Con l’autonomia differenziata non diminuiranno le risorse per il Sud. Preoccupa invece la mancanza di criteri per l’attribuzione delle materie. E il fatto che in futuro a decidere sui finanziamenti sia una commissione paritetica tra governo e singola regione.
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La procedura per deficit eccessivo decisa dalla Commissione nei confronti dell’Italia dovrebbe comportare un aggiustamento di bilancio di circa 10-12 miliardi l’anno per un triennio. Bisogna però tener conto anche delle regole del nuovo Patto di stabilità.
Sarà difficile formare una maggioranza nel Parlamento europeo. Anche l’indebolimento dei governi di Francia e Germania non è una buona notizia per l’Europa. Probabili passi indietro sul Green Deal e più incertezza nell’applicazione delle regole fiscali.
Secondo Macron, l’Europa deve cambiare per sopravvivere. I cittadini europei sono invece più ottimisti, in particolare quelli degli ex “paesi Piigs”. Tra gruppi sociali favorevoli e gruppi contrari a una maggiore integrazione aumentano però le differenze.
Nonostante l’astensione dei parlamentari europei italiani, è stato approvato dal Parlamento europeo il nuovo Patto di stabilità e crescita: non semplifica le regole e prevede vincoli più rigidi e uniformi.
L’elezione diretta dà a sindaci e presidenti di regione un forte potere politico: un vincolo al numero dei mandati è consigliabile, anche se limita il diritto dei cittadini a votare il candidato preferito. E per i piccoli comuni la legge è già cambiata.
Rispetto alla proposta originaria della Commissione, l’accordo sul nuovo Patto di stabilità non semplifica le regole e prevede vincoli più rigidi e uniformi, con il rischio di generare una spinta deflattiva per l’intera area. Le conseguenze per l’Italia.
L’ultimo Rapporto sulla finanza pubblica italiana dedica un capitolo all’autonomia differenziata. Una simulazione mostra i limiti del Ddl Calderoli sul finanziamento delle materie devolute. Sarebbe più adeguato uno schema di compartecipazione dinamico.
L’incremento del deficit previsto dalla Nadef non è giustificato dal rallentamento dell’economia, riflette errori dello scorso anno. Ma a preoccupare di più è il fatto che si rinunci a ridurre il rapporto debito sul Pil pur in una fase favorevole.
Lo sgravio contributivo è accettabile solo se è uno strumento temporaneo a sostegno dei bassi redditi da lavoro. Altrimenti crea trappole fiscali e recide il legame tra contributi e prestazioni. Non c’è alternativa a una seria riforma dell’Irpef.