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Categoria: Giustizia Pagina 22 di 34

RICICLAGGIO AL CASINÃ’

Nuovi strumenti e nuove norme per combattere le organizzazioni mafiose? Forse, basterebbe non rimandare in continuazione l’entrata in vigore di quelle già esistenti. Come la legge che impone l’identificazione e la registrazione di chi cambia somme superiori ai duemila euro nei casinò e nelle sale da gioco. Perché le indagini giudiziarie hanno dimostrato che sono uno dei canali per il riciclaggio di denaro proveniente da estorsioni e commercio di droga.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Rispondo brevemente ad alcune sollecitazioni, perché le altre non chiedono replica.

Si può trattare la questione delle ronde con strumenti diversi dall’ironia? Temo di no. O,
almeno, io non vedo altro strumento.

Non avendo assegnato alcun potere speciale alle ronde (grazie al cielo, la Lega si limita per ora a scimmiottare goffamente fascismo e nazismo), disciplinarne le attività è semplicemente ridicolo. Chi fa parte delle ronde può compiere, infatti, azioni cui è abilitato pienamente anche chi non ne fa parte. Qual è allora lo scopo dell’introduzione di requisiti quali l’assenza di daltonismo e il possesso di integre facoltà olfattive e uditive? E quale quello del disciplinare aspetti quali il colore della casacca o le modalità di comunicazione?

Se a svolgere le stesse attività (lecite) fossero gli scout o, all’opposto, gli ultras della curva Sud, il Sindaco non potrebbe avvalersene formalmente. Ma potrebbe forse ignorare le segnalazioni di eventuali elementi di pericolo o di disagio sociale che da questi gruppi dovessero pervenire?

Naturalmente, è possibile una diversa lettura: il Ministro dell’interno conosce i suoi "polli"
(tecnicamente, sindaci leghisti) e sa che per loro non è affatto ovvio che le ronde debbano limitarsi ad attività perfettamente lecite; pone, per questo, con saggezza, precisi paletti.
Se è così, l’ironia è effettivamente fuori luogo. Ed è anche falso che quello a cui assistiamo sia solo un goffo scimmiottamento di fascismo e nazismo.

RONDE DALTONICHE

Dopo la legge che istituisce gli “osservatori volontari”, detti comunemente ronde, un decreto e diverse circolari precisano puntigliosamente caratteristiche e ambiti operativi dei volonterosi cittadini che dovrebbero vegliare sulla sicurezza e sulle situazioni di disagio sociale degli italiani. Le loro organizzazioni non possono essere emanazione di partiti, sindacati e tifoserie. Meno male! I loro membri non devono essere daltonici né avere ridotte capacità olfattive, uditive e di espressione visiva. E sembra persino che non siano autorizzati a usare il telefono a gettone. Nessuna stima dei costi dei controlli di questi requisiti. Forse perché nessuno si preoccuperà di verificare che vengano messi in pratica.

QUESTA RIFORMA NON È UN FALLIMENTO *

La riforma della disciplina fallimentare è in vigore da tre anni e se ne può dare una prima valutazione. Scesi già nel 2006, i fallimenti hanno toccato un minimo storico nel 2007, per poi tornare a crescere decisamente alla fine del 2008 e nei primi mesi del 2009. Ma l’analisi sulla serie storica indica che il crollo del 2007 è solo parzialmente attribuibile alle nuove norme. Mentre il recente aumento è dovuto a fattori congiunturali. Il più ampio ricorso al concordato preventivo mostra che le imprese hanno apprezzato la riforma e hanno uno strumento in più per reagire alla crisi.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie per i commenti. Rispondo brevemente.

Alcuni lettori prendono come una provocazione la proposta di scontare le pene per chi "taglia" di più. A me sembra tutt’altro. Rifrasando la nostra proposta, si tratta di rendere le pene proporzionali alla quantità di droga pura spacciata, piuttosto che alla quantità di droga "presunta".
Mi sembra una politica naturale, se ciò che la legge persegue è il commercio di eroina e non il commercio di sostanze "di taglio". Ragionando per analogia, se io trovo un evasore fiscale non lo punisco per la totalità del suo reddito, ma solo per la porzione del suo reddito che non ha dichiarato.
E’ vero che la nostra proposta condurrebbe, crediamo, alla vendita di droga più diluita. Nella misura in cui le sostanze usate per diluire sono più tossiche della droga pura, il rischio per il consumatore è certamente da mettere sul piatto della bilancia. Ma, anche in questo caso, non ne segue automaticamente che la vendita di droga pura sia desiderabile. Infatti, si potrebbe sanzionare direttamente la tossicità delle sostanze di taglio, ciò che incentiverebbe i venditori a tagliare con sostanze innocue. Una modifica siffatta ridurrebbe, crediamo, l’impatto dell’obbiezione sollevata dai lettori.

Alcuni lettori propendono per la legalizzazione o liberalizzazione (uso questi due termini senza differenza). Su questo non ho molto da dire se non che raramente queste politiche sono considerate realistiche per le droghe "pesanti."

Grazie.

SORPRESA: L’INDULTO HA UN EFFETTO POSITIVO

Studiato per ridurre almeno temporaneamente il sovraffollamento delle carceri italiane, l’indulto del 2006 è stato tra i provvedimenti più criticati della scorsa legislatura. Perché favoriva i criminali e diminuiva il valore deterrente e la credibilità del sistema penale, sostenevano i contrari. Ma il provvedimento stabiliva che se fossero tornati in carcere per un nuovo reato, i beneficiari avrebbero dovuto scontare anche la pena residua in aggiunta alla nuova. Insomma, ha dato certezza alla pena. E questo ha determinato un calo delle recidive.

UN AZZARDO MORALE NELLA LOTTA ALLA DROGA

Alla lotta al commercio di droga si dedicano molte risorse. Senza grandi risultati. Forse perché si parte da una concezione errata di quel mercato. La teoria economica suggerisce di far leva proprio sull’azzardo morale che lo mette a repentaglio, inducendo i venditori a diluire le sostanze. Lo si può fare attraverso una politica di riduzione di pena per chi vende dosi molto diluite. Si avrebbero effetti paragonabili a un aumento del prezzo della droga all’ingrosso. E diminuirebbe anche la popolazione carceraria. A costi quasi zero.

LA GIUSTIZIA RAPIDA E’ ANCHE DI QUALITÀ

Il Senato ha approvato una serie di norme di modifica del codice di procedura civile per ridurre la durata dei processi. Ma risultati più incisivi sul piano della efficienza possono venire solo da interventi sull’ordinamento giudiziario e sulla organizzazione del sistema in grado di rendere maggiormente responsabili i singoli operatori, compresa la magistratura. Lo mostra il divario nei risultati registrati nei diversi tribunali del paese, governati tutti da uguali norme. E una maggiore rapidità non sembra andare a scapito della qualità delle decisioni.

TUTTI I RISCHI DELLA CLASS ACTION NELLA PA

L’azione collettiva contro le inefficienze della pubblica amministrazione era uno dei pezzi forti della riforma del lavoro pubblico. E’ stato però stralciato con la promessa di vararlo entro gennaio 2010. Il testo attuale, del resto, è generico e vago. Il rischio è che la class action nella Pa finisca per produrre molta esposizione mediatica e poca sostanza. Con il corollario di un intasamento senza precedenti delle aule dei tribunali amministrativi regionali, per l’attivazione di azioni collettive anche infondate, sull’onda della caccia a ogni costo all’amministrazione sprecona.

UN ANNO DI GOVERNO: GIUSTIZIA

 

I PROVVEDIMENTI

In materia di giustizia il primo anno del governo Berlusconi uscito dalle elezioni del 2008 non si è caratterizzato per particolare attivismo. Al di là delle dichiarazioni, i provvedimenti varati sono di portata abbastanza ridotta. Spicca ovviamente lÂ’approvazione a tamburo battente – il Ddl varato dal Consiglio dei ministri il 27 giugno 2008 viene definitivamente approvato il 23 luglio – del cosiddetto lodo Alfano, che sospende i procedimenti penali contro le alte cariche dello Stato e soprattutto nei confronti del premier. Per il resto, lÂ’attività si è concentrata sulla sicurezza, in un settore di prevalente competenza del ministro dellÂ’Interno, con il varo in aprile della legge n. 38/2009, che contiene svariate disposizioni destinate a rafforzare la repressione penale in questo settore.
In Parlamento sono però in esame diversi provvedimenti. In campo penale va segnalato quello inteso a evitare la divulgazione abusiva di intercettazioni che, a detta dei critici, renderebbe troppo difficile per il magistrato poterle disporre, con ricadute negative per l’efficacia delle indagini. Del resto, il governo non ha fatto mistero di voler limitare la libertà d’azione di cui oggi dispone il pubblico ministero, anche riducendone l’influenza sulla polizia giudiziaria.
Forse più impegnative sono le misure in discussione in campo civile. È in dirittura d’arrivo un provvedimento destinato, nelle intenzioni del governo, a ridurre i tempi della giustizia civile. Un risultato che sarebbe ottenuto con snellimenti procedurali, semplificazioni dei riti e soprattutto l’introduzione di un filtro per i ricorsi in Cassazione: il loro numero enorme è infatti una delle cause dei tempi lunghi della nostra giustizia. Dopo polemiche e decisioni contraddittorie, in Parlamento sembra essere emerso un consenso che dovrebbe concretizzarsi nei prossimi giorni.
Nonostante le aspettative e gli annunci, poco questo governo ha fatto, almeno finora, in tema di ordinamento giudiziario. Vi è stato solo, la scorsa estate, un provvedimento che ha introdotto incentivi economici per i magistrati disponibili a trasferirsi negli uffici giudiziari meno graditi. Nulla invece in tema di separazione delle carriere, nonostante il premier avesse preannunziato la trasformazione dei nostri pubblici ministeri in “avvocati dell’accusa”. Nulla neanche in tema di riforma della composizione e del ruolo del Csm, nonostante le critiche spesso aspre che l’attuale maggioranza ha espresso nei confronti di quest’organo.

GLI EFFETTI

La portata limitata di quanto fatto finora rende molto difficile valutare gli effetti delle politiche giudiziarie del governo Berlusconi. Dei provvedimenti approvati di recente o ancora in gestazione poco si può dire, almeno dal punto di vista delle conseguenze concrete: il discorso sull’immagine è, invece, un po’ diverso. L’unico provvedimento veramente efficace è stato il lodo Alfano che ha congelato i procedimenti penali contro il presidente del Consiglio, liberandolo dalle preoccupazioni che avevano “guastato” buona parte della sua precedente esperienza di governo. La patata bollente è stata ora scaricata sulla Corte costituzionale, chiamata a decidere della costituzionalità del lodo. È comunque probabile che anche in caso di giudizio sfavorevole, la forte maggioranza parlamentare permetterà al governo di escogitare qualche altro strumento per bloccare o ostacolare i procedimenti contro il premier.
Quanto all’altro provvedimento che il tempo permette di valutare – le misure per colmare i vuoti di organico nelle sedi disagiate – non sembra aver prodotto gli effetti sperati, dato che di recente il governo ha presentato in Parlamento norme per rendere più facili i trasferimenti d’ufficio verso quelle sedi.

LE OCCASIONI MANCATE

Nella sostanza il governo ha seguito una linea relativamente prudente: non ha affrontato il tema della riforma dell’ordinamento giudiziario (dopo la tanto contestata riforma varata, e poi corretta, nelle legislature precedenti) e una volta portato a casa il lodo Alfano, ha lasciato che gli altri provvedimenti seguissero lentamente il corso parlamentare. Quindi, a eccezione del lodo, ha rinunciato alla politica dei “cento giorni”, ad approfittare della netta vittoria elettorale per far passare le misure più controverse (o più incisive).
In realtà, il governo – e lo stesso ministro della Giustizia – sembra in questa fase aver investito soprattutto sul tema “sicurezza” e, in pratica, sull’inasprimento della repressione penale, come dimostra anche l’ulteriore provvedimento sulla “sicurezza pubblica” in corso di approvazione. È probabile che si tratti di un investimento redditizio in termini di consenso, almeno per un po’. A questo si è accompagnato un diverso stile ministeriale. Contrariamente al suo predecessore nei governi Berlusconi – Roberto Castelli – il ministro Alfano tende a non alimentare polemiche con la magistratura, a smorzarle quando emergono e a evitare comunque forti contrapposizioni. Bisognerà vedere se questa tattica più elastica di quelle sperimentate nel passato, gli permetterà di realizzare quello che appare il suo programma di fondo: un ridimensionamento, moderato ma non insignificante, dei poteri della nostra magistratura.

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