Il grafico mostra l’andamento mensile delle assunzioni a tempo indeterminato secondo l’Osservatorio sul precariato Inps. La linea blu indica il numero di nuovi contratti a tempo indeterminato, tra assunzioni e trasformazioni (nota bene, il trend non tiene conto delle cessazioni), mentre la linea rossa rappresenta la fetta di questi nuovi contratti che usufruiscono dell’esonero contributivo, in vigore dal Gennaio 2015.
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Col Jobs act i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti in modo netto, senza però un analogo aumento dei posti di lavoro. Questo dovrebbe comportare benefici su produttività e crescita. L’incognita è il comportamento dei datori di lavoro alla scadenza dei tre anni di decontribuzione.
Le fonti ufficiali e amministrative convergono su alcuni punti per quanto riguarda la dinamica dell’occupazione nel 2015. Aumentano gli occupati, soprattutto nei servizi e nel lavoro dipendente. In calo i rapporti di collaborazione, mentre sono consistenti gli effetti della decontribuzione.
La conferma della decontribuzione per i contratti a tempo indeterminato sembra possibile. Ma in che forma? Per renderlo il contratto prevalente nel mercato del lavoro, è necessario che diventi meno costoso di quello a tempo determinato. In campo anche l’ipotesi di rinnovo solo al Sud o per le donne.
L’Italia è uno dei paesi europei che ha più difficoltà a uscire della crisi. Lo dicono i dati sul Pil e sulla disoccupazione. Ma mentre al Nord si intravede la ripresa, il Sud perde ancora terreno. La nuova decontribuzione e gli incentivi utilizzati prevalentemente dalle aziende meridionali.