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Categoria: Sanità Pagina 32 di 37

OSPEDALI INSICURI: CHI RISPONDE?

Quest’anno, la giornata mondiale della salute è stata dedicata dall’Oms alla sicurezza delle strutture sanitarie nelle situazioni di emergenza, proprio nei giorni del terremoto che ha causato il crollo dell’ospedale dell’Aquila. Un ospedale incompiuto per oltre 30 anni, simbolo di una sanità regionale in forte disvanzo, in cui una rete ospedaliera inadeguata perchè mai razionalizzata permette di ottenere molti finanziamenti.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

I commenti all’articolo offrono uno spaccato delle opinioni che circolano nella società. Ne emerge un quadro diviso in due: una parte esterrefatta dall’assistere ad un progressivo sgretolamento della tutela dei diritti della persona; un’altra preoccupata della propria sicurezza e della difesa della legalità.
Riconoscendomi in sintonia con la prima di queste parti, non posso che rispondere agli stimoli proposti dalla seconda. Cerco di farlo con alcune affermazioni.

1) La sicurezza è un bene prezioso e occorre vigilare perché non sia messo a repentaglio. Per capire se è messo a repentaglio, così da richiedere interventi speciali, si deve guardare freddamente a come si evolve il numero di delitti commessi nel nostro paese. I dati del Ministero dell’interno mostrano che il numero di delitti in questi anni è nettamente inferiore a quello che caratterizzava i primi anni ’90. Un’emergenza delitti, quindi, non ha fondamento nella realtà, benché sia certamente legittimo e saggio continuare a vigilare.

2) Quanto all’influenza dell’immigrazione extracomunitaria sulla commissione di delitti in Italia, i dati del Ministero dell’interno mostrano come, a dispetto di una crescita della popolazione immigrata di un fattore cinque dall’inizio degli anni ’90 ad oggi, il numero dei delitti da loro commessi si è mantenuto sostanzialmente costante. Benché sia vero che la popolazione immigrata presenta un tasso di criminalità più alto di quella autoctona, tale tasso è in diminuzione. Non stiamo quindi fronteggiando un’invasione di criminali, ma piuttosto un flusso migratorio caratterizzato da un carattere progressivamente più sano.

3) Un delitto è un delitto, e chi lo commette, una volta accertata la colpevolezza, paga. Non esiste in Italia alcuna legge che preveda una maggiore indulgenza nei confronti degli stranieri, ne’ alcuno che la invochi. A carico dello straniero, anzi, può essere adottata anche la misura aggiuntiva dell’espulsione.

4) Lo straniero gode in Italia di una quota di diritti nettamente inferiore a quella prevista per l’italiano (in particolare, in materia di assistenza sociale). Tutti gli obblighi e gli oneri imposti al cittadino italiano sono imposti anche allo straniero. Su quest’ultimo, però, ne incombono alcuni aggiuntivi: primi fra tutti, quelli connessi al permesso di soggiorno, che rendono estremamente precaria la condizione di soggiorno in Italia. Ad esempio: per un italiano, la nascita di un figlio può dar luogo a un problema economico; per lo straniero, oltre che al problema economico, può dar luogo all’impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno per mancanza di reddito o di alloggio idoneo.

5) Il fatto che l’immigrazione in Italia presenti un alto tasso di illegalità è dovuto semplicemente ad una normativa stupida (in vigore dal 1986), che impone, al datore di lavoro che voglia assumere uno straniero, di farlo quando ancora il lavoratore risiede all’estero. Nessun datore di lavoro assumerebbe alla cieca un lavoratore, italiano o straniero che sia. Così, un rispetto rigoroso della legge produrrebbe l’azzeramento dell’immigrazione per lavoro (e di quella, per motivi familiari, che da essa deriva). Dato che di lavoratori stranieri la nostra economia ha bisogno, anche in tempo di crisi, si è sviluppato un percorso illegale ma efficace: lo straniero entra per turismo; si trattiene anche dopo il termine del soggiorno autorizzato; trova occupazione grazie ad un incontro diretto con il datore di lavoro; resta in Italia in condizioni di soggiorno illegale, da cui emerge grazie a sanatorie o ad un uso "all’italiana" dei decreti di programmazione dei flussi (la domanda di autorizzazione all’ingresso viene presentata dal datore, fingendo che il lavoratore risieda ancora all’estero; ottenuta l’autorizzazione, il lavoratore torna in patria per rientrare subito dopo in Italia con un visto di ingresso per lavoro). Più del 95 per cento degli immigrati oggi legalmente soggiornanti in Italia per lavoro sono pervenuti alla condizione di soggiorno formalmente legale attraverso questi meccanismi e, quindi, a valle di un periodo di soggiorno illegale. Se ne ricava che fare la guerra all’immigrazione illegale, senza modificare le norme sull’ammissione dei lavoratori stranieri, è come far la guerra all’adolescenza: è vero che è un’età della vita problematica, ma ci devono passare tutti…

6) Salvo quanto affermato nel punto precedente, nessuno sostiene che lo Stato non possa sanzionare la condizione di soggiorno illegale. Avvalersi però della struttura sanitaria per ottenere segnalazioni sulla presenza di immigrati in tale condizione è da stupidi (sul fatto che sia da miserabili non insisto, rivolgendomi alla parte di coloro che difficilmente lo capirebbero). Significa, infatti, allontanare le persone a maggior rischio di marginalità dall’assistenza sanitaria, con conseguenze gravi, in termini di rischio di contagio, per tutta la società (oltre che devastanti per gli interessati; ma su questo, come prima, è inutile insistere).

7) L’immigrato che soggiorna illegalmente in Italia ha sì, oggi, diritto alle cure, e, se indigente, senza oneri a suo carico. Ma è fatto salvo l’onere di partecipazione alla spesa (il ticket), per il quale tale immigrato è comunque equiparato al cittadino italiano.

8) Vietare all’immigrato irregolare la registrazione della nascita del figlio, il riconoscimento del figlio naturale o il matrimonio in Italia è cosa che sanziona, oltre all’immigrato stesso, soggetti terzi, privi di qualunque responsabilità: il figlio, il partner. Gli atti in questione, poi, sono di una tale importanza che il diritto dello Stato di sanzionare l’illegalità impallidisce al confronto del rischio di ledere i diritti di questi soggetti terzi in modo irreversibile.

9) Le norme che regolano la vita della società andrebbero definite da persone che si trovino sotto il cosiddetto "velo dell’ignoranza" (Rawls): che non sappiano, cioè, se il loro posto nella società sarà quello del ricco o del povero, dell’intelligente o dello stupido, dell’uomo libero o del detenuto, del cittadino o dello straniero. Nel timore di trovarsi in una delle condizioni deboli, probabilmente, definirebbero norme capaci di difendere i soggetti più esposti alle intemperie della vita.

ORA INSICURI SONO I DIRITTI FONDAMENTALI

Il disegno di legge sulla sicurezza pubblica, nel testo approvato al Senato, contiene tre disposizioni che nulla hanno a che vedere con la sicurezza dei cittadini, ma mirano a fare terra bruciata attorno all’immigrato irregolare. La più famosa è quella che sopprime il divieto di segnalazione all’autorità dell’irregolare che ricorra alle prestazioni delle strutture sanitarie. Mentre le altre due norme gli precludono il perfezionamento dei provvedimenti della pubblica amministrazione e la celebrazione del matrimonio in Italia.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Cari Lettori,
le vostre riflessioni hanno contribuito ad arricchire la conoscenza sull’argomento stimolando un ampio dibattito.

Sui contenuti:

1)     La diffusione: In Europa il nucleare è al primo posto nel confronto del mix delle fonti per la produzione di energia elettrica con il 31%. Il carbone è al 28%, il gas al 21%, le rinnovabili sono al 14% e il petrolio al 4% (cfr. Enea Rapporto energia ambiente 2007 – Luglio 2008). E’ ormai opinione comune che solo un mix equilibrato delle fonti energetiche è in grado di favorire l’efficienza energetica.

2)     Le scorie: se è vero che oggi le centrali nucleari sono più sicure di vent’anni fa, è anche vero che le scorie rimangono un problema e il loro smaltimento richiede tempi lunghissimi. Riguardo lo smaltimento, la gestione dei rifiuti prende in considerazione il loro isolamento dalla biosfera per il tempo necessario a consentire il decadimento della radioattività presente. Nel caso di rifiuti a bassa attività, che costituiscono circa il 95% dell’intera produzione (cfr. Enea Rapporto energia ambiente 2007 – Luglio 2008), l’isolamento può essere garantito anche dal calcestruzzo che ha dimostrato di avere proprietà meccaniche, idrauliche e chimiche idonee per questo fine. Nel deposito definitivo dei rifiuti a vita lunga, la soluzione che ormai viene universalmente attuata è il loro deposito in alcune formazioni geologiche profonde adatte a restare stabili e inalterate nel tempo. Hanno questi requisiti i giacimenti come i bacini salini, specie quelli di salgemma e quelli argillosi e altri particolari tipi di rocce cristalline come i graniti non fratturati. In Francia si stanno sperimentando sistemi che prevedono la separazione in appositi reattori dei prodotti a più alta attività e la loro trasmutazione in radioisotopi a vita breve.

3)     La pericolosità delle centrali: mi chiedo se siano più pericolose le “eventuali” centrali italiane sottoposte a rigidissimi controlli, oppure se dobbiamo temere maggiormente alcune centrali nucleari che sono a pochi chilometri dai nostri confini come quelle al di là dell’Adriatico. Dopo il 1987 c’è da domandarsi se ha ancora senso importare energia in dosi massicce da paesi vicini al nostro che la producono con la tecnologia nucleare: questo non ci protegge da eventuali incidenti esponendoci nello stesso modo ai rischi di dispersione sul territorio e ci fa sostenere gravosi costi di acquisto dell’energia.

4)     Energie alternative: La previsione della European Photovoltaic Industry Association (cfr. http://www.epia.org/) per il 2025 è di avere una potenza fotovoltaica mondiale installata di 433 GW con una produzione di energia elettrica corrispondente a circa il 3% della stima di consumo mondiale. In Italia l’attuale dipendenza energetica è frutto di anni di incurie: oggi dipenderemmo meno dall’estero se avessimo investito nelle rinnovabili. Siamo il paese del sole e per vedere i tetti fotovoltaici dobbiamo andare in Germania. Da noi ci sono alcune zone, soprattutto nelle Isole, fortemente battute dal vento ma i maggiori produttori di energia eolica in Europa sono la tedesca E.ON e le spagnole Gamesa e Endesa. Anche in questo caso c’è da chiedersi perché negli anni non abbiamo investito seriamente in queste tecnologie accumulando, così, un imbarazzante ritardo nella ricerca e nello sviluppo.

5)     Sviluppo sostenibile-autonomia energetica: I dati dell’International Energy Agency dello scorso anno (cfr. http://www.iea.org) indicavano l’Italia come il secondo paese al mondo per importazione di energia elettrica: acquistiamo circa l’84 per cento del fabbisogno. Non è auspicabile continuare a dipendere in modo così ampio dalle importazioni per soddisfare una crescente domanda. I nostri consumi negli ultimi anni sono aumentati enormemente, pensiamo solo alla diffusione dei condizionatori o agli impianti industriali sempre più energivori. Anche la domanda mondiale è in crescita: le previsioni contenute nel Word Energy Outlook 2008, riportano un incremento medio della domanda mondiale dell’1,6% annuo durante il periodo 2006-2030.

6)     Il piano energetico nazionale: un piano energetico dovrebbe prevedere un programma di sviluppo che tenga conto delle risorse per l’efficienza energetica, per lo sviluppo delle rinnovabili e investimenti nella ricerca in modo da non dover rinunciare alle, sempre più strette, sinergie interdisciplinari.

7)     Nucleare si o no: Una cosa è certa: il nostro Paese accusa ritardi enormi nella ricerca e non possiamo permetterci di continuare a dipendere, nelle proporzioni sopra indicate, dall’estero. E’ necessario trovare presto delle alternative, siano le rinnovabili (che da sole però non bastano) o lo stesso nucleare, che ci permettano di ridurre le importazioni di energia.

Oscar Wilde diceva che “il non fare nulla è la cosa più difficile del mondo”. In questi anni noi ci siamo riusciti.

UN TORNACONTO SUL SANGUE? NI, GRAZIE

In molti paesi la scarsità di offerta di sangue è un fenomeno frequente e allarmante. In Italia, solo il 5-10 per cento degli idonei è effettivamente un donatore e percentuali simili si trovano in tutta Europa e negli Stati Uniti. Il sistema delle donazioni è volontario e basato solo sul puro altruismo. Avremmo più donatori e più donazioni se fossero previste ricompense? Gli incentivi sono importanti, ma non sono tutti uguali: alcuni, come il denaro contante, possono avere un effetto opposto a quello desiderato.

LA RIVINCITA DEL TERRITORIO

Il territorio svolge un ruolo sempre più importante nel sistema sanitario nazionale. L’assistenza territoriale, oggi, impiega infatti più del 50 per cento delle risorse finanziarie destinate alla sanità, e supera perciò l’ospedale. Ma la spesa territoriale non deve più essere considerata come un insieme indistinto. Va invece decodificata nei suoi principali ambiti di attività, valutando il contributo di ciascuno in termini di costi e di appropriatezza delle cure. I risultati del Laboratorio sul governo del territorio.

IL PASSO INDIETRO DEI FARMACI*

All’Agenzia italiana del farmaco spettano le decisioni sulla rimborsabilità dei farmaci e la definizione del loro prezzo. Il contenimento della spesa farmaceutica registrato in questi anni è stato determinato proprio dalla unitarietà valutativa del valore del farmaco, della sua posizione e del prezzo rispetto agli altri già presenti sul mercato e appartenenti alla stessa categoria. Ora si ipotizza un riassetto che toglierebbe all’Aifa una parte delle sue competenze per trasferirle al ministero del Welfare. Un ritorno al passato con molti rischi.

QUELLA CAPACITA’ DI GOVERNO CHE FA LA DIFFERENZA

Si conferma il drammatico divario tra i sistemi sanitari di Nord e Sud. Non tanto in termini di strutture, personale o spesa, quanto di assetti di governance e risultati prodotti. Che tuttavia non sembrano dipendere dai modelli istituzionali adottati, integrati o separati. La variabile chiave è la capacità di governare il sistema, con la quale si tiene sotto controllo la spesa, si producono servizi di buona qualità e si migliora la salute dei cittadini. Per un reale riequilibrio servono perciò investimenti in formazione, cultura gestionale, tecnologie.

SE SI ROMPE IL PATTO PER LA SALUTE*

La manovra di bilancio prevede risparmi consistenti sulla sanità. E di fatto rimette in discussione il Patto per la salute e la strategia che ha consentito di recuperare il controllo sulla spesa sanitaria. Perché è concreto il rischio di riattivare il meccanismo perverso che vedeva lo Stato lesinare le risorse del Ssn, per poi inseguire con un anno di ritardo le dinamiche spontanee della spesa. Sarebbe più utile riprendere il lavoro di elaborazione degli indicatori di costo e di performance per programmare su basi condivise da Stato e regioni il finanziamento 2010-2012.

LA QUALITA’ DELLA SANITA’ NON DIPENDE DALLA SPESA

La politica di riequilibrio degli ultimi decenni ha drasticamente ridotto i differenziali di spesa sanitaria tra le regioni italiane. Ma ciò non sempre ha significato un riallineamento reale nella qualità dei servizi e nella salute dei cittadini. Perché la spesa è una variabile strumentale rispetto ai bisogni e ai risultati finali. Che dipendono invece dalle strategie, dagli strumenti, dalle risorse umane adottate a livello regionale. Per questo in molte zone del Sud i livelli delle prestazioni sono ancora lontani dalle aspettative.

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