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La corruzione funziona come un network

Combattere la corruzione significa lottare contro organizzazioni dai confini invisibili e sfuggenti. Le reti corruttive si fondano sul principio di reciprocità e sulla sovrapposizione delle relazioni professionali con quelle di tipo affettivo e parentale. E spesso sono interconnesse fra loro.
Criminalità destrutturata
Quando gli agenti dell’Fbi si trovarono di fronte alla mappa delle relazioni e dei contatti tra i dirottatori dell’11 settembre fecero fatica a nascondere una sensazione mista di disagio e sorpresa: le relazioni avevano una forma disconnessa e amorfa, molto diversa da come se l’erano immaginata, considerata la potenza e la scala dell’attentato. Un’operazione con un livello di coordinamento ed efficienza simile faceva presupporre un’organizzazione ferrea e gerarchica, invece si trattava di un sistema debolmente connesso, al punto che alcuni dei dirottatori non si erano mai conosciuti prima. La distanza sociale media (tecnicamente average path length o “gradi di separazione”) per connettere due dirottatori era pari a 4,75. Se si considera che la media dei gradi di separazione nella rete globale degli utenti attivi di Facebook nel 2011 (circa 721 milioni di persone) era pari a 4,74, si capisce quanto fosse disconnessa e “lunga” quella dei soli diciannove membri. Da allora, gli investigatori hanno dovuto imparare a combattere contro “i network”, organizzazioni dai confini indefiniti, invisibili e sfuggenti.
Sul piano delle modalità con cui il crimine si organizza, la battaglia tutta italiana contro la corruzione non è molto diversa. Non è un caso che gli inquirenti abbiamo battezzato “Sistema” l’operazione anticorruzione partita da Firenze. Come lo stesso Gip ha riconosciuto, la rete non corrisponde a un’associazione a delinquere con capi, ruoli e organigrammi. A differenza della lotta contro le organizzazioni criminali più tradizionali, gerarchiche e strutturate (come Cosa Nostra o le Brigate Rosse), perseguire i network destrutturati è molto più difficile e richiede la comprensione approfondita dei meccanismi che li governano.
Oggi sappiamo molto sulla genesi e sul funzionamento di questi network, la cui azione è fondata su alcune caratteristiche distintive.
Reciprocità e molteplicità
Le reti corruttive si fondano sul principio “reciprocità”, il classico meccanismo “dell’oggi a me, domani a te”. La rete di relazioni tra imprenditori, funzionari pubblici, professionisti e politica che caratterizzava la tangentopoli degli anni Novanta funzionava grazie a un sistema di obbligazioni reciproche, di favori prestati e ricevuti, di appalti divisi a tavolino in una logica di alternanza e dalla quale, una volta entrati, era impossibile uscire. Molti degli imprenditori e dei funzionari che hanno confessato fatti di corruzione hanno parlato di “gabbia” o di costrizione tacita a perseverare nei comportamenti e nelle logiche del sistema.
Per potersi consolidare e poter cementificare i suoi effetti, la reciprocità richiede tempo. Occorre dunque sviluppare una disciplina ferrea della temporaneità nei ruoli pubblici, in particolare per quelli di diretta emanazione della politica. Peraltro, la giustificazione di una maggiore efficienza, dovuta all’alta specializzazione per la lunga permanenza negli stessi ruoli appare economicamente discutibile, se si tiene conto dei costi generati dalla corruzione.
La molteplicità delle reti, invece, è rappresentata dalla sovrapposizione tra relazioni professionali o di business con relazioni di tipo affettivo e parentale. Nelle vicende di corruzione, non è infrequente che amicizie di lungo corso e relazioni affettive o parentali intersechino, contaminino, e ne siano a loro volta contaminate, da relazioni di tipo economico. Non è casuale che i protagonisti si conoscano da tempo e finiscano per coinvolgere nella rete persone a loro molto vicine come i familiari. Nelle maglie della rete corruttiva scorre un fluido vitale: la fiducia. Senza una potente fiducia reciproca il sistema collasserebbe in fretta ed è ovvio immaginare che la presenza di legami affettivi o parentali permetta di moltiplicarne il livello. Peraltro, più la percezione di fiducia reciproca è elevata, più forti sono i rischi che i protagonisti sono disposti a correre, più alto è il prezzo che la collettività deve pagare. Nella sovrapposizione tra relazioni strumentali e parentali il sistema della corruzione ricorda da vicino le organizzazioni criminali a base familistica, come per esempio la ‘Ndrangheta.
Il broker corruttivo
Sebbene in gran parte amorfe, le reti di corruzione ruotano attorno ad alcuni attori che svolgono il ruolo di connettori tra parti distanti del sistema, veri e propri broker della corruzione (liaison role). Le inchieste sugli appalti per l’Expo hanno messo chiaramente il luce l’esistenza di ruoli di intermediazione. Anche le accuse a Ettore Incalza riportate nel procedimento della procura di Firenze sottolineano la sua funzione di ponte tra politica e imprese. I broker sono cruciali nel funzionamento del sistema e, dunque, nodi molto vulnerabili poiché la loro rimozione genera un collasso della rete.
La rete di reti
Ciascuno scandalo presenta una propria rete corruttiva con personaggi di volta in volta nuovi, ma le reti sono connesse tra loro e nel tempo. Colpisce che dai protagonisti della vicenda su cui indaga la procura di Firenze siano venute nomi di importanti dirigenti, a loro volta perno di gravi fatti di corruzione emersi in passato. Le inchieste della magistratura hanno messo in evidenza l’elevato grado di resilienza di alcune componenti della rete. Se ai network corruttivi attuali aggiungiamo l’immagine delle relazioni passate – facilmente riattivabili come si vede nelle inchieste sull’Expo -, allora la rete italiana degli appalti diventa complessa, stratificata e in grado di connettere mondi e fasi della vita del paese molto diverse tra loro.
Il network della corruzione non è rappresentabile con un’immagine temporalmente confinata, ma con uno schema che rompe i vincoli del tempo: alcuni dei protagonisti hanno forse cambiato posizione, ma non hanno mai abbandonato la scena del delitto.

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Ma la scuola 2.0 è buona scuola?

  1. M.S.

    Interessante, vero, corrispondente ai lavori su mafia, potere ed economia come quello nel Rapporto RES (Alleanze nell’Ombra). Alcuni aspetti, percepiti, a volte sottili: 1. negli ultimi vent’anni c’è stata una riduzione drastica dell’offerta di concorsi pubblici, e le “competenze relazionali” sono state esaltate come una delle più preziose risorse dell’individuo; 2. è l’economia privata che cerca, o esalta, questa risorsa (reti, fare reti etc.) come bene da giocarsi nell’interazione con la PA, e per espandere mercati; 3. la riduzione della legittimità della Politica come “politica ideologica”, o in versione soft, “guidata da ideali”, è un altro dato percepibile dalla delegittimazione del “parlare di politica” nel discorso pubblico (gli scandali sessuali, e anche la corruzione, in un certo senso, non sono Politica nel senso di discorso sul governo della Polis, sui suoi obiettivi, modalità, ecc.); 4. la temporalità delle nomine pubbliche è condivisibile, ma che fine fanno i non ri-nominati? Se non ci sono opzioni alternative, o se questi non fanno scelte soggettive di rifiuto di certe logiche (perché gli ideali hanno una sostanza, non sono solo ‘astratti’, ma interiorizzati, e quindi guidano le scelte), l’alternativa diventa l’uso di vecchie o nuove reti di conoscenze. Ciò può persino modificare la motivazione nel servizio prestato nella PA (e vale anche nel caso che sia possibile una rinomina).

  2. F.

    Giustissimo. Illuminante anche il commento, se potete tornate sull’argomento, perché è la chiave di lettura risolutiva della criminalità attuale, e in sintesi è lo schema di strutturazione della mafia.

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