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PERCHÉ MANSUR NON HA COMPRATO UNA SQUADRA ITALIANA

Ha offerto una cifra astronomica per il milanista Kakà. Ma allo sceicco costerebbe di meno acquistare un’intera squadra italiana. Non lo fa perché l’industria del calcio riproduce gli stessi fattori che allontano gli investitori esteri dalle aziende italiane. Ci sono le tifoserie organizzate che esigono una sorta di pizzo. Le normative sono complesse, inapplicate o comunque arbitrarie, esponendo gli stranieri a rischi difficilmente ponderabili. Abbondano leggi ad hoc e sanatorie per chi viola le regole. E poi c’è l’endemico conflitto di interessi del nostro paese.

NON DIMENTICHIAMO CALCIOPOLI

Tra qualche giorno prenderà il via la nuova stagione del campionato di calcio. A due anni di distanza, nessuno parla più degli scandali scoperti durante l’inchiesta di Calciopoli. Ma quell’intreccio di fattori che ha generato la corruzione nel calcio italiano è ancora presente e non sono stati attivati quegli anticorpi che potrebbero ridurre il rischio di nuovi episodi di illecito. Di più, molti dei protagonisti continuano ad avere un ruolo importante. Insomma, è davvero troppo presto per dimenticarsi di Calciopoli.

PALLA AVANTI ED EMIGRARE

Sempre più spesso i talenti dello sport si spostano da un paese all’altro. Ma anche la circolazione dei campioni richiede misure di policy per garantire equità nella globalizzazione. La segmentazione del mercato del lavoro che accompagna le migrazioni dei calciatori rischia di aumentare il divario tra squadre e di indebolire l’equilibrio competitivo dei campionati. L’Uefa pensa di imporre un limite ai giocatori stranieri. Ma sarebbe più efficace obbligare i club delle maggiori leghe europee a riversare parte dei diritti televisivi alle squadre che hanno formato i campioni.

Euro 2012, quanto costa la bocciatura dell’Italia

I dati sembrano indicare una correlazione positiva tra organizzazione degli campionati europei di calcio e una maggiore crescita dell’economia. Poiché nel nostro paese il turismo ha un ruolo molto importante, la perdita in termini di mancata crescita del Pil può essere quantificata in circa 0,8-2,25 miliardi di euro. E la sconfitta è doppia perché ancora una volta è parsa chiara la mancanza di strategie coerenti in un settore, quello calcistico, che continua a essere governato con logiche che appaiono sempre più inadeguate ai tempi.

Riforma del calcio ancora all’anno zero

L’indagine dell’Agcm suggerisce modifiche alle “regole del gioco” volte a mantenere condizioni di equilibrio sul campo tra le diverse squadre e a evitare il ripetersi di fenomeni degenerativi. Le proposte riguardano la negoziazione dei diritti televisivi, l’organizzazione della Lega e della Federazione, le regole di ingaggio e compravendita dei giocatori e l’attività dei procuratori. E’ però viziata sia nelle premesse che nelle conclusioni. E l’applicazione di alcuni suggerimenti potrebbe causare un risultato opposto a quello desiderato.

Quando la teoria è di rigore

E se i rigori venissero battuti prima dei supplementari? Una proposta apparentemente strampalata trae fondamento dalla teoria dei giochi e presenta aspetti intriganti per migliorare ulteriormente lo spettacolo calcistico nei casi in cui, dopo 90 o 180 minuti, le sue squadre sono ancora in situazione di parità. Dal punto di vista dello spettatore, infatti, sono sempre molto emozionanti. Senza contare che i supplementari diventerebbero così ancora più avvincenti.

Calcio, il fuorigioco dell’Authority

Nella sua indagine conoscitiva sul calcio professionistico, l’Agcm individua la necessità di riforme ampiamente condivisibili. Ma segna anche un netto cambiamento di rotta rispetto a sue precedenti indicazioni, senza spiegarne adeguatamente le ragioni. La vicenda del calcio pone allora interrogativi profondi, perché se mancano trasparenza nelle decisioni e tempestività di intervento vengono meno due delle principali ragion d’essere di una autorità indipendente.

La partita più lunga

Il sistema degli stadi è largamente superato nei modi di gestione e nella ripartizione dei relativi oneri tra club e amministrazioni pubbliche, proprietarie degli impianti. Il tavolo di concertazione previsto dal “decreto Amato” potrebbe essere l’occasione perché l’intervento pubblico abbandoni la logica assistenzialistico-clientelare e imbocchi la strada di una vera e propria politica industriale volta a consolidare un settore che ha raggiunto volumi di affari di grande rilievo nell’economia nazionale, ma presenta ancora evidenti fragilità di fondo.

Vacanze di Natale allo stadio

Il giorno di Santo Stefano si registra in Italia il maggior numero di spettatori al cinema. Se si giocasse il campionato, è lecito ipotizzare che parte di questa domanda di intrattenimento si riverserebbe sulle partite di serie A e B. I maggiori incassi dal botteghino e dai diritti televisivi sarebbero preziosissimi per i bilanci in profondo rosso dei nostri club. E se anche si dimostrasse che la sosta invernale è utile ai calciatori e alle squadre, basterebbe programmarla all’inizio di gennaio, in tempo per tornare in forma per la ripresa della Champions.

Calcio: una clausola contro la beffa

Non sono cambiate le regole del calcio e prevale un atteggiamento assolutorio nei confronti dei principali protagonisti di calciopoli. Bisogna trovare un modo di punire i dirigenti colpevoli degli illeciti sportivi. Per evitare di dover coinvolgere la giustizia ordinaria e intentare lunghe e incerte cause patrimoniali, si potrebbero inserire clausole nei contratti di lavoro stipulati tra gli amministratori e i club: se la società è punita dalla giustizia sportiva per fatti commessi dai suoi dirigenti, questi dovranno versare una penale alla società, graduata in base all’entità della sanzione comminata dalla giustizia sportiva. Almeno non saranno i soli tifosi a pagare, ma anche chi ha commesso gli illeciti.

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