Fenomeni potenzialmente catastrofici come il coronavirus richiederebbero l’applicazione del principio di precauzione. Il confronto fra due circolari fa pensare invece che l’attenzione alla massima precauzione possibile a un certo punto si sia ridotta e che l’allarme sia stato sottovalutato.
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Con la diffusione del coronavirus i prezzi delle mascherine sono saliti alle stelle. Giusto lasciar fare al mercato o invece lo stato deve intervenire, come ha fatto il presidente francese? Ecco perché in questo caso i profitti in eccesso sono un rischio.
La UE affronta epidemie come il coronavirus attraverso un complesso sistema di raccolta informazioni. L’obiettivo è accelerare l’identificazione di potenziali pericoli e permettere una risposta tempestiva. Il tempo dirà se in questo caso ha funzionato.
La prevenzione della diffusione del coronavirus è un bene pubblico globale. È dunque necessario un protocollo uniforme mondiale, che obblighi le nazioni ad adottare misure adeguate. E per finanziare i provvedimenti va creato un fondo internazionale.
Le attività di contenimento delle epidemie virali richiedono decisioni che travalicano i confini. Per questo la nostra Costituzione prevede che il governo centrale definisca i protocolli da applicare, mentre alle regioni ne è affidata l’attuazione.
L’Italia rientra tra i paesi del contagio ed è terza al mondo per numero di infetti. Le conseguenze economiche saranno pesanti, per la sempre maggior integrazione dei mercati internazionali, ma anche per le misure precauzionali prese dal governo.
La spesa sanitaria sostenuta direttamente dalle famiglie italiane continua a crescere. Di conseguenza aumentano anche detrazioni e deduzioni fiscali. Le misure adottate sinora sono solo un primo e insufficiente passo per limitare il ricorso al privato.
Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle dichiarazioni su Veneto ed Emilia-Romagna del direttore di Libero Pietro Senaldi e del presidente della regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.
La spesa sanitaria pubblica del nostro paese è al di sotto della media dei paesi Ocse e della Ue. Ma la salute dei cittadini non ne ha sofferto. L’esperienza dei piani di rientro potrebbe dunque essere un serio esempio di spending review che funziona.
Una sugar tax dovrebbe disincentivare l’adozione di regimi alimentari non salutari. Così come formulata, quella italiana sembra derivare solo dalla necessità di recuperare risorse. Resta lontano, invece, l’obiettivo di migliorare la salute dei cittadini.