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Categoria: Giustizia Pagina 21 di 33

PIÙ AVVOCATI, PIÙ CAUSE

In Italia abbiamo il più alto numero assoluto di cause e i tempi della giustizia più lunghi d’Europa. Anche il numero degli avvocati è letteralmente esploso negli ultimi venti anni. E se non c’è competizione sulle tariffe, alcuni di loro possono pensare di sfruttare il vantaggio informativo nei confronti del cliente, inducendolo a ricorrere al tribunale anche nei casi in cui non sarebbe necessario né efficace. Per questo preoccupa che nel progetto di riordino della professione forense compaia la reintroduzione delle tariffe minime

ALFANO, FERROTTI E LA QUERELLE ENNA

L’articolo precedente è firmato da Calogero Ferrotti, procuratore della Repubblica di recente fama mediatica. In breve, i fatti sono questi. Qualche giorno fa, di fronte al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e ad altri magistrati, Ferrotti ha lamentato il progressivo impoverimento di organico della procura di Enna: in cinque anni è sceso da cinque pubblici ministeri a uno, lo stesso Ferretti. E ha minacciato di mettersi in pensione. La risposta del ministro non si è fatta attendere. Poche ore dopo, Alfano ha dichiarato all’agenzia Ansa: “Ho già fatto presente a Ferrotti che amministrare la giustizia è compito difficile e quindi, se non se la sente, è meglio che si goda una meritata pensione. Io chiederò al Csm l’immediata nomina del nuovo procuratore”.
 
ASPETTANDO LA RIFORMA
 
Sono parole forti perché vengono dal ministro della Giustizia. Particolarmente forti quando il magistrato è impegnato in prima linea, in una sede difficile e in condizioni difficili. Ferrotti, tra parentesi, non è coscritto, ma volontario: viene dalla procura di Orvieto, una sede presumibilmente meno problematica, perché ha espressamente richiesto il trasferimento a Enna. Insomma, la reazione del ministro sembra proprio fuori luogo.
La “querelle Enna” ha attirato una certa attenzione da parte dei media, giustificata non soltanto dalla reazione inappropriata del ministro, ma anche e soprattutto perché la perdita di organico delle procure del Sud è un fenomeno importante e grave. (1) Come mette in rilievo un recente articolo del Sole24Ore e come peraltro è sottolineato nell’articolo di Ferrotti. (2)
Ferrotti però aggiunge un elemento importante per comprendere le cause della fuga dei pm dal Sud, e cioè la norma del 2007 che vieta i posti di procura ai magistrati di prima nomina. La norma priva le procure di giovani validi. Inoltre, è difficile che pubblici ministeri “svezzati” si trasferiscano dalla magistratura giudicante, a causa di un nuovo divieto di trasferimento all’interno della stessa provincia. Il profilo normativo, quindi, è diventato ostile alla figura del pm: sembra ormai essere quasi un ruolo “a esaurimento,” in attesa di una riforma che separi i pubblici ministeri dalla magistratura giudicante e, possibilmente, li ponga sotto il controllo del potere esecutivo.
La norma del 2007 è stata approvata con consenso bipartisan, l’attuale governo non è dunque l’unico colpevole. E, invero, una eventuale riforma del ruolo del pm potrebbe avere i suoi vantaggi.
Nel frattempo, però, mentre di riforme si discute e ridiscute, le procure del Mezzogiorno si spopolano. Chi ha vissuto al Sud capisce l’importanza di lanciare un segnale forte alla criminalità, in zone dove spesso il potere dello Stato fa fatica a estendersi oltre le mura del palazzo di Giustizia. Quindi, la progressiva mancanza di azione da parte dello Stato fa paura ai cittadini onesti e rincuora quelli disonesti. Se dunque la depopolazione delle procure è una politica perseguita razionalmente, è quanto meno rischiosa.
 
QUESTIONE DI EQUILIBRI
 
Perché è una politica rischiosa? Per via della teoria del “tipping point,” sviluppata dal premio Nobel per l’Economia Thomas Schelling. In parole povere, l’idea è che in una situazione come quella della giustizia ci sono due “equilibri”: nel primo, quello buono, quasi nessun cittadino commette un crimine perché ci sono abbastanza magistrati per perseguire tutti i crimini che vengono commessi, e anche personale extra per perseguire un cittadino qualora decidesse di commetterli. Nel secondo equilibrio, invece, moltissimi cittadini commettono crimini perché la probabilità che ogni singolo cittadino venga perseguita è minuscola. È il tipo di equilibrio che prevale in certi ghetti delle città degli Usa, o in alcuni stati, tipo Haiti. Si noti che nei due equilibri il numero di magistrati può anche essere lo stesso, ma nel secondo i cittadini si coordinano sull’azione criminale, dando così luogo a una situazione di “uovo e gallina”: si commettono tanti crimini perché ogni magistrato è oberato di lavoro perché si commette troppo crimine.
È facile capire che per uscire da questo equilibrio bisogna investire una quantità di risorse molto maggiore di quante ne siano necessarie per mantenersi nell’equilibrio “buono”. E perciò, se assumiamo di essere ancora vicini all’equilibrio “buono” nel Sud, una diminuzione delle risorse destinate alla giustizia rischia di farci cadere in un equilibrio “di Haiti”, da cui sarebbe estremamente difficile uscire.
Concludo tornando a Ferrotti. Come pensate sia finita la querelle? Magari con le scuse del ministro per una esternazione impetuosa, ma non indicativa di un vero convincimento? No, naturalmente. Il ministro tace. Invece, Ferrotti ha raccolto il sostegno dei suoi colleghi magistrati e, con senso dello Stato ma, immagino, una punta di umiliazione, ha scelto di ritirare le sue dimissioni: continuerà a servire lo Stato (e tutti noi) a Enna. Da solo.
 
 
(1) Una ricerca su Google al 14 dicembre 2009 dei termini "Ferrotti Alfano Enna" restituisce 1.400 hit.
(2)Il Sole 24Ore del 14 dicembre 2009 http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2009/commenti-sole-24-ore/14-dicembre-2009/capi-solitari-procure-siciliane.shtml

PROCURE VUOTE A MEZZOGIORNO*

Enna sarà il primo ufficio di procura in Italia completamente privo di sostituti e con il solo procuratore capo. Dunque destinato a non essere più operativo. E’ il primo esempio di un progressivo svuotamento di tutte le procure del Sud. Dovuto principalmente a una norma del 2007 che vieta di destinare a quei posti i magistrati di prima nomina. Ma anche a un contesto di riforme annunciate e a un clima generale di continua delegittimazione della magistratura. Ecco perché se ne occupa lavoce.info. Mentre il ministro della Giustizia fa orecchie da mercante.

QUELLE POLITICHE CHE NON AIUTANO LA LOTTA ALLA MAFIA

Se sul Sud e sulla sua economia grava il peso della criminalità organizzata, il governo risponde con politiche per la giustizia efficaci nella lotta contro la mafia? Non sembra. Per esempio, le norme relative alla prescrizione breve avrebbero effetti devastanti nella moltiplicazione di modelli finalizzati a catturare erogazioni indebite dei fondi pubblici. E la pervasività della presenza mafiosa dovrebbe far riconsiderare il sistema di incentivazione e di spesa pubblica per l’economia del Mezzogiorno.

LA STRANA CLASS ACTION DI BRUNETTA

Si parla da anni dell’introduzione dell’azione collettiva anche in Italia, rinviandola sempre. L’ultima volta a luglio 2009. Ora però il governo, nell’ambito della riforma Brunetta ha decretato la nascita della class action verso la pubblica amministrazione. Il progetto è stato subito criticato aspramente. In realtà potrebbe rivelarsi utile per affermare il principio secondo cui esistono economie processuali nell’aggregazione delle cause comuni che potrebbero rendere meno costosa e più efficace la macchina della giustizia.

QUANTO VALGONO I BENI CONFISCATI ALLA MAFIA

La confisca dei beni di proprietà mafiosa costituisce uno strumento giudiziario decisivo nella lotta contro la criminalità organizzata. Sono soprattutto gli immobili a essere sottoposti al provvedimento. La regione più interessata è la Sicilia, ma confische si registrano anche in Lombardia. Il legislatore è già intervenuto per cercare di ridurre i tempi tra il sequestro e la destinazione del bene al comune o allo Stato. Ora si dovrebbe rivedere la norma per meglio tutelare i terzi in buona fede e per prevedere norme-paracadute più efficaci per le aziende in fase di sequestro.

UN’AMNISTIA DI FATTO DIETRO LO SCUDO FISCALE

Non necessariamente lo scudo fiscale servirà a fare tornare i capitali in Italia, perché il rimpatrio è obbligatorio solo se le somme sono presso paradisi fiscali. In ogni caso, il gettito raccolto è una tantum e non potrà finanziare interventi permanenti. Ma il timore è che i capitali rientrati grazie allo scudo non appartengano a piccoli evasori intenzionati a rifinanziare la propria impresa in difficoltà. Potrebbero invece essere di grandi organizzazioni mafiose che ottengono così denaro pulito per le loro attività economiche, compresa l’acquisizione di imprese in difficoltà.

RICICLAGGIO AL CASINÒ

Nuovi strumenti e nuove norme per combattere le organizzazioni mafiose? Forse, basterebbe non rimandare in continuazione l’entrata in vigore di quelle già esistenti. Come la legge che impone l’identificazione e la registrazione di chi cambia somme superiori ai duemila euro nei casinò e nelle sale da gioco. Perché le indagini giudiziarie hanno dimostrato che sono uno dei canali per il riciclaggio di denaro proveniente da estorsioni e commercio di droga.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Rispondo brevemente ad alcune sollecitazioni, perché le altre non chiedono replica.

Si può trattare la questione delle ronde con strumenti diversi dall’ironia? Temo di no. O,
almeno, io non vedo altro strumento.

Non avendo assegnato alcun potere speciale alle ronde (grazie al cielo, la Lega si limita per ora a scimmiottare goffamente fascismo e nazismo), disciplinarne le attività è semplicemente ridicolo. Chi fa parte delle ronde può compiere, infatti, azioni cui è abilitato pienamente anche chi non ne fa parte. Qual è allora lo scopo dell’introduzione di requisiti quali l’assenza di daltonismo e il possesso di integre facoltà olfattive e uditive? E quale quello del disciplinare aspetti quali il colore della casacca o le modalità di comunicazione?

Se a svolgere le stesse attività (lecite) fossero gli scout o, all’opposto, gli ultras della curva Sud, il Sindaco non potrebbe avvalersene formalmente. Ma potrebbe forse ignorare le segnalazioni di eventuali elementi di pericolo o di disagio sociale che da questi gruppi dovessero pervenire?

Naturalmente, è possibile una diversa lettura: il Ministro dell’interno conosce i suoi "polli"
(tecnicamente, sindaci leghisti) e sa che per loro non è affatto ovvio che le ronde debbano limitarsi ad attività perfettamente lecite; pone, per questo, con saggezza, precisi paletti.
Se è così, l’ironia è effettivamente fuori luogo. Ed è anche falso che quello a cui assistiamo sia solo un goffo scimmiottamento di fascismo e nazismo.

RONDE DALTONICHE

Dopo la legge che istituisce gli “osservatori volontari”, detti comunemente ronde, un decreto e diverse circolari precisano puntigliosamente caratteristiche e ambiti operativi dei volonterosi cittadini che dovrebbero vegliare sulla sicurezza e sulle situazioni di disagio sociale degli italiani. Le loro organizzazioni non possono essere emanazione di partiti, sindacati e tifoserie. Meno male! I loro membri non devono essere daltonici né avere ridotte capacità olfattive, uditive e di espressione visiva. E sembra persino che non siano autorizzati a usare il telefono a gettone. Nessuna stima dei costi dei controlli di questi requisiti. Forse perché nessuno si preoccuperà di verificare che vengano messi in pratica.

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