La riduzione del carico fiscale e la lotta all’evasione possono contribuire a diminuire l’attrattività del settore informale e, di conseguenza, l’afflusso di immigrati irregolari. Politiche protezionistiche potrebbero invece avere l’effetto opposto.
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Fermarsi alla polemica sui singoli sbarchi non è la prospettiva migliore per affrontare il tema dell’immigrazione. Governare il fenomeno richiede nuove politiche in Italia e nella UE. E una ridefinizione delle basi economiche del rapporto Europa-Africa.
Per governare i flussi migratori dai paesi africani è necessario comprendere le cause che li determinano. A partire da una popolazione in crescita e da processi di sviluppo lunghi e complessi. E senza dimenticare le responsabilità dei paesi occidentali.
L’inadeguatezza del modello Cara non significa che sia giusto spostare i rifugiati come pacchi verso destinazioni sconosciute e lontane. Perché comunque possono essere attuate forme di integrazione nella società locale, come a Castelnuovo di Porto.
Se si chiude una rotta migratoria verso l’Europa, subito se ne apre un’altra. Per questo nessun paese può pensare di contrastare da solo l’immigrazione irregolare. Serve una politica multilaterale di apertura di vie legali di accesso e corridoi umanitari.
I paesi del gruppo Visegrád si sono opposti con forza all’ingresso di richiedenti asilo. Ora però devono ovviare alle carenze del mercato del lavoro. E poiché l’inverno demografico coinvolgerà tutta l’Europa, forse converrebbe cercare strategie comuni.
Quarantanove profughi non sono un pericolo per la sicurezza di nessun paese. Eppure, ci sono volute quasi tre settimane per farli sbarcare dalla Sea Watch. Solo la società civile, e in particolare le istituzioni religiose, riempiono il vuoto di diritti.
Il rapporto 2018 di Amnesty International è una condanna delle politiche sull’immigrazione del governo Conte. L’elenco delle accuse è lungo: dal caso della Diciotti ai rapporti con la Libia, dal decreto sicurezza alle posizioni prese in ambito europeo.
Un emendamento al decreto fiscale vorrebbe introdurre un prelievo dell’1,5 per cento sui trasferimenti verso i paesi extra-Ue. Per gli immigrati si tratterebbe di una nuova tassa, da sommare a quelle in vigore su permessi di soggiorno e naturalizzazioni.