Riuscire a determinare se i bilanci di una banca, soprattutto quando dispone di asset che si avvicinano o superano, in dimensione, il Pil del paese in cui opera, siano completamente trasparenti, è estremamente difficile. Di norma, solo il management della banca è in grado di stabilire quanti prestiti, o più in generale quante attività, sono di cattiva qualità. Ciò costituisce un tipico esempio di asimmetria informativa, per cui né gli analisti di mercato né le autorità di vigilanza sono in grado di avere un quadro preciso della situazione dei conti. La situazione si inasprisce ulteriormente in contesti di turbolenza finanziaria ed economica, come quelli che stiamo vivendo in questi anni.


Per poter valutare, quindi, il grado di trasparenza e di correttezza nella gestione delle attività di cui è più alto il dubbio sull’effettivo valore di realizzo, si deve necessariamente fare ricorso a dei possibili indicatori che possano segnalare qualche campanello di allarme. A mio avviso il grafico che ho presentato nel precedente articolo è utile in questo quadro, perché se è vero che le banche di minore dimensione sono più attive verso le imprese di piccola dimensione, quelle che durante la crisi si sono trovate più sotto pressione, bisogna anche ricordare che il loro peso sul totale dei finanziamenti è meno di un terzo. Questo vuol dire che la fetta più grande del mercato dei finanziamenti, che data la nostra struttura produttiva sono destinati per lo più a Pmi, è gestita dalle banche di media e grande dimensione.

L’ANALISI DELLA BCE

Ma posso ancora convenire che l’argomentazione non sia sufficientemente solida per Rony Hamaui e vi sia qualche grado di ambiguità. È forse utile, quindi, fare riferimento a un’analisi terza che è in grado di offrire una visione certamente più robusta. Mi riferisco alla Banca centrale europea. Questa istituzione, pur non avendo ancora assunto i ruoli di autorità di vigilanza per i grandi istituti europei, è senz’altro qualificata per offrire un giudizio sulla qualità e sulla trasparenza degli attivi delle principali banche europee, tra cui ovviamente anche quelle italiane. Nel suo ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria, la Bce ha apertamente trattato il problema della mancata emersione delle sofferenze nei grandi istituti di credito europei e della necessità di aumentare la trasparenza dei relativi bilanci.

Milani 1

L’analisi della Bce si basa sullo studio della dinamica del price-to-book ratio, un indice di mercato che esprime il rapporto tra quanto una società è valutata sui mercati azionari e qual è, invece, il suo valore desumibile dai bilanci. Quando l’indicatore scende sotto la soglia unitaria significa che i mercati valutano una società, una banca nel nostro caso, meno di quanto sia il valore di tutti gli attivi iscritti in bilancio. Dal grafico 1, estratto dal Rapporto della Bce, risulta chiaro come in tutti i grandi e complessi gruppi bancari (Lcbg) dell’area euro, così come in quelli del Regno Unito e degli Stati Uniti, l’indicatore sia sceso sotto l’unità e si attesti, nell’Eurozona, intorno al mezzo punto.

La Bce adduce tre possibili spiegazioni: 1) per le Lcbg sono diventati molto costosi gli aumenti di capitale, per cui possono essere soggette a vincoli tali da costringerle a cedere attività oppure a restringere il credito, da cui la perdita di valore di borsa; 2) i mercati non credono che le Lcbg siano in grado di generare utili tali da ottenere un rendimento del capitale ottimale; 3) i mercati ritengono sovrastimato il valore degli attivi iscritti in bilancio, in particolare perché ci sono timori che non tutte le perdite siano state completamente riconosciute. Su quest’ultimo aspetto, i mercati sono particolarmente cauti perché la letteratura economica ha mostrato, senza molta ambiguità, che in periodi di recessione le banche tendono a posporre il riconoscimento delle sofferenze (è la cosiddetta forbearance, i cui rischi sono ben evidenziati anche nel Rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia) anche per evitare di vedersi depauperati i coefficienti patrimoniali di Basilea 2/3.

Assunto quindi il price-to-book ratio come un possibile indicatore di scarsa trasparenza dei bilanci bancari, con tutte le ambiguità del caso legate alle interpretazioni alternative che ne possono spiegare l’andamento, se prendiamo in considerazione i cinque principali gruppi bancari (universali) italiani, quelli cioè oggetto dell’attuale controllo da parte dell’Autorità bancaria europea (Eba), si osserva che l’indicatore è ancora più distante dal valore unitario rispetto alla media dell’area euro di 0,5 punti (tabella 1).

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In definitiva, con il set informativo attualmente disponibile, un certo grado di incertezza interpretativa sulla qualità e trasparenza dei bilanci bancari non è eliminabile. Certo è che esistono diversi indizi che ne segnalano il possibile peggioramento. Un buon detective, come quelli ideati da Agatha Christie, a questo punto difficilmente abbandonerebbe la pista perché se un indizio è un indizio e due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova.

» Così è se (vi pare), Rony Hamaui 14.12.2012

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