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L’incertezza azzera la crescita. Anche in America

L’Italia è immersa in una campagna elettorale che evita i veri problemi o sottostima i costi fiscali di strategie alternative per il rilancio dell’economia. Così si alimenta la nebbia sulle future politiche della coalizione vincente. Ma, come mostrano i dati americani, l’incertezza azzera la crescita.

LA CRESCITA SI FERMA IN AMERICA

L’Italia politica è immersa in una campagna elettorale che accuratamente evita di parlare dei problemi che contano o sottostima i costi fiscali di strategie alternative per il rilancio dell’economia.
Tutto ciò alimenta la nebbia sulle politiche che saranno adottate dalla coalizione elettorale vincente alle elezioni. Ma il costo dell’incertezza si abbatte negativamente su un’economia già in ginocchio.
Che la politica dello struzzo costi ce lo insegnano, ad esempio, i più recenti dati sull’economia americana. Il Bureau of Economic Analysis ha infatti pubblicato i dati sulla crescita del Pil Usa nel quarto trimestre. È un sostanziale meno zero per cento (-0,1 annualizzato) rispetto al trimestre precedente dopo una sequenza di +0,5, +0,4 e +0,8 per cento, registrati, rispettivamente, nel primo, secondo e terzo trimestre 2012. Come dire che anche un paese avviato sul binario di una non stratosferica ma solida ripresa del 2,5 per cento l’anno circa, se esposto al vento della “policy uncertainty” soffre. Sull’economia americana nel quarto trimestre si sono infatti abbattute le conseguenze del dibattito sul precipizio fiscale, il fiscal cliff. Ora ce lo siamo già dimenticato, anche perché all’ultimo minuto il Congresso, per quanto diviso tra politici di opposte fazioni, è riuscito a trovare un accordo che ha scongiurato – almeno fino alla fine di febbraio – gli aumenti automatici di tasse per la classe media e le drastiche riduzioni di spesa su cui l’America si era divisa subito dopo la rielezione del presidente Obama. Anche così, cioè nonostante il pericolo sia stato per ora sventato, per un trimestre e più, l’America è rimasta appesa a un punto di domanda sul futuro, un punto di domanda relativo a cosa sarebbe successo dopo il 31 dicembre 2012.
E così le aziende si sono difese: nel dubbio hanno smesso di accumulare scorte. Il rischio era quello di trovarsi con troppi prodotti invenduti nel caso in cui il paese fosse caduto davvero nel precipizio. L’investimento in scorte è quello più importante nel determinare le oscillazioni cicliche del Pil. E dunque il Pil nel quarto trimestre si è fermato per la riduzione delle scorte (oltre che per il calo della spesa pubblica e dell’export), nonostante la sostanziale tenuta dei consumi e degli investimenti in macchinari e la lieve ripresa dell’immobiliare.

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LEZIONI PER L’ITALIA

A tanto arriva l’incertezza sulle politiche future: anche in un’economia come quella americana in cui famiglie e imprese – un po’ rassicurate dalla migliorata situazione della finanza e del mercato immobiliare – hanno ritrovato la voglia di spendere e investire di qualche anno fa, la crescita si ferma se ci sono troppi punti interrogativi politici sul futuro. Figuriamoci che effetto fa l’incertezza relativa alle politiche future in un’economia già duramente provata da rischi di default passati e aumenti di tasse presenti come quella italiana. Sarebbe bello che la politica italiana se ne accorgesse per evitare che chi vince si trovi a raccogliere solo cocci.

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Una ricetta sbagliata per l’Italia

  1. Piero

    Monti e’ indifendibile, il -0,1% enfatizzato da in ogni caso per l’America un +1,7% annuo, da ritenere che la politica monetaria espansiva americana e’ l’unica per la crescita, oggi sul il sole 24 ore in prima pagina vi è un articolo che da una lucida analisi dell’euro, non condivisibile nelle conclusioni, deve essere letto c on attenzione.

  2. Hans Suter

    La non crescità è dovuta interamente alla diminuita spesa della difesa e precisamente:”On a more granular level, this graph from Reuters shows capital expenditures at Lockheed Martin and Northrup Grumman, everyone’s favorite cluster bomb assemblers and drone manufacturers, falling off a cliff.”

  3. Giuliano

    L’Italia e mezza Europa arrancano come un’auto nel cui carburatore non arrivi più benzina a sufficienza. Occorre immettere carburante nel sistema e, fuor di metafora, fornirgli liquidità. Le forme tecniche si possono valutare ma l’esigenza di uscire da un circolo vizioso, anche oramai psicologico, è impellente.
    E lasciamo stare tutte le enfatizzazioni del debito/pil visto che è un rapporto destinato ad aumentare se non facciamo innalzare il denominatore.

  4. ok

    la politica economica attuata dall’Italia negli ultimi anni non è stata decisa dalle istituzioni del nostro paese, ormai svuotate di potere, ma calate dall’alto dai burocrati della commissione europea cha hanno imposto insensate politiche di austeriti già ampiamente utilizzate in modo assolutamente fallimentare dal fondo monetario internazionale in altri paesi in crisi – il problema, signori miei, non è l’incertezza poltiica, a riguardo ricordo che l’italia del dopoguerra, pur cambiando più governi all’anno cresceva a tassi elevati, ma le solite sciocchezze neoliberiste quali il pareggio di bilancio e l’inflazione 0 – senza una politica macroeconomica e monetaria adeguata è impossibile che l’italia torni a crescere e se vogliamo tornare a crescere subito dobbiamo liberarci di quella gabbia distruttiva che si chiama eurozona- illustri scuole economiche MMT e circuitismo, grandi economisti di fama mondiale, quali krugman e stiglitz non perdono occasione per spiegarlo forse varrebbe la pena ascoltarli

    • Maurizio Cocucci

      Il suo scetticismo nei confronti dell’UE è legittimo, però mi permetta di farle notare alcune imprecisioni contenute nel suo commento. La sovranità della Repubblica Italiana non è affatto venuta meno con l’ingresso nell’Eurozona perché le leggi a livello europeo le approva l’Europarlamento composto da 754 parlamentari di cui 73 italiani, regolarmente eletti da noi cittadini. La Commissione Europea è l’organo di governo e promotore delle leggi, ma ogni iniziativa legislativa deve poi essere approvata dal Parlamento Europeo e anche dal Consiglio dell’Unione Europea, composto quest’ultimo in ogni occasione dai ministri di ciascuno Stato competenti per la materia oggetto di discussione ed eventuale ratifica. La Commissione Europea è composta da un delegato per Stato membro e nel caso dell’Italia siamo rappresentati attualmente da Antonio Tajani, il quale è anche vicepresidente. Per le questioni importanti ogni Stato gode del diritto di veto. Insomma ciò che proviene da Bruxelles è promosso da delegati designati dagli Stati membri, approvato da parlamentari eletti e ratificati da ministri, se non da capi di governo, di ogni singolo Stato. Certamente si può dissentire dalle leggi approvate, ma sostenere che esse siano decise da burocrati è del tutto inesatto.

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