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IN RICORDO DI MARIA WEBER

Maria Weber, appassionata studiosa dell’economia cinese e nostra collaboratrice, è scomparsa pochi giorni fa. La sua grande vittoria professionale e umana è stata forse proprio quella di andarsene quando la Cina, nella crisi economica di oggi, afferma il suo ruolo di grande creditore del mondo. Nel giorno in cui Wen Jiabao può permettersi di manifestare qualche dubbio sulla solvibilità degli Usa. Nata nel 1951, Maria Weber si era laureata in Scienze politiche e sociali a Firenze, era professore associato di Scienza della politica all’Università Bocconi, research leader dell’ISESAO (Istituto di studi economico-sociali per l’Asia Orientale), responsabile delle ricerche sull’Asia all’ISPI. Ha diretto l’Istituto Italiano di Cultura a Pechino.

PERCHE’ EUROPA E AMERICA AFFRONTANO LA CRISI DIVISE

Al di là delle affermazioni di facciata su una risposta congiunta o almeno coordinata alla crisi, Europa e America si presenteranno divise al G20. Per due solide ragioni: perché non ci sono gli Stati Uniti d’Europa e perché l’Europa è entrata nella crisi con molto più stato sociale rispetto agli Usa. E la generosità del welfare attenua automaticamente l’impatto della crisi nel Vecchio Continente perché riduce l’impatto sociale della riduzione del Pil.

IL TIMONE AL G20*

Il G20 sostituisce il G7 nella guida dell’economia mondiale. Certo non si poteva costruire una riforma del sistema economico globale, della Banca mondiale o del Fondo monetario nella ristretta cerchia dei sette grandi. Ma anche il G20 ha i suoi problemi. Prima di tutto pratici per il numero di paesi che lo compongono. Poi di legittimità: chi li ha delegati a rappresentare le altre 190 nazioni del mondo? Ma anche di metodo di lavoro, con quattro gruppi che andrebbero riunificati per arrivare a un accordo generale. Sono tutte questioni risolvibili. A patto che vengano affrontate.

QUANDO IL PROTEZIONISMO E’ LEGITTIMO

A parole, i leader mondiali sono contro il protezionismo, memori dei danni che ha causato all’epoca della grande depressione. Tanto che dal secondo dopoguerra una serie di accordi internazionali pone precisi vincoli alla libertà dell’esercizio della politica commerciale degli Stati. Esistono però numerosi strumenti legittimi di protezione. Delle contraddizioni tra interessi nazionali e internazionalizzazione si parlerà a Trento nell’ambito del quarto Festival dell’Economia in programma dal 29 maggio al 1° giugno dedicato al tema “Identità e crisi globale”.

CASA BIANCA, CASA DI VETRO

Appena insediato, Obama ha annunciato il suo impegno per un governo trasparente e partecipativo. E certo la trasparenza è indispensabile per migliorare i servizi pubblici e ridurre i rischi. A patto però che i cittadini possano utilizzare davvero l’informazione ricevuta. Che dunque va proposta in maniera chiara e semplificata e in modalità che coincidano con i tempi e i luoghi in cui vengono prese le decisioni. Deve essere standardizzata e comparabile, perché gli utenti abbiano la possibilità di scegliere e premiare coloro che offrono prodotti e servizi migliori.

PROVACI ANCORA, ZIO SAM

Il Financial Stability Plan della nuova amministrazione americana avrà un effetto leva da duemila miliardi di dollari. Cinque le linee di intervento: capitale bancario, creazione di un fondo di investimento con capitali pubblici e privati, sostegno per nuovi prestiti a consumatori e imprese, misure per evitare il pignoramento della casa ai mutuatari insolventi. Ma è soprattutto su trasparenza e responsabilità delle istituzioni creditizie che si distacca dal piano Paulson, imponendo regole dettagliate per l’utilizzo del denaro pubblico.

QUANDO GLI ECONOMISTI SBAGLIANO*

La crisi impone alla disciplina economica una riflessione. In primo luogo, sugli errori intellettuali che hanno impedito agli economisti di individuarne per tempo le cause. Ma agli economisti si chiede anche di indicare i rischi delle politiche anticrisi di molti paesi. Come i riflessi che potrebbero avere su riallocazione e innovazione e dunque sulla crescita di lungo periodo. I piani di sostegno alle economie sono probabilmente il modo migliore per combattere il pericolo dell’affermarsi di reazioni populiste e anti-mercato. A patto però che siano ben congegnati.

TREMONTI, IL CONSERVATORE

La recessione colpisce l’America e l’Europa, ma non risparmia né l’America Latina né l’Asia, dove anche la Cina sta raggiungendo la crescita zero. Non stupisce perciò che i governi abbiano predisposto sostanziose misure a sostegno dei consumatori e delle imprese. Tutti, ma non l’Italia. A causa dell’elevato debito pubblico, recita la giustificazione ufficiale. Ma se guardiamo alla relazione tra entità della manovra e peso del debito pubblico, vediamo che anche in Italia il piano di aiuti avrebbe potuto essere quattro volte il pacchetto predisposto dal ministro dell’Economia.

I PROBLEMI ECONOMICI DI BARACK

Il deficit degli Stati Uniti non consente di andare oltre le somme già stanziate dal piano Tarp e da quelle che la nuova amministrazione pensa di mettere in campo nel biennio 2009-2010? Intanto bisogna dire che la contabilità pubblica Usa è più prudente di quella europea. E in ogni caso non sarebbero sufficienti a rivitalizzare il sistema bancario e finanziario. Sono i problemi che il neo-presidente deve affrontare subito.

I costi economici del terrorismo

Negli ultimi anni il terrorismo internazionale ha cambiato luoghi e motivazioni. Mira a colpire l’Occidente, ma gli attacchi dei fondamentalisti avvengono principalmente nei paesi in via di sviluppo con il risultato di peggiorare le condizioni economiche proprio di queste regioni. Una maggiore cooperazione internazionale è necessaria, ma non basta. Occorre adottare misure economiche che stimolino occupazione, formazione e inserimento economico-sociale degli individui suscettibili di essere arruolati nelle attività terroristiche, come i disoccupati e i giovani non qualificati, privi di prospettive economiche.

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