Il numero dei conti online è in crescita, anche in Italia. Ma colossi come Paypal e Google guardano già oltre: sfruttando i big data, potrebbero disegnare servizi bancari su misura per i clienti. Una grande opportunità di crescita, che presenta però qualche rischio per la privacy.
LA RIVOLUZIONE DIGITALE NELLE BANCHE
La netta accelerazione dello sviluppo delle tecnologie digitali e la sua diffusione a macchia d’olio presso i consumatori di gran parte dei paesi sviluppati ed emergenti, pongono molti settori economici di fronte a nuove sfide. Quelle aziende che non riescono ad adeguarsi e a stare al passo con i cambiamenti rischiano di essere spazzate via dal mercato, per effetto della cosiddetta “distruzione creatrice”, postulata da Joseph Schumpeter agli inizi del secolo scorso. Un esempio lampante è dato dalla Kodak, una delle società leader nel settore delle pellicole fotografiche e con una lunga storia di successi alle spalle, entrata in crisi con l’avvento della fotografia digitale.
Ma non sono solo le imprese produttive a dover fare i conti con la rivoluzione digitale, anche il settore bancario e in particolare quello relativo ai servizi offerti alle famiglie, quali conto corrente e servizi di pagamento, non può prescindere dall’esigenza di stare al passo con i cambiamenti in atto, che anzi possono rivelarsi vere e proprie opportunità. Basta vedere quanto sta accadendo in Cina con il colosso dell’e-commerce Alibaba che ha attivato un proprio circuito di pagamento online e un proprio strumento finanziario, sostituendosi così alle banche. (1)
In Italia la diffusione dei servizi bancari online destinati alle famiglie segue, da anni, una tendenza crescente, sfiorando i 20 milioni di utenti secondo i dati più recenti della Banca d’Italia relativi al 2012 (grafico 1). Per il prossimo futuro c’è da attendersi che il trend sarà sempre più crescente, fino ad arrivare a un momento in cui il numero dei conti online supererà quello dei conti tradizionali, anche grazie alle applicazioni mobile espressamente dedicate all’internet banking. Un simile contesto mette le banche italiane di fronte all’urgenza di rivedere radicalmente il loro modo di operare sui mercati.
Grafico 1
Le banche di minori dimensioni, non avendo una massa critica sufficiente, troveranno non poche difficoltà a stare al passo con l’innovazione tecnologica introdotta dagli istituti di credito più grandi. Se non avvieranno forme consortili più stringenti, o se non punteranno a vere e proprio fusioni, le loro possibilità di continuare a operare nel segmento dei servizi per le famiglie saranno sempre più limitate.
A MISURA DI CONSUMATORE
Anche i grandi operatori nazionali, tuttavia, non possono dormire sonni tranquilli. Su di loro incombe infatti un’altra “minaccia”: la possibile concorrenza di colossi mondiali del mondo digitale quali PayPal, Google e Facebook. Il primo è già una realtà mondiale sui sistemi di pagamento online: secondo le statistiche diffuse sul sito ufficiale, sono ben 110 milioni i conti PayPal aperti in tutti il globo. Il secondo è entrato più di recente nel comparto dei sistemi di pagamento, lanciando il servizio Google Wallet, tra l’altro indispensabile se si vuole acquistare nell’app store firmato BigG, Google Play. Pare, insomma, che Google abbia tutte le carte in regola per lanciare in futuro una sorta di “Google Bank”.
Sfruttando i big data, cioè la possibilità di incrociare i dati relativi alle ricerche web con quelli dei social network, nonché in prospettiva con le scelte di consumo effettivamente attuate avendo accesso ai dati sui mezzi di pagamento, Google e le altre società operanti nel settore potrebbero disporre di un set informativo così ampio da permettere di tracciare il profilo della propria clientela con un grado di dettaglio mai raggiunto in precedenza.
Se le banche tradizionali non vogliono farsi trovare impreparate devono necessariamente muoversi in anticipo e cercare di affrontare i colossi digitali sul loro stesso campo, ovvero sulla raccolta ed elaborazione dei dati, senza dimenticare che la questione big data pone il delicato, quanto complesso, caso della tutela della privacy dei consumatori.
Utilizzando i dati a disposizione sull’utilizzo dei mezzi di pagamento, le banche potrebbero riuscire a offrire servizi bancari perfettamente disegnati sulle reali esigenze della clientela. Inoltre, stringendo accordi commerciali con grandi catene distributive, sarebbero in grado di offrire servizi anche al di fuori del campo puramente finanziario. Un’ulteriore opportunità è rappresentata dalla geolocalizzazione, ovvero dalla possibilità di conoscere il luogo dove si trova, in un preciso momento, il cliente che sta utilizzando la propria carta di pagamento. Avendo a disposizione queste informazioni è possibile, per esempio, offrire in tempo reale occasioni di risparmio presso esercizi commerciali limitrofi. Alcune grandi banche oltreoceano si muovono già in questa direzione, e anche i grandi circuiti internazionali che gestiscono le carte di credito esplorano le potenzialità offerte dai big data.
In definitiva, l’innovazione tecnologica determina cambiamenti che costringono a ripensare il modello di business in settori finora non eccessivamente esposti alla concorrenza, come l’industria bancaria. E impone al legislatore, nazionale ed europeo, di non farsi trovare impreparato di fronte alle rapidissime evoluzioni dei mercati. Se da un lato, i big data evidenziano un serio problema di tutela della privacy dei consumatori, dall’altro lato, possono costituire un importante fattore di crescita economica per le imprese: trovare il giusto equilibrio tra queste due spinte contrastanti non è semplice, ma è la sfida da affrontare.
(1) Si veda Rita Fatiguso su Il Sole-24Ore del 31 gennaio 2014.
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