffrontato agli altri paesi europei. Ecco che cosa deve fare la politica per aiutare a colmare la differenza.