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La lente dell’Antitrust sugli appalti *

Cosa può fare l’Antitrust contro la corruzione che sembra sempre più diffusa? Intanto, da tempo ha intensificato i controlli sulla collusione negli appalti. E ha pubblicato un Vedemecum che invita le imprese a segnalare i casi sospetti. Come migliorare le informazioni sulle gare di appalto.

LE AZIONI DELL’AUTORITY

In un’intervista a proposito dei recenti episodi di presunta corruzione legati all’Expo, Giovanni Avitabile, capo dell’ufficio “Tutela uscite mercati” della Guardia di finanza, ha affermato che, sulla base di un ampio campione di casi esaminati nel corso di questo anno, il 70 per cento degli appalti pubblici è irregolare. (1) Anche se non è chiaro cosa si debba intendere per irregolarità, questa elevata e sorprendente percentuale va nella stessa direzione dei dati diffusi con il recente rapporto dalla Commissione Europea sulla “corruzione percepita”. (2) Il quesito su cui dunque ci si interroga riguarda il perché la corruzione sia tanto diffusa e quali strategie occorra adottare per contrastarla.
Su queste pagine, Michele Polo e Alberto Vannucci nell’offrire interessanti spunti di riflessione sulla capacità di adattamento della “filiera della corruzione”, hanno tra l’altro auspicato un più deciso intervento antitrust sulla base del ragionamento che ciascun atto di corruzione implica una distorsione dei meccanismi di mercato.
Va subito osservato che mentre la corruzione di un ufficiale pubblico da parte di una singola impresa non sembra facilmente configurabile come fattispecie antitrust, vi rientrano invece pienamente – anzi ne rappresentano il cuore – i casi di collusione nell’ambito di appalti. E occorre ricordare che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha di recente intensificato i controlli di questo tipo: sono al momento in corso ben sette istruttorie sulla collusione in appalti. Si dirà che è poca cosa rispetto alle dimensioni del problema e che inoltre riguardano generalmente appalti dal valore non particolarmente elevato, ben diverso da quelli evocati nel caso dell’Expo milanese. Però il segnale che questo indirizzo di policy trasmette è chiaro e, a rafforzarlo, c’è la circostanza che in quest’area le decisioni dell’Agcm mostrano una elevata tenuta (anche in relazione alle sanzioni irrogate) nei successivi gradi di giudizio. Inoltre, a ottobre dello scorso anno è stato varato un Vademecum che sollecita le stazioni appaltanti a segnalare all’Agcm i casi sospetti. Il Vademecum (un po’ come il sistema delle “red flag” auspicato da Polo e Vannucci per la lotta alla corruzione) esemplifica contesti di mercato che possono favorire il coordinamento tra imprese ed elenca i principali indizi che possono far nascere il sospetto che una certa gara di appalto sia stata viziata da comportamenti collusivi. È stato peraltro chiarito che il sospetto non necessariamente costituisce un indizio tale da giustificare l’annullamento della procedura di gara. Laddove, a seguito della segnalazione e, eventualmente, dell’istruttoria, si accertasse la colpevolezza di imprese che nel frattempo si sono aggiudicate l’appalto, la stazione appaltante potrà rivalersi per i danni subiti.
Può questa attività contribuire anche alla lotta alla corruzione? Certamente sì, non solo perché si diffonde una cultura della legalità, ma più in particolare perché spesso fenomeni collusivi, in cui le imprese partecipanti alla gara si coordinano per predeterminarne l’esito, e corruttivi, in cui il rappresentante pubblico è coinvolto nella manipolazione, sono associati. In primo luogo, l’accordo collusivo può rendere necessario il ricorso alla corruzione sia per facilitare la sua attuazione sia per non essere scoperto. In secondo luogo, le rendite catturate tramite la collusione forniscono alimento per la corruzione. Evidenze sul fatto che corruzione e collusione vadano spesso a braccetto sono state offerte in una recente tavola rotonda presso l’Oecd e nello stesso documento della Commissione europea citato da Polo e Vannucci. (3)
Si noti che solo una parte delle istruttorie condotte dall’Agcm su appalti viziati da collusione è scaturita da segnalazioni delle stazioni appaltanti. Ci aspetteremmo dunque che, una volta provata la collusione, si intensifichino i controlli anti-corruzione sulle stazioni appaltanti che hanno mostrato una sorta di “benevola trascuratezza”.
Ma il Vademecum dell’Agcm fornisce indirettamente un ulteriore contributo. Nella misura in cui meccanismi collusivi si siano estesi a una pluralità di stazioni appaltanti, potrebbe darsi il caso che la medesima condotta sia segnalata da alcune stazioni appaltanti, ma non da altre. La mancata segnalazione di casi sospetti può fornire dunque indicazioni su quelle che risultino essere le stazioni appaltanti più inerti e quindi maggiormente a rischio di corruzione.

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INFORMAZIONI DA MIGLIORARE

Un essenziale input sia per le analisi condotte dall’Antitrust sia per quelle auspicate da Polo e Vannucci per l’identificazione di red flag sulla corruzione è costituito dalle informazioni disponibili sulle gare di appalto. Nel nostro paese i dati ufficiali sono raccolti e gestiti dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (Avcp). La qualità e la completezza di questa banca dati presenta margini di miglioramento. Da una parte, occorre rendere più informativo il data set. Solo recentemente è stato deciso di includervi non solo il numero, ma anche l’identità dei partecipanti a ciascuna gara. Questa informazione è assai importante, ma risulta monca se non le viene associato il prezzo offerto da ciascun partecipante, anche se non aggiudicatario. Non si tratta di caricare le stazioni appaltanti di un onere eccessivo: sono informazioni nella loro piena disponibilità e a volte già rese pubbliche tramite i propri siti web.
Una seconda direzione d’intervento riguarda la qualità delle informazioni. I dati su singole gare a volte sono incompleti o inesatti. Ad esempio, la codifica relativa all’oggetto di gara (Cpv) è talvolta indicata dalle stazioni appaltanti in modo erroneo, il che rende impossibile calcolare prezzi medi per tipologia di prodotto o servizio (non si è dunque in grado di individuare dei benchmark) o delineare mercati di riferimento su cui tarare specifiche analisi. È intuibile che nei casi in cui la collusione si presenta associata alla corruzione, gli incentivi per un reporting corretto sono assai bassi. L’Avcp, che molto si è adoperata per la messa a punto di questa banca dati, dovrebbe inasprire le sanzioni per l’incompleta o erronea trasmissione dei dati. Un modo drastico per risolvere il problema sarebbe quello di non concedere a una stazione appaltante, che abbia mostrato una reiterata trascuratezza nella trasmissione dei dati, il “codice identificativo gara” (indispensabile per avviare una procedura di appalto) per le gare da bandire. Ma forse non c’è bisogno di giungere a tanto.

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* Pierluigi Sabbatini è dirigente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Le opinioni dell’autore sono espresse a puro titolo personale e non impegnano l’istituzione di appartenenza.

 

(1) La Stampa, 20 maggio 2014.
(2) Si veda lavoce.info del 24/2/2014 e del 25/2/2014.
(3) Rispettivamente: Oecd, “Roundtable on collusion and corruption in public procurement”,15 ottobre 2010; http://ec.europa.eu/anti_fraud/documents/anti-fraud-policy/research-and-studies/identifying_reducing_corruption_in_public_procurement_en.pdf

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Italia sempre più a corto di grandi imprese

  1. decio coviello

    Articolo molto molto interessante. Ci sono almeno 10 ricercatori Italiani (incluso il sottoscritto) che lavorerebbero gratis sulla banca dati Avcp. Accedere a quei dati è diventato impossibile. Se Agcm ottenesse i dati potrebbe contare su diversi ricercatori che hanno mostrato competenza nell’uso di quei dati (con pubblicazioni di rilievo internazionale) e si metterebbero a disposizione per capire il fenomeno della collusione e corruzione negli appalti (gratis).

  2. piertoussaint

    Non può far nulla, l’Antitrust. Nessuno ci può far nulla, perché la questione è squisitamente politica, e nessuna legge, nessuna polizia la risolverà mai.

    Vedi il caso TAV, censurato non solo dall’AVCP, ma anche dalla Corte dei Conti:
    http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2013/11/20/tav-mentre-litalia-frana-lo-stato-seguita-a-sragionare/
    Ma lo Stato spregia gli avvertimenti dei suoi stessi organi di controllo contabile, e insiste a voler fare le “opere grandi” inutili con i soldi pubblici, al solo scopo di favorire le ditte che le realizzano, e consentire ai burocrati di farci sopra le creste.

    Un’ultima cosa: Al netto della corruzione, è l’architettura finanziaria di certe opere ad essere strutturalmente, “legalmente” e politicamente perversa. Vedi, a parte la TAV, i casi delle nuove autostrade lombarde. I cui tanto vantati “project-financing” sembrano, fino a prova contraria, semplicemente finiti. I soldi non sono dei “privati”, anzi siamo arrivati al punto che, siccome lo Stato è sull’orlo della bancarotta, ora si saccheggiano i soldi dei risparmiatori delle banche e del risparmio postale. Ampi dettagli qui, specie al punto 4:

    http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2014/03/31/paolo-viana-su-avvenire-il-quotidiano-e-attendibile-su-infrastrutture-e-project-financing-brebemiteem/

    E tutti, politici, istituzioni e media, stanno zitti.
    La soluzione? La “Società partecipativa” secondo il principio di sussidiarietà. Dottrina sociale. Dettagli anche su questo, nel post appena linkato.
    Tutto il resto è silenzio.

  3. Guest

    Viene un po’ – ironicamente – da sorridere.
    Il tema e’ sistemico, come denunciato dall’ultimo politico Italiano in circolazione a scalfari, nel 1980 – berlinguer.
    Perche’ non parliamo di NTV?
    Come si fa a lanciare da zero una compagnia ferroviaria con capitale iniziale di – udite udite – un milione di euro?
    Trovo la vicenda surreale; ed un insulto all’intelligenza affannarsi su temi formali di ‘alephiana’ perfezione, del tutto PRIVI DI CONTATTO con la realta’.
    L’Italia non e’ ancora uno stato di diritto; pensavo lo si fosse capito…

  4. giro

    Io ritengo che la corruzione si possa contenere efficacemente anche mediante la redazione di veri progetti esecutivi, come avviene in altri paesi europei.
    Credo anche che, in sede di gara d’appalto, sia importante che all’elenco dei prezzi unitari venga unita obbligatoriamente da parte della stazione appaltante l’analisi analitica di ciascun prezzo e che in sede di gara l’aggiudicazione avvenga sulla base della sovrapposizione dell’analisi dei prezzi offerti con quelli posti a base di gara.
    Penso anche che sia molto efficace lo svolgimento delle gare via internet ( come già viene adottato per le forniture) nei termini e con le modalità che il bando stabilisce.

  5. Robin

    In certi casi la soluzione è ampliare l’uso dei prezzi di riferimento che andrebbero estesi oltre l’ambito sanitario. La corruzione infatti si paga attraverso l’extra-profitto che si genera facendo acquistare alla p.a. un bene o un servizio ad un costo superiore rispetto a quello di mercato. Eliminata per legge la possibilità dell’extra-profitto, si riduce di molto la possibilità di corruzione.
    Rimangono fuori gli appalti grandi e quelli dove la necessità di un prodotto o servizio troppo specializzato impedisce di avere un mercato di riferimento sufficientemente ampio da ottenere un prezzo imposto. In questi casi l’unica è la vigilanza da parte di un soggetto pubblico terzo e indipendente. E cioè esattamente quello che è mancato per l’expo e gli appalti della protezione civile dell’era Bertolaso, dove la vigilanza è stata cancellata per legge.

  6. Guest

    Cfr. p.96 voce ”economic and financial offences” 156 detenuti! Contro gli oltre 8 mila della Germania!
    Ci sarà un motivo se c’è un tasso di emigrazione da Guerre Puniche? Così anche lo spirito imperiale della Balena Bianca è placato.
    Fonte: Institut de police scientifique, Université de Lausanne
    Link utile: http://my.unil.ch/serval/document/BIB_196BB8D10F92.pdf)

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