Le associazioni di categoria hanno reagito con severità nei confronti dei soggetti coinvolti nelle recenti vicende giudiziarie. Tuttavia, nessuno si è chiesto cosa fare prima, per evitare che si ripetano i fenomeni patologici. Invece, una associazione che sappia definire in anticipo rigorosi standard di comportamento con idonee procedure di monitoraggio e di sanzione, non diverrebbe certo immune dalle illegalità, ma sarebbe in grado di ricostituire quel capitale di fiducia del quale le nostre relazioni economiche hanno oggi straordinario bisogno.
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Sicurezza dei cittadini, efficacia della giustizia, umanità della vita nelle carceri sono temi affrontati con atteggiamenti emotivi, senza un approccio scientifico. Tanto che in due anni sono state approvate due norme di segno opposto, una volta a vuotare automaticamente gli istituti penitenziari, l’altra a una espiazione solo carceraria della condanna. Si continua comunque a ignorare la necessità di accompagnare i provvedimenti con investimenti: per le strutture di sostegno e controllo agli ex carcerati in un caso, per l’edilizia penitenziaria nell’altro.
Anche se le deficienze della giustizia italiana hanno molti padri, la qualità dei giudici è un fattore fondamentale. La legislatura si è chiusa con il varo di un’ambiziosa riforma dell’ordinamento giudiziario. Che impatto avrà? Se la Cdl verrà riconfermata, assisteremo probabilmente al tentativo, alquanto arduo, di mettere in pratica la riforma Castelli. Quanto all’Unione, il suo programma sottolinea ripetutamente la necessità di intervenire sull’organizzazione della giustizia per ridurre i tempi dei processi. Ma resta a un livello molto generale.
L’analisi empirica rivela che nelle cause di licenziamento relative all’articolo 18, la maggioranza delle decisioni prescindono dalla conoscenza delle situazione di fatto. Subordinare il licenziamento a un’autorizzazione amministrativa ovvero al placet del consiglio di fabbrica, come avviene in alcuni paesi europei, permetterebbe di rendere l’azione del tribunale più mirata sui contenuti e più efficace. E si creerebbe uno spazio importante per le trattative tra le parti, senza asimmetrie informative e atteggiamenti opportunistici.
Il successo economico delle imprese multinazionali ha accentuato il ruolo degli studi transnazionali. Il mercato italiano dei servizi legali per le aziende subisce una forte colonizzazione da parte dei paesi anglosassoni. Anche se uffici di media dimensione sarebbero i migliori interlocutori delle piccole-medie imprese. Dannose sia le proposte di liberalizzazione estrema di Confindustria, sia il protezionismo del Consiglio nazionale forense. Rallentano il processo di modernizzazione dell’avvocatura e con esso l’evoluzione del diritto d’impresa.
La legge Rognoni-La Torre ha permesso di sottrarre alla criminalità organizzata in via temporanea o definitiva oltre 3,6 miliardi di euro di sequestri e quasi 700 milioni di euro di confische. Molte di queste risorse sono state utilizzate per attività sociali e reimmisse nell’economia legale. Ora si pensa però di rifomare la legge. A destare preoccupazione è in particolare l’affidamento dellamministrazione dei beni in sequestro o confisca all’Agenzia del Demanio e la possibilità di revisione della decisione definitiva di confisca nel procedimento di prevenzione.
Dopo uno scandalo come Parmalat, è difficile presentarsi sui mercati finanziari internazionali senza una seria disciplina penale del falso in bilancio. E dunque bene ha fatto il Parlamento a rivedere il blando regime introdotto nel 2002. Ora però l’emendamento al testo di legge sul risparmio azzera la novità, salvo un inasprimento di pena nel caso di grave danno ai risparmiatori. Una scelta criticabile perché lancia il messaggio che la repressione delle frodi contabili non è una priorità in Italia. E perché accresce il costo del capitale per tutte le imprese italiane.
In Italia la corruzione “percepita” è al livello dei paesi emergenti, con costi enormi per la nostra economia. Il problema non è disgiunto da quello della supervisione bancaria. I due schieramenti politici dovrebbero porre la lotta alla corruzione come tema prioritario della campagna elettorale, insieme alla questione morale e alla governance della Banca d’Italia. Non solo per motivi etici. Ma perché la corruzione diffusa è un ostacolo allo sviluppo e una determinante della sempre più bassa competitività del nostro paese.
La nuova disciplina del fallimento amplia gli spazi per gli accordi tra le parti nella ricerca di soluzioni della crisi d’impresa, anche prima della dichiarazione di fallimento. Le decisioni sulla gestione delle crisi sono attribuite ai creditori. Le procedure divengono più semplici e rapide. Il nuovo sistema non è perfetto, ma introduce novità positive. Ora si tratta di iniziare ad applicare le nuove norme. E sarebbe opportuno istituire un sistema di monitoraggio dell’efficienza delle procedure concorsuali, anche mentre sono in corso.
Il sistema finanziario e industriale italiano è al centro di un importante sforzo riformatore, attraverso la riforma del diritto fallimentare, del risparmio, e del Codice Preda. Dalla crisi asiatica degli anni Novanta possono venire interessanti insegnamenti. Intanto che si tratta di questioni interdipendenti. Poi che la legislazione fallimentare deve riservare ai creditori poteri direttivi nella procedura. Mentre va limitato l’interventismo delle autorità governative nelle crisi d’impresa. Ma il punto decisivo è la governance bancaria.