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L’articolo 18 in tribunale

L’analisi empirica rivela che nelle cause di licenziamento relative all’articolo 18, la maggioranza delle decisioni prescindono dalla conoscenza delle situazione di fatto. Subordinare il licenziamento a un’autorizzazione amministrativa ovvero al placet del consiglio di fabbrica, come avviene in alcuni paesi europei, permetterebbe di rendere l’azione del tribunale più mirata sui contenuti e più efficace. E si creerebbe uno spazio importante per le trattative tra le parti, senza asimmetrie informative e atteggiamenti opportunistici.

Avvocati globalizzati

Il successo economico delle imprese multinazionali ha accentuato il ruolo degli studi transnazionali. Il mercato italiano dei servizi legali per le aziende subisce una forte colonizzazione da parte dei paesi anglosassoni. Anche se uffici di media dimensione sarebbero i migliori interlocutori delle piccole-medie imprese. Dannose sia le proposte di liberalizzazione estrema di Confindustria, sia il protezionismo del Consiglio nazionale forense. Rallentano il processo di modernizzazione dell’avvocatura e con esso l’evoluzione del diritto d’impresa.

Che fine faranno confische e sequestri

La legge Rognoni-La Torre ha permesso di sottrarre alla criminalità organizzata in via temporanea o definitiva oltre 3,6 miliardi di euro di sequestri e quasi 700 milioni di euro di confische. Molte di queste risorse sono state utilizzate per attività sociali e reimmisse nell’economia legale. Ora si pensa però di rifomare la legge. A destare preoccupazione è in particolare l’affidamento dellÂ’amministrazione dei beni in sequestro o confisca all’Agenzia del Demanio e la possibilità di revisione della decisione definitiva di confisca nel procedimento di prevenzione.

Per il falso in bilancio il tempo si è fermato al 2002

Dopo uno scandalo come Parmalat, è difficile presentarsi sui mercati finanziari internazionali senza una seria disciplina penale del falso in bilancio. E dunque bene ha fatto il Parlamento a rivedere il blando regime introdotto nel 2002. Ora però l’emendamento al testo di legge sul risparmio azzera la novità, salvo un inasprimento di pena nel caso di grave danno ai risparmiatori. Una scelta criticabile perché lancia il messaggio che la repressione delle frodi contabili non è una priorità in Italia. E perché accresce il costo del capitale per tutte le imprese italiane.

Quanto costa la corruzione

In Italia la corruzione “percepita” è al livello dei paesi emergenti, con costi enormi per la nostra economia. Il problema non è disgiunto da quello della supervisione bancaria. I due schieramenti politici dovrebbero porre la lotta alla corruzione come tema prioritario della campagna elettorale, insieme alla questione morale e alla governance della Banca d’Italia. Non solo per motivi etici. Ma perché la corruzione diffusa è un ostacolo allo sviluppo e una determinante della sempre più bassa competitività del nostro paese.

Fallimento: una legge sulla strada giusta

La nuova disciplina del fallimento amplia gli spazi per gli accordi tra le parti nella ricerca di soluzioni della crisi d’impresa, anche prima della dichiarazione di fallimento. Le decisioni sulla gestione delle crisi sono attribuite ai creditori. Le procedure divengono più semplici e rapide. Il nuovo sistema non è perfetto, ma introduce novità positive. Ora si tratta di iniziare ad applicare le nuove norme. E sarebbe opportuno istituire un sistema di monitoraggio dell’efficienza delle procedure concorsuali, anche mentre sono in corso.

Lezioni dall’Asia

Il sistema finanziario e industriale italiano è al centro di un importante sforzo riformatore, attraverso la riforma del diritto fallimentare, del risparmio, e del Codice Preda. Dalla crisi asiatica degli anni Novanta possono venire interessanti insegnamenti. Intanto che si tratta di questioni interdipendenti. Poi che la legislazione fallimentare deve riservare ai creditori poteri direttivi nella procedura. Mentre va limitato l’interventismo delle autorità governative nelle crisi d’impresa. Ma il punto decisivo è la governance bancaria.

I rischi del salvataggio a tutti i costi

La nuova normativa fallimentare solleva due questioni rilevanti. Il testo approvato sembra indicare che il mantenimento del complesso aziendale è sempre preferibile, anche quando da una sua liquidazione si ricaverebbe di più. Non si rispetta così un elementare principio di efficienza economica. E si protrae artificiosamente la vita di imprese che non sono in grado di remunerare a condizioni di mercato il capitale impiegato. Quanto al comitato dei creditori, finirà probabilmente per esercitare un ruolo solo nei dissesti di maggiori proporzioni.

La paga dell’avvocato

La stretta regolamentazione di ordini professionali e tariffe non tutela i cittadini. Nel caso degli avvocati, la parcella è strettamente legata al numero di attività svolte e alla lunghezza della causa. Un incentivo distorto che ha decretato il fallimento di ogni tentativo di riforma del processo civile che ne prevedesse lo snellimento. Con un onorario in forma fissa, invece, la semplificazione diventerebbe conveniente anche per gli avvocati. In Germania, per esempio, il compenso forfetario ha ridotto i tempi dei processi, pur conservandone tutte le garanzie.

La giustizia lenta e le dilazioni di pagamento

L’evidenza empirica suggerisce che l’incidenza del debito commerciale sull’indebitamento complessivo delle imprese è più elevata dove la congestione degli uffici giudiziari è maggiore e i procedimenti civili più lunghi. Ma determinante è il grado di affidabilità creditizia dei debitori. Per le imprese mediamente rischiose, il funzionamento della giustizia civile influisce in misura significativa sul comportamento dei finanziatori, perché contribuisce a determinare la quota di credito effettivamente recuperabile in caso di insolvenza.

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