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Se Parmalat dà il buon esempio

Anche se il prezzo è stato altissimo, la lezione di Parmalat sembra essere servita a far progredire il diritto della crisi d’impresa, che fino a pochi mesi fa si basava su concetti antiquati, e oggi può invece avvalersi di regole innovative. Hanno permesso al gruppo di Collecchio di presentare un piano che prevede la vendita del gruppo ai suoi creditori e la quotazione in Borsa della nuova società. Non è un caso facilmente ripetibile, ma è senz’altro il punto da cui muovere per la riscrittura di una legge fallimentare generale.

Sulla questione della rappresentanza sindacale

Sul tema della rappresentanza sindacale riproponiamo per i nostri lettori anche alcuni inteventi già apparsi sul tema. Savino Pezzotta mostra come i dissensi di principio tra Cisl e Cgil su questa materia siano ancora assai rilevanti,
ma la volontà di giungere a una soluzione in tempi brevi non faccia difetto. Pietro Ichino individua il nodo essenziale del dissenso tra le Confederazioni maggiori e propone una soluzione capace di scioglierlo, suscettibile di essere messa in pratica in via sperimentale senza necessità di un intervento legislativo, anche mediante accordi sindacali aziendali, di settore o interconfederali.

La via dell’arbitrato leggero

Francesco Stolfa

Arbitrato e arbitraggio sono forme di composizione dei conflitti collettivi da tempo accolte in contesti sociali e giuridici simili al nostro. In Italia non dovrebbero necessariamente essere alternativi allo sciopero, ma potrebbero essere un supporto dell’autotutela collettiva introdotto in via negoziale. Per favorire, insieme ad altri strumenti come lo sciopero virtuale, la soluzione del conflitto con il minor danno possibile per gli interessi generali coinvolti. Riproponiamo anche l’intervento di Pietro Ichino sullo scipoero virtuale

Salario minimo con prudenza

Alessandro Bellavista

L’introduzione di un salario minimo legale può dare risultati positivi, se opportunamente calibrata. Potrebbe per esempio contribuire a segnare il confine tra lavoro sommerso e lavoro regolare. Ma l’orientamento prevalente ammette già che il giudice si possa discostare dal parametro dei minimi fissati dal contratto collettivo per determinare la giusta retribuzione garantita dalla Costituzione. E dunque non è questo a ostacolare lo sviluppo delle imprese del Mezzogiorno. Altre sono le carenze che incidono maggiormente. Pubblichiamo anche la controreplica di Tito Boeri e Roberto Perotti e il loro contributo originario.

Un nuovo presidente per Confindustria

Il 27 maggio i completa la transizione ai vertici di Confindustria. Quale struttura il nuovo Presidente si trova ad ereditare? Riproponiamo per i  nostri lettori gli interventi su Confindustria di Tito Boeri, Lorenzo Bordogna, Il Duca d’Acros e Luca Lanzalaco.

Per chi vale il contratto

L’efficacia generalizzata al contratto collettivo l’hanno attribuita i giudici, facendo prevalere l’articolo 36 della Costituzione. I problemi nascono se uno dei sindacati maggiori non firma l’accordo. Ma anche quando i firmatari sono rappresentativi solo di una parte dei lavoratori, e dunque non c’è alcuna garanzia che siano difesi gli interessi degli altri lavoratori, o degli irregolari, o dei disoccupati. Tra le possibili alternative alla situazione attuale, c’è anche l’idea di abbandonare il contratto erga omnes a favore del minimum wage.

Perché è giusto introdurre un salario minimo in Italia

Il salario minimo deve esclusivamente proteggere le categorie più a rischio di emarginazione e sfruttamento e non rappresentate. I salari di imprese operanti nel medesimo settore, ma in regioni diverse potrebbero così differenziarsi maggiormente in base alle condizioni del mercato del lavoro e ai livelli di produttività, favorendo l’occupazione nelle regioni del Mezzogiorno e l’uscita dal sommerso. Non deve essere usato invece come surrogato di altri strumenti contro la povertà, che nel nostro paese colpisce soprattutto chi un lavoro non ce l’ha.

Due proposte, un obiettivo

Sciopero virtuale e premi per i lavoratori che si impegnano a non interrompere il servizio pubblico in caso di vertenze con l’azienda sono due proposte integrabili. Entrambe fanno salvi tutti i diritti delle controparti negoziali e migliorano in misura rilevante le condizioni del pubblico. Né sembra esserci il rischio di un eccessivo rafforzamento della posizione contrattuale dei lavoratori, tale da portare a retribuzioni esorbitanti che implichino oneri finanziari per la collettività superiori ai benefici della regolarità del servizio.

La lezione di Melfi

Il caso Melfi segnala il fallimento dell’esperienza dei contratti di programma, un tentativo di decentrare la contrattazione salariale con accordi territoriali incentivati da iniezioni di denaro pubblico. Per legare il salario alle condizioni del mercato del lavoro meglio affidarsi a fattori automatici, come l’aggancio delle retribuzioni a indici del costo della vita regionali e ridurre il prelievo fiscale e contributivo sui salari più bassi, in ingresso. Tanto più che presto le Regioni del Sud non avranno più accesso ai fondi strutturali Ue.

Va’ dove ti porta il Tfr

La riforma delle pensioni permetterà di investire il trattamento di fine rapporto nei fondi pensione. Ma questo avrà importanti effetti anche sul mercato del lavoro. Il Tfr non potrà più essere utilizzato come finanziamento a costi inferiori a quelli di mercato e le piccole imprese in particolare perderanno l’incentivo ad allungare la durata del rapporto di lavoro. Così aziende e lavoratori (che dovrebbero considerare tutti i rischi impliciti nelle diverse scelte) potrebbero avere un interesse comune nel non aderire alle possibilità aperte dalla riforma.

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