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RISERVE DA PROTEGGERE

La Cina è preoccupata per il futuro del dollaro perché le sue riserve sono denominate in quella valuta. E dunque propone di adottare una nuova moneta di riserva internazionale. D’altra parte, gli Stati Uniti devono risolvere il problema di un debito troppo elevato e potrebbero essere tentati di farlo attraverso l’inflazione. Una soluzione che penalizzerebbe le riserve valutarie dei mercati emergenti e creerebbe problemi all’economia mondiale. Meglio allora che l’amministrazione Usa offra ai suoi creditori uno scambio virtuoso.

LEVA DELLE BANCHE: MANEGGIARE CON CAUTELA

A livello internazionale, i regolatori cercano di porre argini ai movimenti pro-ciclici della leva bancaria. Ma la regolazione prudenziale dovrebbe acquisire una dimensione macroeconomica. Le tradizionali regole applicate ai singoli istituti dovrebbero essere affiancate da regolamentazioni anticicliche, capaci di accrescere il grado di auto-assicurazione dell’intero sistema finanziario. E il coordinamento tra politica monetaria e supervisione prudenziale rende opportuna non la loro separazione, ma l’integrazione presso un’unica autorità: la banca centrale.

UNA PRECISAZIONE DI MINIMETRÒ SPA E LA REPLICA DEGLI AUTORI

Confrontare il servizio erogato da Minimetrò e un generico trasporto pubblico locale (Tpl) su gomma, come si fa nell’articolo Nuove metropolitane, vecchi abbagli, appare fortemente improprio. Infatti i due sistemi di trasporto hanno caratteristiche tecniche profondamente diverse.
Minimetrò è un rapidissimo sistema di trasporto di massa, dove non sono i chilometri che esprimono la qualità e l’utilità del servizio quanto – piuttosto – la velocità, l’alta disponibilità del servizio, il comfort di viaggio, la certezza della puntualità offerta. Pertanto il Minimetrò è un vettore di qualità superiore al trasporto su gomma, incluso (cosa non da poco…) l’impatto ambientale zero che garantisce ai polmoni dei Perugini e dei tanti turisti.
Beria e Ramella si sbagliano: Minimetrò Spa non percepisce un classico canone per il servizio reso e per l’investimento effettuato, bensì un corrispettivo annuo per una prestazione monitorata; che, tra l’altro, non è di 10 milioni di euro ma di 9 milioni e 100 mila euro, fatto che determina un corrispettivo “a viaggio” di circa 3 euro e non di 3,30.
A Perugia, dove già vige un regime di comunità tariffaria grazie al biglietto unico per bus, ferrovia e Minimetrò, le azioni messe in campo dall’Amministrazione comunale non possono essere considerate “forzature degli  interscambi” – come erroneamente riportato nel citato articolo –  bensì logiche attività per armonizzare le operatività trasportistiche locali.
Il Piano urbano della mobilità (Pum), dato già per cristallizzato da Beria e Ramella, non deve invece ritenersi concluso, essendo in corso la fase della sua prevista ottimizzazione a 2 anni dall’entrata in esercizio del sistema.

Beria e Ramella scrivono che il Minimetrò e il bus hanno la stessa capacità di trasporto. Falso: data la maggior frequenza di passaggio delle vetture, la capacità del servizio del Minimetrò è nettamente superiore all’autobus. Nell’area urbana di Perugia, la capacità trasportistica di Minimetrò è di circa 8 volte superiore a quella di un bus; ne discende che il corrispettivo per posto-km del Minimetrò, reso “a forza” omogeneo al bus solo ai fini di confronto con i dati pubblicati da Beria e Ramella, sarebbe pari a circa 13 centesimi di euro (€ 9.100.000/validazioni 3.000.000/3Km/8) e non di un 1 euro, come invece riportato.
Anche il paragone fra Perugia e la città di Torino è approssimativo: rispetto alla popolazione di Torino, il numero degli utenti del Minimetrò di Perugia risulta superiore di ben il 20%.
Infine va ricordato che requisiti non secondari di un servizio pubblico sono l’affidabilità del sistema (per Minimetrò: 99,59%) e la soddisfazione dell’utente (per Minimetrò, dalla rilevazioni semestrali dell’Istituto Piepoli: 97%). E che l’indice di efficienza – ex legge 422/97 – è superiore al 35%, sin dal primo esercizio.

Paolo Giovannelli Ufficio stampa Minimetrò Spa

Rispondiamo solo ad alcuni punti, per brevità ed invitiamo la società a rendere disponibile, se esiste, un’analisi costi/benefici dell’opera e le stime dell’utenza in fase di progetto.

1)      Il Minimetrò consente una riduzione dei tempi di trasporto solo per coloro che effettuano spostamenti con origine / destinazione nelle aree limitrofe  alla linea; per gli altri passeggeri, cioè 29 milioni su 30 (fonte: Bilancio AMP 2008 Esercizi, pag. 55), la realizzazione del sistema è indifferente o ha imposto un cambio di mezzo.
2)      Il costo per passeggero trasportato è di gran lunga superiore a quello che si sarebbe registrato con un servizio su gomma che avrebbe consentito di soddisfare la stessa domanda (ovviamente non con un’unica linea, ma sulle varie direttrici in funzione della loro origine). In tutto il mondo i sistemi di massa su rotaia vengono utilizzati in primo luogo per servire capacità incompatibili con gli autobus (almeno 15-20000 viaggi/giorno), dato il loro maggior costo.  Scelte di tipo diverso sono a nostro parere prive di razionalità economica. La cifra di 9 milioni di soldi pubblici all’anno (da confrontarsi con 22 per tutto il resto della rete AMP) per servire, pur con grande qualità, una quota inferiore al 10% della domanda dell’azienda è una cifra che fa quantomeno riflettere.
3)      Considerato che la riduzione della mobilità privata a Perugia a seguito della realizzazione del Minimetrò appare assai modesta (si può stimare intorno ai 2500 viaggi al giorno) così come lo sono gli effetti in termini di riduzione della congestione e dell’inquinamento, appare assai dubbio che l’incremento di spesa per il trasporto pubblico dovuto al Minimetrò sia giustificato.

Paolo Beria e Francesco Ramella

COME MISURARE LA CORRUZIONE

Ha fatto scalpore la denuncia della Corte dei conti su un vertiginoso aumento dei casi di concussione e corruzione in Italia. Una loro misurazione precisa è però estremamente difficile con gli strumenti finora a disposizione. Tuttavia, la percezione dei cittadini è che il fenomeno sia grave, in peggioramento e si irradi dalla politica alla pubblica amministrazione. Prendere provvedimenti è dunque indispensabile. Magari a partire da dati affidabili. E proprio la Corte dei conti potrebbe costruire una misura accurata di corruzione.

 

UNA TASSA CONTRO LA SOCIETÀ INGESSATA

Una delle poche riforme fiscali varate in Italia nell’ultimo decennio ha riguardato le imposte sulle successioni che sono state, in maniera bipartisan, sono state prima diminuite nel 1999-2000 e successivamente abolite nel 2001 dal governo Berlusconi. I dati della Banca d’Italia consentono di valutare l’impatto della riforma sulla propensione a lasciare immobili in eredità. La nuova norma ha aumentato significativamente i trasferimenti intergenerazionali consegnando un paese ancora più immobile e diseguale. Certamente non una buona notizia.

QUI CI VUOLE LA CURA DEL FONDO MONETARIO

Dall’Europa arriva alla Grecia molta solidarietà, ma nessun aiuto concreto. Soprattutto, la dichiarazione congiunta dei leader europei non definisce le basi giuridiche di un intervento contrario allo spirito e al contenuto dei Trattati, non ne indica l’ammontare, né chiarisce come si intende costringere il governo greco a rispettare i suoi obblighi. Intanto, però, si è messo in moto un meccanismo molto pericoloso. Per fermarlo, la Grecia dovrebbe rivolgersi al Fondo monetario internazionale, il cui scopo è proprio quello di disinnescare le crisi speculative.

IL RISCHIO DEL DOMINO DALLA GRECIA ALL’ITALIA

E’ fondato il timore che il caso Grecia contagi anche gli altri paesi europei ad alto debito e bassa competitività? Oggi i mercati attribuiscono ai Gipsi diversi valori e diversi profili temporali di rischio d ‘ insolvenza. In Grecia e Portogallo i rischi appaiono concentrati nel breve termine, in Italia e Spagna nel medio periodo. Forse perché considerano questi ultimi due paesi nella “seconda linea” d’attacco. E allora, nell’interesse nazionale, il nostro governo dovrebbe muoversi immediatamente in Europa per scongiurare un esito catastrofico della crisi greca.

MA IL TELEVOTO NON È LA DEMOCRAZIA DEL NUOVO MILLENNIO

Finito Sanremo, restano le polemiche sul televoto, indicato come procedura democratica di espressione della volontà popolare. Ma è corretto nutrire più di un dubbio in proposito. Per almeno tre ragioni. Non è rappresentativo, con questo sistema i soldi votano due volte, funziona bene dal punto di vista dello spettacolo, ma manca di trasparenza. Anche nelle elezioni politiche i contributi in denaro finanziano le campagne elettorali, però il voto dei cittadini resta libero, unico e non direttamente costoso in termini monetari.

SE IL CANE DA GUARDIA DORME

Una serie di interventi pubblicati su lavoce.info e ripresi dai giornali hanno innescato negli ultimi giorni una polemica feroce sul valore effettivo dei rientri di capitale legati all’operazione scudo fiscale. Coinvolgendo anche organismi tecnici. Non stupisce che il governo abbia cercato di presentare un provvedimento discutibile e contestato come un grande successo. Preoccupa invece che la stampa indipendente abbia pubblicato con grande risalto e senza alcun controllo i comunicati del ministero. Abdicando così al suo ruolo.

MARIA CECILIA GUERRA RISPONDE AD ATTILIO BEFERA, DIRETTORE AGENZIA DELLE ENTRATE

"I giochi statistici possono essere diversi, ma è la somma che fa il totale. Lo scudo fiscale 2009 si è concluso con uno straordinario successo: 93 miliardi di euro rimpatriati in Italia ad ogni effetto e 2 miliardi regolarizzati". Lo dichiara il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, in una nota in riferimento ai dati sullo scudo fiscale in cui aggiunge che "Bankitalia fotografa al 15 dicembre 2009 l’ammontare di 35 miliardi, in quanto considera i soli flussi finanziari provenienti dall’estero (tipicamente bonifici bancari). In realtà il rimpatrio è stato fatto anche da titoli e altre consistenze patrimoniali. In particolare 85 miliardi di euro sono stati composti da capitali rilevanti, 10 miliardi da somme varie e minori (beni preziosi, eccetera) – Ansa

E’ curioso che il direttore dell’Agenzia delle Entrate si consideri chiamato in ballo dai nuovi dati forniti dalla Banca d’Italia, e dai commenti che ne sono seguiti. Nessun commentatore, e tanto meno Banca d’Italia, ha messo in dubbio l’autenticità dei dati forniti a suo tempo dall’Agenzia: 95 miliardi scudati di cui 93 rimpatri e 2 regolarizzazioni. Né l’Agenzia avrebbe potuto fornire dati più dettagliati: l’unica fonte d’informazione di cui dispone è infatti data dal versamento dell’imposta sostitutiva che avviene secondo due soli “codici tributo”, l’uno relativo ai rimpatri (complessivamente intesi), l’altro alle regolarizzazioni.
I dati della Banca d’Italia permettono un’informazione statistica più accurata (non giochi statistici!). La Banca d’Italia deve infatti raccogliere dati che permettano di distinguere, fra i rimpatri, quelli solo giuridici da quelli veri e propri, perché ha il compito istituzionale di compilare le statistiche relative alla bilancia dei pagamenti. Solo i rimpatri veri e propri danno luogo a flussi di capitali verso l’Italia da registrare nella bilancia dei pagamenti. I rimpatri giuridici riguardano infatti attività che restano all’estero, ma di cui assume la custodia, amministrazione o gestione un intermediario residente in Italia.
Non c’è quindi né incoerenza fra le due informazioni né imbroglio statistico. C’è stato invece un imbroglio mediatico: cercare di farci credere, a fine dicembre, che i 93 miliardi di rimpatri si riferivano a capitali materialmente riportati in Italia, magari per finanziare le nostre imprese in crisi. Ora sappiamo che non è così: i rientri veri e propri sono stati 35 miliardi, si tratta quasi esclusivamente (97%) di attività liquide che, in regime di liberalizzazione valutaria, potranno, quando vorranno, tornare liberamente e legalmente all’estero.

Maria Cecilia Guerra

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