In aprile la Corte suprema di Nuova Delhi ha respinto il ricorso di Novartis in merito al brevetto del farmaco anti-tumorale Glivec. È una sentenza storica che per la prima volta intacca il potere di Big Pharma. Ma la questione della tutela dei brevetti farmaceutici non è di semplice soluzione.
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Il credito alle piccole e medie imprese è la chiave di volta per la ripresa. Nel Regno Unito hanno provato a favorirlo con un programma che punta a ridurre il tasso di interesse. Ma proprio qui sta la ragione dello scarso successo che finora ha incontrato. Una lezione valida anche per l’Italia.
Le conseguenze economiche della signora Thatcher: più rapida crescita, maggiore sensibilità delle variabili sociali alle fluttuazioni economiche e più rapida crescita della disuguaglianza. Difficile capire quanto i risultati siano dovuti alle politiche pro-market attuate dalla Lady di Ferro.
La Banca centrale del Giappone ha annunciato un radicale cambio di regime nella propria condotta. Non è una semplice manovra di politica espansiva, è il tentativo di uscire dalla trappola deflazionistica. Sul suo successo non mancano i dubbi. Come risponderanno la Fed e la Banca centrale europea?
La vicenda dei marò si è ingarbugliata negli ultimi giorni. L’Italia ha ottime ragioni nel sostenere la sua giurisdizione sull’incidente. Così come non può essere limitata la libertà del nostro ambasciatore. Ma quali sono le ragioni della decisione del Governo di non rispettare l’impegno preso?
Nei paesi dove hanno dato risultati positivi in termini di crescita, le politiche di bilancio restrittive sono state accompagnate da una politica monetaria accomodante. Una strada preclusa all’Italia da quando è entrata nell’euro. Il nostro paese avrebbe dovuto seguire un’altra direzione.
Si chiama “diplomazia per la crescita”. È il tentativo di trasformare l’immagine del mondo dei diplomatici dalle tradizionali feluche ai panni dei manager dotati delle tecnologie più aggiornate. Per affrontare la complessità della globalizzazione. Dopo il salvataggio dell’Ice, rimane ancora molto da fare.
A quasi due anni dall’esplosione delle primavere arabe, solo l’Egitto, la Libia e soprattutto la Tunisia hanno realizzato significativi progressi in termini di libertà politiche e civili. Miglioramenti più marginali si sono avuti in Giordania e Marocco. Tutti gli altri paesi del Golfo, eccetto Oman e Kuwait, hanno visto ridursi le libertà. I regimi monarchici sono più stabili delle repubbliche e negli Stati ricchi di materie prime non agricole l’evoluzione democratica è quasi nulla. Scarso rispetto dei diritti politici e civili nelle democrazie uscite da guerre civili cruente.
Siamo all’elezione del quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti. Ma un altro risultato elettorale sembra già definito. Stando ai sondaggi, ci sarà un sostanziale pareggio tra Repubblicani e Democratici, con i primi che manterranno il controllo della Camera e i secondi quello del Senato. Ma ciò determinerà uno stallo nelle decisioni su questioni fondamentali. E in particolare impedirà di arrivare a un nuovo patto sociale che produca una politica di bilancio sostenibile.