Lavoce.info

Il gatto e la volpe alla conquista del mercato energetico

La fine del mercato tutelato dell’energia ha scatenato una gara di chiamate telefoniche indesiderate che promettono contratti mirabolanti. Per il successo della liberalizzazione, servono regole chiare e costruite su misura dell’utente più sprovveduto.

Il telemarketing esasperato

Se molti italiani sono ancora diffidenti sulle opportunità offerte dal mercato libero dell’energia elettrica, la responsabilità è anche dell’invadenza del “telemarketing”, soprattutto telefonico. Se ne parla poco, mentre invece è centrale.

La fine del mercato tutelato ha scatenato una gara di chiamate indesiderate a ogni ora del giorno (e spesso anche della notte). Alberi degli zecchini d’oro carichi di chilowattora sono pronti ad accoglierci, se solo decidiamo di aderire alle generose offerte che voci dall’italiano spesso traballante ci sciorinano senza posa, infastidendosi se uno prova a interromperle o chiede chiarimenti. Basta un “sì”, detto magari per rispondere a un’altra domanda, per essere inchiodati a un’offerta dalla quale ci si potrà liberare solo a suon di lettere dell’avvocato.

Molti di questi sono truffatori autentici. Molti altri sono broker e intermediari di cui le compagnie energetiche si avvalgono, senza dirlo troppo ad alta voce, perché anche a loro fa comodo accalappiare qualche gonzo propinandogli condizioni-capestro; se butta male, potranno sempre far finta di non conoscerli. Le regole sembrano fatte apposta per proteggerli. Se li mandi a quel paese in malo modo come si meritano, passi pure dalla parte del torto. E così anche quei pochi operatori seri, che ti chiamano dal loro call center istituzionale e ti salutano dandoti il “lei”, finiscono per confondersi nella marmaglia generalizzata degli impostori. Un “mercato dei bidoni” che avrebbe fatto la gioia di George Akerlof.

Le vittime preferite sono, ovviamente, gli anziani. Ma anche i giovani, pure alfabetizzati a sufficienza, possono facilmente cadere preda degli imbonitori, vuoi perché non hanno avuto tempo di documentarsi, vuoi perché i termini da analizzare sono effettivamente complessi, vuoi perché presi in contropiede mentre impegnati in altro.

Se il legislatore ha a cuore il successo della liberalizzazione, deve stroncare simili storture, con regole che siano costruite su misura dell’utente più sprovveduto. Non basta scrivere chiaramente i contratti secondo regole standard definite dal regolatore, lunghe decine di pagine, scritte in caratteri microscopici e con linguaggio da azzeccagarbugli. Non basta dettare norme di trasparenza nella costruzione della bolletta – che spesso aggiungono solo confusione, dando per scontato che l’utente abbia chiari i meccanismi con cui funziona il mercato. Non bastano la pubblicità istituzionale, i tutorial; non basta che “la massima autorità” (con le sembianze nientemeno che di Alessandro Volta) ci inviti a usare il suo comparatore di prezzi. Ora Arera ha cambiato spot, scegliendo di presentarsi in veste di consulente con un’immagine meno assertiva e più familiare, ma dubito che basterà, specie se nella maggioranza dei casi continueremo a non ritrovare sul sito degli operatori le condizioni che l’inventore della pila ci aveva presentato. Nel nuovo spot, Arera ci invita a non chiedere informazioni al gatto di casa: purtroppo è proprio il gatto (con la sua socia, la volpe) a telefonarci con tanta petulanza.

Leggi anche:  Il Pnrr dei rifiuti in cerca di una strategia

Le regole da stabilire

Partiamo da un fatto. I contratti di fornitura di energia elettrica sono abbastanza complessi. Certo, niente che non sia alla portata di chi ha studiato almeno fino alla terza media. Non più che stipulare un’assicurazione Rc-auto o acquistare un paio di scarpe su Amazon. Ma comunque sono sufficientemente complessi da meritare un esame attento e basato su un testo scritto. Chi afferma che per chiarire le condizioni contrattuali all’utente basti la voce insistente (e non di rado sgarbata) di qualche pifferaio telefonico, mente sapendo di mentire.

Dunque, si cominci con il fare una cosa molto semplice: si decreti la nullità di ogni contratto per la somministrazione di luce e gas stipulato attraverso semplici accordi telefonici. Si stabilisca che l’unico canale autorizzato sia lo sportello del venditore, fisico o elettronico, o al limite un broker fisico che operi su mandato del venditore. Il telefono serva unicamente a prendere contatto con il cliente indirizzandolo presso i punti vendita autorizzati. Basterebbe questo per fare uscire di scena almeno i call center farlocchi.

Punto secondo: gli operatori truffaldini sono soliti mascherare il numero da cui chiamano, facendone comparire uno diverso e inesistente; i più sofisticati riescono a fare apparire un numero noto presente nella rubrica del destinatario. Ebbene, si obblighino gli operatori che vogliono accreditarsi per operare sul mercato a servirsi solo di numeri tracciabili, e si mettano in atto sistemi per interdire lo spoofing – è così che si chiama la pratica truffaldina: molti paesi europei già li usano. Così come si potrebbe invertire l’onere del consenso: invece di chiamare impunemente chi non è iscritto al registro delle opposizioni (notoriamente inefficace), si sostituisca quest’ultimo con un “registro dei consensi” pubblico, dal quale si possa anche facilmente uscire se malauguratamente qualcuno ci si ritrova.

Per fare ciò, occorre mettersi contro gli interessi dei call center, che hanno alzato un muro contro ogni ipotesi legislativa di regolamentarne l’operato, in nome della libertà di impresa. Come se quello di invadere casa altrui di pubblicità indesiderata fosse un diritto costituzionale. Se il governo è interessato al successo della liberalizzazione del mercato energetico (ma anche al quieto vivere di tutti noi), non si potrà farne a meno.

Leggi anche:  Un brutto clima dopo la rielezione di Trump

Infine, si regolamenti l’attività dei broker. Che possono svolgere un’utile funzione di consulenza imparziale, a patto che questa sia chiaramente distinta dal ruolo del venditore, e a patto che, comunque vada, sia il venditore ad assumere la piena responsabilità contrattuale, senza poterla scaricare sull’intermediario. Si vieti, già che ci siamo, il brokeraggio “porta a porta”, con tutta la corte dei miracoli di finti letturisti, stabilendo regole che tutelino l’utente, ad esempio una richiesta preventiva di appuntamento tramite un contatto tracciabile.

Si istituisca infine un “difensore civico” – il solito Alessandro Volta, ma va bene anche la Fata Turchina – cui il cittadino turlupinato possa rivolgersi, gratuitamente, per far cessare contratti di fornitura estorti con dolo, stabilendo un congruo risarcimento del danno a beneficio del turlupinato.

Il primo passo perché i cittadini prendano confidenza con il mercato energetico è che vi si accostino con fiducia. Altrimenti, non meravigliamoci se molta gente al Far West preferisce il calduccio del mercato tutelato, dove forse spenderà qualche euro in più, ma sarà garantito contro le brutte sorprese.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Se l'auto elettrica rallenta

Precedente

E alla fine arriva la procedura di infrazione

Successivo

Perché le elezioni francesi spaventano i mercati

  1. B&B

    Enel mi ha comunicato stasera di non potermi annoverare tra i fragilipoichè secondo loro non 75 anni.
    Eppure hanno la mia carta di identità per verificare che ho superto i 76 anni.
    Se i truffatori sono nello Stato non è possibile salvarsi. L’Italia non è un paese serio.

  2. Leo

    Ottimo articolo.
    Lo stesso discorso vale anche per altri ambiti: mercato libero del gas, telefonia fissa e mobile, servizi bancari e assicurativi, …
    Ammiro il coraggio di dire l’ovvio in un mondo in cui ci vogliono obbligare a credere che siamo “sbagliati” se molte volte siamo un po’ prudenti nelle scelte.
    Di seguito una testimonianza personale.
    Qualche mese fa ho avuto la fortuna di leggere una notifica via app di Banca Intesa e, incuriosito, di scaricare il “libello” di oltre 40 pagine delle condizioni contrattuali del nuovo contratto verso Isybank verso il quale sarei stato automaticamente traghettato. Mi sono impegnato subito a richiedere di non transitare verso Isybank per il solo fatto che mai e poi mai avrei letto un libello di oltre 40 pagine. Il consulente (contattato telefonicamente tramite numero verde, unico strumento disponibile per bloccare il passaggio a Isybank) che ho dovuto, mio malgrado, contattare per bloccare per tempo il passaggio a Isybank ha cercato di convincermi dicendo che le pagine che avrei dovuto leggere (a suo dire “quelle importanti” ) erano tre; al che gli ho chiesto perché allora non era stata redatta una informativa di sole tre pagine. Il consulente si è messo a ridere e ha effettuato la procedura per bloccare il passaggio a Isybank.

  3. La bolletta dell’elettricità e’ complicata, ma in realtà, stante la regolamentazione, la competizione tra le diverse compagnie e’ limitata ai soli elementi della sezione “Spesa per la materia energia”, ovvero due voci: quota fissa, e prezzo unitario del kw.

    Perché ARERA non chiarisce bene questo e perché non si obbligano le compagnie a formulare offerte che quotino chiaramente queste due voci?

    Il resto della bolletta, ben corposo, non è affatto a discrezione delle compagnie e in larga parte è fissato da ARERA.
    In primo luogo:
    “SPESA PER IL TRASPORTO DELL’ENERGIA ELETTRICA E LA GESTIONE DEL
    CONTATORE” (nelle componenti, quota fissa, quota potenza, quota energia)

    Le diverse componenti qui, sono diventate predominanti nel definire il costo dell’energia elettrica per l’utente finale. Credo sia diritto legittimo del cittadino poter conoscere come ARERA le determina.
    Grata per info al riguardo

  4. L22

    Una sola parola: Nazionalizzazione!

    Così:
    – minimizziamo le ore di lavoro sprecate;
    – massimizziamo la produttività;
    – minimizziamo i costi per l’utente finale;
    – riduciamo drasticamente la burocrazia (miliardi di pagine di documenti in meno);
    – mobilizziamo i capitali sprecati nella rendita per reinvestirli nei settori produttivi.

    Basta falsi mercati!

  5. CARMELO SICURANZA

    Molto gusto e divertente da leggere. Uno spaccato di vita quotidiana. Si dovrebbe aggiungere il caso in cui si compili un form sui siti comparativi. Per carità utili per sostenere la concorrenza ma l’invadenza mi sembra eccessiva il più delle volte.

  6. Gabriele

    Sarebbe sufficiente che venissero adottati i semplici provvedimenti indicati nell’articolo per ricondurre un’attività truffaldina (e pertanto criminale) nell’ambito della legalità. E a nulla vale il richiamo al diritto alla libera impresa che, negli stati liberali, si svolge all’interno di regole ben precise. Evidentemente le omissioni del legislatore favoriscono la parte più forte consentendo un’azione di stalking quotidiana a danno di utenti che non hanno nessuna possibilità di difesa. La questione meriterebbe una maggior attenzione da parte della politica e anche degli organi di informazione.

  7. bob

    La concorrenza tra multinazionali non esiste è pura utopia . I Grandi Gruppi fanno cartello o si spartiscono il mercato .
    Inoltre in nessuno Stato al mondo è stata fatta la ” liberalizzazione all’italiana” in pratica da monopoli pubblici si è passato a monopoli privati ( deleteri)
    In nessuno Stato al mondo lo Stato è stato depredato dei suoi beni. come in Italia. L’esempio della Autostrade è una cosa vergognosa

  8. Antonio Massarutto

    La risposta sta nelle delibere di ARERA, pubblicate sul suo sito. Che, mi rendo conto, non sono una lettura appassionante né accessibile ai non iniziati. Sostanzialmente, i meccanismi hanno come metodo generale la “copertura dei costi efficienti” sostenuti dagli operatori. Quindi si basano su un complesso mix di strumenti ex-post (tanto hai speso, tanto ti permetto di ricavare dalle tariffe) e strumenti ex-ante (es. costi standard), costruiti nell’intento di stimolare l’operatore a ridurre i costi migliorando l’efficienza. Si sono aggiunti nel tempo meccanismi di premio-penalità “output-based”, ossia calibrati sui livelli di qualità raggiunti, facendo in modo che ogni operatore sia costantemente “sfidato” dalla necessità di raggiungere un gradino superiore nei livelli di servizio offerti. La materia è molto tecnica ed è difficile scendere nei particolari. Faccio appello all’ARERA perché sul suo sito prenda l’abitudine di pubblicare un’illustrazione sintetica dei metodi utilizzati per definire le tariffe, scritta in linguaggio semplice e accessibile. Mi permetto un suggerimento: perché non coinvolgere le scuole e fare un concorso nazionale, in cui la scuola che propone la definizione migliore (anche usando strumenti di comunicazione innovativi) venga prescelta e si veda assegnare un premio, anche simbolico?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén