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Una rete per le piccole imprese

Nasce una rappresentanza della piccola impresa e del lavoro autonomo, R.ete. imprese Italia. Mette assieme le cinque associazioni storiche degli artigiani e dei commercianti e rappresenta nel suo complesso oltre due milioni e mezzo di imprese. Ha davanti alcune sfide, come quella di riuscire a rimanere un soggetto effettivamente autonomo dai partiti senza cedere a tentazioni di neocollateralismo, mentre resta da definire dove si fermerà il processo di aggregazione di altre realtà associative. Ma ancora più importante è il nodo dei rapporti con Confindustria.

Non tutti i bambini vanno in Costa Smeralda

In un fase difficile per le famiglie italiane come questa di alta disoccupazione e grave ristagno economico, tra gli obiettivi più importanti c’’è quello di aumentare il lavoro retribuito delle donne, tra i più bassi d’Â’Europa e senza il quale oggi le famiglie non riescono a far quadrare il bilancio. Abbiamo già commentato come i tagli dellÂ’’organico della scuola abbiano avuto  un impatto negativo sullÂ’’occupazione femminile sia direttamente che indirettamente e sulla crescente difficoltà di rientro al lavoro per le mamme. Il secondo obiettivo cruciale è investire nell’Â’istruzione a tutti i livelli, ma soprattutto nelle prime fasi del ciclo di vita dei bambini, periodo essenziale per gli esiti cognitivi futuri. I recenti rapporti internazionali e i dati Pisa mostrano che i bambini italiani vanno meno bene a scuola che in altri paesi avanzati (siamo al quartultimo posto per i risultati nei test di scienze e matematica PISA 2006, e al sestultimo per quelli di lettura) e che la spesa in istruzione pubblica è del 15-20 per cento più bassa rispetto alla media dei paesi Ocse. La proposta di riorganizzare la calendarizzazione scolastica che ritarda ulteriormente il tempo di scuola rispetto ad altri paesi Europei (per esempio sia in Francia che in Inghilterra lÂ’’anno scolastico inizia nei primi due giorni di settembre e finisce a luglio) mette in maggiori difficoltà le famiglie. Quanto meno vogliamo spendere per l’Â’istruzione dei nostri figli? Chi beneficerà dellÂ’’incremento del tempo per gioire delle vacanze estive? Andiamo forse nella direzione di  un progetto di home schooling in cui le mamme staranno a casa ad insegnare ai loro figli? Si tratterebbe di un quadro molto coerente con il progetto di ottocentizzazione del paese che esce dalle pagine del documento congiunto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e del ministero per le Pari opportunità intitolato “Italia 2020”.

Legge sulle intercettazioni: il vero obiettivo

Il disegno di legge sulle intercettazioni mina senz’altro il diritto di cronaca. Ma il vero effetto dirompente del provvedimento è rendere meno efficace lo strumento investigativo più utile nelle inchieste giudiziarie. Non vorremmo quindi che nella discussione di questi giorni la giusta reazione dei media spostasse l’attenzione della discussione dal problema cruciale: le intercettazioni sono uno strumento di indagine e reperimento delle prove essenziale per la magistratura. E’ prima di tutto su queste limitazioni che va condotta una battaglia civile.

Sull’evasione parlano i dati

Con la preparazione della nuova manovra finanziaria torna alla ribalta la discussione sull’evasione fiscale e sui modi per contrastarla. Prima di tutto, però, sarebbe necessario capire che cosa è accaduto in questi ultimi anni. I dati ci dicono che affidare la lotta all’evasione solo a strumenti che agiscono a valle delle dichiarazioni non è sufficiente. Bisogna invece riflettere su forme di contrasto a monte, soprattutto in un sistema economico come il nostro dove agiscono sei milioni di partite Iva.

La risposta ai commenti

Ringraziamo i lettori per i loro commenti, che ci consentono di precisare meglio alcuni punti importanti. Per quanto riguarda il ruolo delle aspettative di bailout nell’influenzare l’efficienza della spesa, l’affermazione si basa sulla stima di un modello econometrico a due stadi: in un primo stadio viene analizzata la relazione statistica fra il finanziamento della sanità regionale da parte del governo centrale e una serie di variabili utilizzate come proxy per le aspettative di bailout, che includono la disponibilità di risorse proprie regionali (es. IRAP dal 1998), il ruolo dei vincoli finanziari europei legati all’adozione della moneta unica (Trattati di Maastricht e Amsterdam) e l’allineamento politico fra governo centrale e governo regionale; in un secondo stadio, si utilizza il finanziamento statale “condizionato” a certe aspettative di bailout (derivato sulla base delle stime del primo stadio) come variabile esplicativa dei livelli di inefficienza, inserendolo in un modello che definisce una “frontiera” efficiente di spesa tenendo anche conto di alcuni fattori ambientali rilevanti, quali la spesa sanitaria privata, la struttura demografica della popolazione, il livello di istruzione e degli “effetti fissi” che catturano l’eterogeneità fra regioni non direttamente osservabile. Sulla base di questo lavoro, quello che troviamo è che le aspettative di bailout si riducono se ci sono vincoli europei credibili e se si attribuiscono risorse proprie alle regioni. L’aumento dei trasferimenti statali e l’allentamento dei vincoli europei (con la crisi del Patto di Stabilità e Crescita) hanno agito in direzione opposta, peggiorando l’efficienza della spesa. Per maggiori dettagli rimandiamo i lettori interessati al nostro lavoro (un po’ tecnico) : Piacenza M. e Turati G. (2010), “Does fiscal discipline towards sub-national governments affect citizensÂ’ well-being? Evidence on health” (disponibile al sito). Per quanto riguarda la “misura” della salute, ribadiamo – come abbiamo già scritto nell’articolo – che i risultati sono robusti a misure alternative come l’aspettativa di vita media alla nascita. Entrambe le misure sono proxy comunemente usate per valutare lo stato di salute di una popolazione (si veda, p.e., B.J. Turnock, 2007, Essentials of public health, Jones and Bartlett Publishers). Infine, sulla questione degli sprechi, è un fatto che gli sprechi ci sono e sono diffusi, non solo nella sanità, ma in generale nella Pubblica Amministrazione. Crediamo ci sia abbondante evidenza aneddotica di come si possa provare a risparmiare risorse senza effetti sulla salute della popolazione: per fare un solo esempio, considerando la spesa farmaceutica, che lo stesso farmaco abbia prezzi radicalmente diversi in regioni diverse è un fatto (e non è un caso che nella manovra per il prossimo anno si pensi ad un prezzo di riferimento per tutte le regioni stabilito da Consip). Queste differenze di prezzo generano risparmi potenziali non sfruttati senza alcun effetto sulla salute dei cittadini. Al di là dell’aneddotica, per avere comunque un quadro più completo dei problemi e dei potenziali risparmi si possono utilmente leggere le relazioni dei giudici contabili e quelle delle Commissioni parlamentari di inchiesta; la relazione della Commissione “Carella” è disponibile sul sito del Senato della Repubblica.

Un condono “ad aziendam”?

Nella lettera inviata al presidente del Consiglio e ai presidenti di Camera e Senato al momento della promulgazione del decreto legge “incentivi” (n. 40/2010)  il presidente Napolitano esprime, fra gli altri, “dubbi in ordine alla sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza” per alcune nuove disposizioni introdotte, con emendamento, nel corso del dibattito parlamentare.
Si riferisce esplicitamente anche al comma 2-bis dell’articolo 3.
Questo comma prevede due modalità di rapida definizione delle controversie tributarie pendenti da oltre dieci anni e per le quali l’amministrazione finanziaria è risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio. Una di queste (lettera b)) prevede che  il contribuente possa estinguere la controversia che lo riguarda, pagando un importo pari al 5 per cento del suo valore (riferito alla sola imposta oggetto di contestazione in primo grado, senza tenere conto  degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni).
Ci ricorda Napolitano che “la finalità dichiarata, in sé apprezzabile, di assicurare la durata ragionevole dei processi è contraddetta dall’assenza di qualsiasi disposizione a regime diretta alla semplificazione ed abbreviazione del contenzioso tributario”.
La norma infatti consiste unicamente in una sanatoria di situazioni in essere, a cui avranno interesse ad aderire solo coloro che hanno ragionevole timore di perdere in Cassazione (pur avendo vinto nei due gradi precedenti).
Perché è stata riproposta, dopo che era stata già fermata una volta al momento della discussione della legge finanziaria? Chi ne avvertiva lÂ’’urgenza? A chi giova?
EÂ’ un dato di fatto che le condizioni richieste per accedere alla sanatoria si attagliano alla perfezione – a un importante contenzioso pendente in Cassazione – che riguarda la Mondadori, dal valore stimato in circa 200 milioni di euro.
Sarà per questo che la norma è stata ribattezzata “lodo Cassazione”?

Perché il Piano Merkel è un errore

Il progetto tedesco di introdurre il pareggio di bilancio quale condizione per l’appartenenza all’euro è sbagliato: non funzionerà e distrae dal vero problema dell’Europa, la crescita. Certo, il Patto di stabilità va rivisto, ma in modo intelligente. Da un debito elevato si esce in un paio di generazioni, non in un paio di anni e occorre ridurre la spesa, non aumentare le tasse. Non tutte le spese poi sono uguali: ridurre quelle legate all’invecchiamento della popolazione ha effetti diversi da un taglio alle infrastrutture. Il ruolo dei comitati indipendenti autorevoli.

La risposta ai commenti

Non mi sognavo lontanamente di aprire un dibattito sulle nostre radici culturali e sull’opportuntità che in Italia bisogna parlare italiano. Da oltre 10 anni il ministero prevede che i valutatori anonimi dei progetti non siano solo italiani, ma anche stranieri. E’ una decisione che comporta che i progetti siano presentati in una lingua straniera, altrimenti la scelta dei valutatori stranieri sarebbe ristretta ai pochi che conoscono l’italiano. Con beneficio dei valutatori dei paesi anglofoni, la lingua selezionata dal ministero è stata l’inglese. Questa decisione è corretta e la condivido. Il ministero però richiede anche la traduzione italiana del progetto. Perchè non lascia liberi i ricercatori di presentare il progetto solo in inglese o, se preferiscono, sia in inglese sia in italiano?

Per quanto riguarda l’osservazione di Andrea Ichino, il decreto del 19 marzo 2010 assegna al fondo PRIN 106 milioni di euro. Nei cinque anni precedenti  (2004-2008) la media dei fondi assegnati era stata di 108 milioni di euro. A questi venivano aggiunti circa 40 milioni di euro da parte delle università come cofinanziamento, che ora vengono invece contabilizzati tra gli stipendi (spese che l’università sostiene comunue).
La nuova regola contabile riduce quindi l’investimento complessivo in ricerca. Va anche ricordato che il fondo si chiama PRIN 2009 (e non 2010) perché il ministero è in forte ritardo sui tempi: il PRIN 2005 fu pubblicato il 23 febbraio del 2005, il PRIN 2009 il 19 marzo 2010. Poichè in 6 anni sono stati pubblicati solo 5 bandi, si è risparmiata un’intera annualità, un taglio del fondo di circa il 16% per cento

DEBITO PIÙ CARO DOPO GLI STOP TEDESCHI

E’ difficile immaginare un intervento più inappropriato e intempestivo di quello dell’autorità di vigilanza tedesca che impone il divieto di vendite allo scoperto. Il risultato finale è che le imprese del settore finanziario pagheranno più caro il loro debito. Stesso ragionamento per i titoli di stato emessi da paesi europei. La speculazione non è la causa della crisi, ma se si vuole attaccarla, meglio farlo senza discrezionalità e in modo trasparente: si tassino le vendite allo scoperto, i Cds nudi o vestiti. Almeno, il costo sarà immediatamente chiaro.

Falsi invalidi e veri problemi*

Della lotta ai falsi invalidi si parla con una determinazione insolita in un Paese come l’Â’Italia che considera la possibilità di ottenere una pensione, il più presto e il più a lungo possibile, alla stregua della prenotazione, nellÂ’’Aldilà, di un posto in Paradiso o almeno in Purgatorio.
Nella presentazione del Rapporto annuale dellÂ’’Inps il presidente-commissario, Antonio Mastrapasqua, ha denunciato che nel 2009, nel settore dell’Â’invalidità civile (pensioni e assegni di accompagnamento), sono stati spesi 16 miliardi, pronti a salire a quota 17 miliardi nell’Â’anno in corso, mentre i beneficiari si avvicinano ormai a 3 milioni di persone. Ecco, allora, la necessità di contrastare gli abusi, le clientele, le frodi e persino le organizzazioni criminali (sono parole contenute nella relazione di Mastrapasqua) che sono presenti ed operanti in un comparto assistenziale in grande espansione. Così, i Governi si sono messi a cifrare, nelle manovre, riduzioni di spesa derivanti dai controlli e dalle verifiche sugli accertamenti. Si dice che la situazione sia parecchio migliorata -– non è difficile crederlo -– da quando i servizi dellÂ’’Inps sono subentrati alle Asl, solitamente di manica più larga nel riconoscere le invalidità e nel liquidare i relativi sussidi (come si vede il federalismo non fa sempre risparmiare). LÂ’’attuale Governo sembra deciso ad insistere in una battaglia di trasparenze e correttezza, tanto da affidare -– con un po’Â’ di esagerazione -– alla lotta ai falsi invalidi un ruolo significativo nellÂ’’ambito della manovra in preparazione. Insomma, si sta creando, in tutti i modi, anche con l’Â’aiuto dei media, un clima di sospetto diffuso e generale intorno all’Â’istituto dell’Â’invalidità civile, nonostante che i risultati delle revisioni siano limitati (sia parla di meno di 20mila assegni revocati nellÂ’’anno).

Il CONTESTO FAMILIARE

Viene naturale, a questo punto, porsi una semplice domanda: se è vero che, soprattutto nelle regioni del sud, in tanti casi gli invalidi civili sono ricorsi a vere e proprie truffe pur di farsi riconoscere la pensione e/o lÂ’’indennità di accompagnamento (la sola prestazione assistenziale sganciata del reddito), che cosa si può dire del loro contesto familiare? In sostanza, se tanti sono gli invalidi che mentono sulle loro condizioni di salute, anche i loro familiari soffriranno del medesimo vizio. Ebbene, proprio nelle stesse ore in cui tutti i quotidiani riproducevano nei titoli le dichiarazioni di guerra del ministro Tremonti contro i falsi invalidi, la Camera (lo scorso 19 maggio) ha approvato all’Â’unanimità una proposta di legge che unifica una dozzina di testi di tutti i gruppi, con la quale si riconosce il diritto di andare in pensione di vecchiaia con 5 anni di anticipo al parente (coniuge, genitore, fratello o sorella, figlio, comunque uno solo) che si è preso cura, in famiglia, di un disabile grave, per almeno 18 anni. Questo per i dipendenti privati e i lavoratori autonomi; per i dipendenti pubblici è previsto un regime di aspettativa retribuita. La proposta (AC 82 e abbinate, relatore Teresio Delfino dell’Â’UdC) è stata in gestazione per 22 mesi; ha subito, strada facendo, dei correttivi importanti, grazie al dibattito in Commissione Lavoro e alla vigilanza della Commissione Bilancio, per quanto riguarda sia i requisiti, sia la platea degli aventi diritto, sia la copertura finanziaria. Una cautela importante è stata quella di farne una misura di carattere sperimentale per un triennio (2010-2012), onde poterne valutare in concreto gli effetti (ammesso che anche il Senato approvi il provvedimento). Che altro dire? Che cosa si può replicare a quanti rappresentano la storia di famiglie che assistono per lungo tempo un handicappato grave? Che al rientro dal lavoro devono anche accudire una persona bisognosa tutti i giorni dell’Â’anno? Certo, si può rispondere che tra le pieghe delle norme si potranno determinare dei veri e propri abusi, magari portando anche degli esempi concreti. Ma alla fine, quando si mette in moto la gara del consenso (si ha a che fare con associazioni di categoria agguerrite e decise), restano soltanto angusti spazi per una debole testimonianza. LÂ’’opposizione è stata in prima linea, ma anche la maggioranza non si è fatta mancare nulla.

 *  vice presidente Commissione Lavoro della Camera

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