Misura realista

Rispondiamo ai commenti al nostro recente articolo sui voucher, rispetto all’impostazione “neoliberista” dell’articolo, all’utilità e agli abusi dei buoni lavoro e agli aspetti politici della vicenda. Non deve esistere lavoro senza diritti e proprio per questo il lavoro retribuito a voucher, quando non abusato, garantisce più diritti di quello a nero. Nell’articolo descriviamo come vanno limitati gli abusi: un primo (deciso) passo era stato fatto con l’introduzione della tracciabilità, passi successivi sarebbero potuti essere la sinergia di risorse e controlli con l’Inps e la limitazione a settori che hanno più marcate necessità di lavoro occasionale o stagionale. Limitarli a famiglie e singoli non aiuta necessariamente a eliminare gli abusi e impedisce l’utilizzo in alcuni dei contesti in cui sarebbero più utili (basti pensare al settore agricolo). È interessante anche guardare agli articoli 80 e 81 della “Carta universale dei diritti del lavoro”: propongono qualcosa di estremamente simile ai voucher, limitando però committenti e ricettori in un modo che impedisce l’accesso ai buoni a soggetti che potrebbero beneficiarne (pensiamo ad esempio ai lavoratori part-time). Non sembra quindi un’alternativa altrettanto efficace. Importante infine ricordare che i voucher sono intesi come lavoro accessorio sia per il committente che per il ricettore, non possono cioè costituire il lavoro principale, ma un’integrazione (utile perché flessibile) per il lavoratore, che può aiutare a sostenere il reddito. Per quanto riguarda le considerazioni politiche, ribadiamo due aspetti: non è auspicabile arrendersi agli umori e agli slogan semplicistici, come l’abolizione tout court dei voucher. D’altra parte, sembra plausibile che, dato l’effetto così contenuto dello strumento, il governo abbia preferito cancellarlo rispetto a farsi logorare per difenderlo, o spendere troppo tempo ed energia a negoziarne i cambiamenti.