I piani casa hanno prodotto investimenti privati lontani anche dalle attese più prudenti. Ma il loro effetto non va sottovalutato. In un periodo di grave crisi, hanno permesso la sopravvivenza di un certo numero di piccole imprese e di artigiani.
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Molti giovani di oggi avranno una pensione bassa, a causa di carriere discontinue e redditi incerti. La soluzione potrebbe essere l’introduzione di uno sgravio fiscale per le famiglie disposte a versare i contributi per i figli inoccupati e non laureati.
Salvataggi e ristrutturazioni cambiano il nostro sistema bancario e le condizioni di offerta del credito. Tra piccoli istituti catturati da interessi locali e grandi gruppi con centri decisionali lontani dai territori, c’è forse spazio per una terza via.
Se davvero si vuole risolvere l’emergenza abitativa, bisogna prendere spunto dall’Italia del dopoguerra e lanciare un programma di costruzione di case popolari sullo stile del piano Fanfani. Aiuterebbe anche a risolvere il problema della disoccupazione.
Difficilmente la commissione bicamerale sul sistema bancario potrà affrontare nel giro di pochi mesi in maniera rigorosa e approfondita l’ampio spettro di questioni che le è stato affidato. Meglio concentrarsi su un unico aspetto, quello regolamentare.
Anche il governatore della Banca d’Italia ha sottolineato la necessità di una gestione delle sofferenze diversa dalla svendita ai pochi grandi operatori specializzati. Intanto in parlamento ci sono tre proposte che prevedono la vendita agli stessi debitori.
All’Ecofin di Malta è stata avanzata la proposta di cedere le sofferenze bancarie agli stessi creditori. In attesa di conoscerne i dettagli tecnici, può essere una soluzione utile, anche dal punto di vista sociale. Soprattutto se si tratta di mutui.
Perché sulla casa non basta il mercato
Di Raffaele Lungarella
il 14/07/2017
in Commenti e repliche
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