Confronto tra Hans-Werner Sinn e Massimo Bordignon
La situazione dell’euro area e con essa dell’Unione Europea continua a destare forti preoccupazioni, con disoccupazione in crescita e forti rischi di deflazione. Ancora più preoccupanti sono i conflitti tra i paesi membri su come uscire dalla crisi, tra chi sostiene la necessità di mantenere le politiche di rigore e chi ritiene invece indispensabile utilizzare politiche fiscali e monetarie più espansive. Le recenti scelte di Francia e Italia sulle proprie politiche di bilancio, in conflitto con le norme europee, come le difficoltà della Banca centrale europea a perseguire le proprie politiche, sono una chiara evidenza della situazione di stallo in cui si dibatte l’area. Di questi temi si è discusso al convegno di settembre de lavoce.info, dove Hans-Werner Sinn ha presentato il suo recente libro “The Euro Trap”(Oxford University Press, 2014) in un dibattito coordinato da Massimo Bordignon e in cui è intervenuto Francesco Giavazzi. Pubblichiamo un carteggio (in inglese) tra Massimo Bordignon e Hans-Werner Sinn sulle tesi principali del libro e sulle possibili soluzioni o non soluzioni della crisi dell’euro.
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Piero
Oggi tutti possono toccare con mano il fallimento dell’euro e l’incapacità della Germania ( di fatto gestisce la politica monetaria) a guidare un percorso europeo. La Germania con l’euro ha drenato risorse ai paesi euro (grazie ai surplus della bilancia dei pagamenti), per loro “la festa è finita”, hanno ridotto in “macerie” i paesi meridionali che naturalmente non hanno più la capacità di acquistare i loro prodotti, la crisi si sta avvitando anche in Germania.
Piero
Abbiamo in Italia un debito pari al 140% del Pil, ogni anno cresce, mentre il Pil ogni anno arretra, abbiamo una politica monetaria, gestita dalla BCE, germano centrica (nella scelta del modello di banca centrale ha prevalso la visione monetarista), a tutti i costi si vuole un euro forte sul dollaro, si cerca una stabilità dei prezzi anche con la minaccia della deflazione.
Renzi, nella sua qualità di Presidente del Consiglio dell’Un. Eur. in linea con quanto già dichiarato da Padoan, deve richiamare ufficialmente la Bce ad esercitare compiutamente il suo ruolo assegnatogli negli artt. 2 e 3 dello statuto sociale, deve rispettare tutti gli obbiettivi citati e non quello che si è assegnato da sola “la stabilità dei prezzi”, mentre gli altri sono lasciati ai politici. Questa “auto assegnazione” degli obbiettivi è stata permessa in quanto in Europa è assente una forte istituzione politica capace di esercitare il controllo sull’operato della Bce, dobbiamo in questo semestre dimostrare che vi è una forte istituzione politica capace di fare rispettare compiutamente il Trattato, ciò dovrà essere una conquista del nostro paese che fino ad oggi è stato subalterno all’asse Franco/Tedesco.
Tutti hanno compreso che per avere una unione mon. tra più stati occorre un’integrazione fiscale che compensa gli squilibri (la fless. dei salari e la mobilità del lavoro non è uno strumento efficace per ristabilire gli equilibri economici, l’attuale crisi ha stabilito il fall. dell’AVO “endogena”). Nel caso che uno stato va in crisi di fiducia sul mercato finanziario, gli investitori escono dal titolo, il tasso di interesse sul titolo aumenta. Poiché sono le banche il principale investitore dei titoli statali, l’aumento di quel tasso di interesse produce nei bilanci bancari notevoli perdite. Le banche avranno un problema di finanziamento, la liquidità interna si prosciuga, in tale modo si propaga la crisi del debito statale al settore bancario e di conseguenza al settore dell’economia reale, con il fenomeno chiamato “credit crunch”, le imprese non hanno credito, vanno in crisi, i loro crediti concessi dalle banche non possono essere restituiti e quindi gli attivi delle banche sono composti principalmente da crediti di bassa qualità, si arriva al punto che anche se le banche hanno liquidità, non effettueranno più prestiti all’economia reale se non ad aziende più che virtuose.
Questa è la situazione delle imprese in Italia, abbiamo poche imprese virtuose, ma la maggioranza sta soffrendo, sono costrette, in primis a finanziarsi con il mancato pagamento delle imposte e dei contributi, e alla fine a ricorrere a procedure concorsuali.
Le misure annunciate il 5/6 dalla Bce, sono state già bocciate dai mercati, oggi i mass media hanno enfatizzato gli TLTROs, come uno strumento che risolve il problema del credito, non è altro che la brutta copia di quanto già fatto nel 2011 per salvare le banche, a settembre in due tranche la BCE erogherà 400 mld in tutta europa, serviranno sicuramente al rimborso del vecchio prestito in scadenza a fine anno, poco arriverà alle imprese, anzi nulla arriverà a chi ne ha veramente bisogno. Il vero prov. che, effettivamente crea liquidità nel sistema è il quantitativ easing comunemente chiamato QE, la Bce deve acquistare sul mercato sec. i titoli statali dei paesi euro a partire dalle scadenze piu lunghe senza sterilizzarne gli effetti sulla liquidità (tali acquisti devono essere fatti proquota i singoli stati euro). Con tale manovra verranno liberati i bilanci delle banche dai titoli di debito statale e le stesse potranno tornare a fare il loro mestiere, ossia prestare i soldi alle imprese, che ricordo sono il motore dell’economia.
Ove Renzi non riesca a fare modificare la politica monetaria e valutaria alla Bce in linea a quanto stabilito nel Trattato sul Funzionamento Europeo, i Parlamentari Europei possono chiedere ai sensi dell’art. 226 del TFE, l’istituzione di una Comm. temporanea di inchiesta sull’operato della Bce.
Maurizio Cocucci
Non ho letto il libro di Hans-Werner Sinn ma conosco abbastanza il suo pensiero e sebbene anch’io abbia una preferenza per una politica definita rigorista, mi discosto però dalle posizioni chiamiamole ‘estreme’ del prof. Sinn.
In ogni caso ho letto il testo del prof. Bordignon e l’ho trovato molto accurato ed equilibrato nella analisi della situazione e in quella degli scenari che potrebbero presentarsi a breve. Inoltre condivido pienamente le precisazioni riguardanti il nostro Paese, correggendo quelli riportati nel libro del prof. Sinn, ed il fatto che l’euro può semmai aver contribuito ad aggravare la crisi, ma non ne è certo la causa. Anzi, l’adesione all’eurozona ci ha permesso di veder ridurre il costo del debito pubblico ma non siamo stati in grado di trarne benefici rimandando quelle riforme che oggi sono un punto centrale, a prescindere da quale soluzione nei confronti dell’euro verrà presa.
Uscirne da soli sarebbe una pura follia, ma anche una soluzione in tal senso presa collegialmente per tornare ciascuno con una propria moneta sarebbe una illusione per chi la ritenesse la ricetta per tornare competitivi, molto è cambiato dalla fine del secolo scorso, molte produzioni hanno lasciato il Paese e non torneranno di certo nella eventualità di un ritorno alla lira. L’unica soluzione è proseguire nella via della costituzione degli Stati Uniti d’Europa.
Piero
Oggi in Italia, grazie alla crisi provocata dall’euro, ci troviamo di fronte ad una situazione come quella del 1991 in America. Nel 1991 le banche americane erano riluttanti a concedere prestiti alle imprese, vi fu lo scoppio di una bolla immobiliare che provocò numerosi fallimenti, le banche non furono disposte a concedere prestiti a nuovi debitori, forse a rischio di insolvenza.
Le banche preferirono acquistare titoli dello stato (B.Bernanke, C.Lown, “The credit crunch”, Brookings Papers on Economic Activity, 2, 1991). In quella fase di ciclo economico una poderosa azione di acquisto titoli della Fed sul mercato aperto risolse il problema, nel 1992, l’attività di prestito bancario era già in fase di ripresa.
Non capisco al contrario le blande manovre della Bce, custode e garante della stabilità della moneta, se vi è la rottura dell’area valutaria la responsabilità è solo della Bce.
La politica rigorista non ha senso, oggi vediamo in Europa il fallimento del capitalismo renano è il successo di quello angloamericano, sconfitta già annunciata nel libro di Albert.
Maurizio Cocucci
Il fallimento del capitalismo renano è nella sua fantasia. Confronti i dati macroeconomici di Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti riferendoli alla popolazione. Confronti in particolar modo retribuzioni e loro andamento, il costo del lavoro, il welfare e quanto può essere incluso per determinare il livello di benessere e la condizione di vita della popolazione. Confronti poi i fallimenti delle municipalità, citandole qui quelle di Orange County, Vallejo, Los Osos, San Bernardino e alcune altre in California (!), Jefferson County in Alabama come le più recenti Stockton e Detroit.
Una cosa vede sono i giudizi espressi sulla base di simpatie o meno personali, altro sono quelli oggettivi.
piero
Di personale in economia non c’è nulla, ricordo che se si vuole l’unione politica si deve accettare la solidarietà tra gli stati, sul punto la Germania è sorda, gli piace ricevere la solidarietà ( vedi azzeramento debiti post guerra), ma non vuole darla (vedi politica dei compiti a casa propria).
Oggi la Germania ha riportato l’Unione europea indietro di un ventennio.
Maurizio Cocucci
La Germania non ha ricevuto alcun azzeramento circa i debiti di guerra (v.Conferenza di Potsdam). Non furono ingenti come quelli decisi nel precedente Trattato di Versailles e la ragione fu di evitare una terza guerra. Stesso trattamento (in proporzione) lo avemmo noi. Per quanto riguarda la solidarietà di cui scrive occorre precisare a cosa si riferisce, a trasferimenti a fondo perduto come avviene tra regioni di uno Stato? Se invece riguarda prestiti o interventi di diverso genere allora è bene che ci si informi meglio perché la Germania ha ‘messo in gioco’ oltre 500 miliardi di euro: http://www.cesifo-group.de/ifoHome/policy/Haftungspegel.html
Se ciò che chiede fosse invece una disponibilità da parte tedesca ad alleggerire i vincoli di bilancio prevista dai trattati accettati e sottoscritti da tutti i Paesi membri allora spero che ciò non avvenga mai perché significherebbe la nostra fine visto che di razionalizzare la spesa pubblica ed eliminare sprechi, privilegi e malaffare non ne vogliamo sentir parlare se non parzialmente e proprio perché obbligati dai trattati stessi.
piero
Nel 1990 con la riunificazione alla Germania furono cancellati debiti per un valore di 1.500 miliardi di dollari. Se i tedeschi oggi sono corretti, dovrebbero pagare all’Europa questa somma, tutti i problemi verrebbero risolti.
Tale premio concesso (fu richiesto dalla Germania) alla Germania, gli ha permesso di crescere e grazie all’euro, accumulare i surplus della bilancia dei pagamenti tra i paesi euro.
Maurizio Cocucci
La stima dei 1500 miliardi è di pura fantasia, bisogna leggersi accuratamente il London Debt Agreement del 1953 e la sua evoluzione. Che abbia ottenuto uno sconto è vero ma per importi non certo di quella entità. Parliamo però di economia e lasciamo la Storia agli storici. Il surplus commerciale lo fanno le aziende nel loro insieme, non i governi, e tale surplus tedesco deriva in gran parte dal saldo verso i paesi non appartenenti all’area euro. Nei primi 7 mesi di quest’anno infatti il surplus commerciale della Germania ammontava a 2,1 miliardi di euro mentre verso i paesi extra europei (eurozona e non) a ben 90,1 miliardi di euro. Ammesso che i surplus dovrebbero avere un limite cosa dovrebbe fare la Germania per ridurre il suo (ampiamente meritato)? Imporre un limite alle vendite? Obbligare i tedeschi ad acquistare metà prodotti loro e metà stranieri? Dai su, siamo seri.
piero
In economia non vi è nulla che uno si merita, agli squilibri economici del surplus, vi è la svalutazione della moneta che permette il riequilibrio delle valute.
Oggi abbiamo la necessita in europa di un’inflazione del 2%, forse anche più elevata e di un ritorno alla parità con il dollaro dell’euro, la Merkel insieme al suo fidato collaboratore Draghi si oppone a questa politica (teme che i risparmiatori tedeschi vengano espropriati).
Oggi l’Europa si trova di fronte alla scelta o l’esproprio dei risparmiatori tedeschi o la morte dei paesi meridionali.
Maurizio Cocucci
Il merito che intendo è quello conseguente al volume delle vendite effettuate, nel caso delle esportazioni all’estero, e che per qualsiasi economista così come per qualsiasi imprenditore sono meritati eccome, almeno finché non si dimostra che beni e servizi sono venduti con azioni coercitive. Dal lato delle importazioni (da notare che ad ogni prodotto esportato corrisponde un prodotto importato e viceversa) la Germania ha registrato nel 2013 un controvalore di 896 miliardi, lascio a lei fare i conti su quanto incide sul Pil o il confronto a livello internazionale, io arrivo alla conclusione che il mercato tedesco è uno dei più aperti al mondo tant’è che per noi italiani la Germania rappresenta da sempre il principale partner commerciale. Il saldo positivo tedesco deriva più dalla potenzialità dei prodotti venduti che da una barriera all’ingresso, cioè alle importazioni. Sulle insinuazioni su Draghi ed il rapporto di cambio euro/dollaro suggerisco di ripassare un po’ la materia se è davvero convinto che derivi da decisioni dei governi che condizionerebbero le banche centrali. Basterebbe solamente informarsi sull’ammontare quotidiano degli scambi valutari per rendersi conto che nemmeno se si mettessero tutte insieme le banche centrali potrebbero definire i cambi, non ne avrebbero le risorse.