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Categoria: Infrastrutture e trasporti Pagina 44 di 58

INSOLVENZA ALITALIANA

Non c’è più un’alternativa tra rilancio e fallimento: l’Alitalia ha già imboccato la strada della procedura di insolvenza, che si concluderà con la vendita degli asset e il licenziamento dei lavoratori. Ma il fallimento avviene con una procedura particolare. Che dà alla cordata costituita da Intesa San Paolo uno straordinario potere contrattuale, frutto della ricerca a qualsiasi prezzo dell’italianità. Mentre tutti i costi dell’operazione ricadono sui contribuenti, si regala così un’altra fetta del mercato nazionale, con ampi vantaggi oligopolistici, ai soliti noti.

I DEPOSITI NON VOLANO

Il decreto legge prevede che i piccoli azionisti e obbligazionisti di Alitalia vengano rimborsati con le risorse del fondo dei depositi dormienti. Le modalità operative sono, però, incerte. Come trovare un criterio discriminante per modulare la protezione soltanto in base alla dimensione? E poi azionisti e obbligazionisti non sono in alcun modo soggetti assimilabili. In ogni caso, si corre il rischio di ingenerare una guerra tra poveri con tutti gli altri risparmiatori ai quali quelle risorse erano state originariamente destinate.

Alitalia: chi ha perso la scommessa

Presentato come una scommessa vinta per il paese, il Piano Fenice sembra invece un vistoso passo indietro rispetto alla proposta Air France-Klm, fatta naufragare in marzo. La nuova Alitalia sarà un vettore incentrato sul mercato italiano, con un sostanziale monopolio sulla rotta Milano-Roma per la fusione delle attività con Airone. In più, l’intera operazione è caratterizzata da un bassissimo grado di trasparenza. Ma a suscitare preoccupazione è soprattutto il modo in cui i media hanno affrontato la questione.

UN DECOLLO CHE SFIDA LE LEGGI

Il mercato ha le sue leggi, una delle quali dice che un’impresa che spende più di quello che incassa prima o poi ne esce per liquidazione volontaria o per fallimento. Il mercato aveva già decretato la morte di Alitalia, in perdita da anni, in marzo. I sindacati hanno confidato nell’aiuto della politica e hanno avuto ragione, perché governo e il Parlamento hanno dato alla compagnia altro denaro da bruciare. Si è trattato, però, di una vittoria di Pirro. Dopo soli quattro mesi, i soldi sono finiti e siamo giunti al capolinea. Ora quali scenari si aprono con il decreto Alitalia?

Altri chiarimenti su Alitalia

In primo luogo il cosiddetto salvataggio di Alitalia è in realtà la sua chiusura. Dal punto di vista “tecnico” questa è forse la cosa meno rilevante, ma dà fastidio che si metta in liquidazione un’impresa e si dica che la si è salvata.

DIAMO UNA REGOLAZIONE ALL’ACQUA

Il settore idrico è il prototipo del monopolio naturale. La componente infrastrutturale domina su quella operativa e quasi tutti i costi sono irrecuperabili per lunghissimo tempo. Tuttavia, il mercato può dare un contributo che sarà tanto migliore quanto più efficace e coerente sarà il sistema di regolazione. Non basta dunque affidarsi a gare e contratti, è necessario prevedere anche strumenti che siano in grado di disciplinare e rendere trasparente la rinegoziazione arbitrandola super-partes, riducendo sia il rischio di cattura del regolatore sia quello di connivenza.

DELL’ARABA FENICE E DI ALTRI OGGETTI IMMAGINARI

I contorni del nuovo piano Alitalia non sono ancora del tutto chiari, ma i profili di fondo suscitano più di un interrogativo. I partecipanti alla cordata chiedono al governo una sorta di deroga antitrust per riprendere il controllo del mercato italiano. Ma dov’è il rilevante interesse generale dell’economia nazionale che dovrebbe giustificarla? Molto più evidente è l’interesse privato dei nuovi acquirenti. E cosa sarà dei debiti della compagnia accollati alla bad company? Si prospetta l’ennesima socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti (sperati).

Alitalia, notizie e domande di ferragosto

Alla vigilia della pausa ferragostana, la vicenda Alitalia è ancora lontana dall’essere risolta. Il Presidente Berlusconi parla ora dell’autunno come periodo in cui si risolverà, mentre in campagna elettorale diceva che sarebbero bastate poche settimane.

LA REPLICA DEGLI AUTORI A CASTELLUCCI

Concordiamo ovviamente che i contratti debbano essere rispettati. Il punto però è che la nuova convenzione è fortemente peggiorativa, per gli utenti, rispetto a quella firmata nel 1997. Quella prevedeva che le tariffe fossero ridotte annualmente per un importo (parametro X), da ragguagliarsi all’incremento della produttività. Nel settore, la produttività aumenta principalmente per l’incremento del traffico, e la Convezione del 1997 prevedeva infatti che il parametro X potesse salire sino ad un valore pari all’incremento del traffico nel quinquennio precedente. Questa facoltà non è stata utilizzata dall’ANAS in occasione del primo rinnovo quinquennale. Da qui il “riallineamento della redditività al periodo regolatorio precedente”, pur previsto dal contratto iniziale, partiva già con un grave e indebito squilibrio.
La legge successiva dava unÂ’interpretazione diversa (e tale da tutelare gli utenti) del price cap, non ne modificava il contenuto di tutela da rendite e di incentivazione, proprio di quello strumento.
 Il prezzo pagato per la Autostrade fu “basso” proprio perché la convenzione non assicurava tariffe “certe” per i successivi 40 anni ma prevedeva la possibilità di “girare” a favore degli utenti i benefici dell’incremento del traffico e della produttività, proprio grazie a quel parametro X che è ora stato “gratuitamente” reso del tutto disgiunto dalla redditività del concessionario.
Infine, il parere dell’Antitrust e di due NARS (facenti capo a maggioranze diverse), concordano nella sostanza, al di là di dettagli: l’applicazione della convenzione iniziale e soprattutto la nuova convenzione non tutelano sufficientemente gli utenti da rendite, obiettivo precipuo del dispositivo di price-cap.

UNA CASA POPOLARE, MA NON PER TUTTI

Le misure previste dal governo rafforzano e indeboliscono al tempo stesso l’edilizia pubblica. La scelta di vendere le case popolari agli assegnatari è solo apparentemente una soluzione per le difficoltà, anche finanziarie, degli Iacp. In realtà, la liquidazione del patrimonio e la convivenza forzata di proprietari e di inquilini che appartengono invece a fasce sociali problematiche finiranno per creare le premesse per l’ingovernabilità del sistema. Soprattutto nelle grandi realtà urbane, dove più acuti sono i problemi e maggiori i bisogni.

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