Il ritorno alla crescita dell’Italia si consolida nel secondo trimestre 2015. Ma il recupero del Pil è oggi più lento e graduale che nelle riprese del passato. Per irrobustire la ripresa serve approvare e attuare rapidamente le riforme che aiutino l’economia.
La ripresa di oggi e quelle di ieri
La stima preliminare dell’Istat sulla crescita del Pil del secondo trimestre 2015 conferma la ripresa in atto nell’economia italiana (come anche in quella europea). Il dato positivo di aprile-giugno 2015 (+ 0,2 per cento rispetto al primo trimestre; +0,5 per cento rispetto al secondo trimestre 2014) rallenta marginalmente, ma si aggiunge al +0,3 registrato nel primo trimestre dell’anno. Ci volevano proprio due trimestri positivi consecutivi dopo sette trimestri di crescita molto negativa tra la metà del 2011 e i primi mesi del 2013 e altri sette mesi di crescita stagnante o di poco sotto lo zero tra la metà del 2013 e la fine del 2014. Perché si avveri la previsione del governo per il 2015 (+0,7 per cento su base annua) occorre che la crescita congiunturale acceleri a +0,4 per cento nel terzo o nel quarto trimestre (confermando un +0,3 per cento nell’altro trimestre). La crescita annua del Pil 2016 al +1,4 per cento indicata dal governo richiederebbe crescite trimestrali dello 0,4 per cento nei primi due trimestri 2016 e dello 0,3 negli altri due trimestri. Tutti obiettivi non impossibili ma certo oggi non scontati.
Le incognite sulla prosecuzione, sull’intensità e sull’ampiezza della ripresa di oggi sono riassumibili guardando alle caratteristiche riassuntive di quelle del passato. Il paragone più ovvio è quello con il biennio 2009-11. Dalla tabella (colonna 2) sotto si vede che la ripresa di allora durò otto trimestri (dal terzo trimestre 2009 al secondo trimestre 2011 incluso), con una crescita media del Pil trimestrale dello 0,4 per cento e una crescita cumulata del 3,4 per cento sui due anni. I dati della tabella dicono anche che l’accelerazione fu graduale: la crescita media nei primi due trimestri di ripresa (il terzo e il quarto trimestre 2009) fu dello 0,3 per cento, di poco superiore a quella osservata nella ripresa 2015.
Tabella – La ripresa di oggi e quelle di ieri
La tabella (nelle colonne 3 e 4) riporta anche i dati riassuntivi su intensità e ampiezza di due “riprese” meno recenti, quelle del 2005-07, il periodo immediatamente pre-crisi, e del 1999-2001. Il termine “ripresa” è qui tra virgolette perché in quei casi la più rapida crescita congiunturale arrivò dopo un solo trimestre di crescita negativa, quindi non dopo una vera e propria recessione. In ogni caso, le due accelerazioni di metà anni duemila e fine anni novanta presentano maggiore intensità (con crescita media del Pil trimestrale dello 0,6 e 0,8 per cento), maggiore ampiezza (+4,6 e +7,9 per cento) e una più rapida accelerazione iniziale non solo rispetto alla ripresa di oggi, ma anche rispetto a quella del 2009-11.
In poche parole, i dati del passato suggeriscono che le riprese nell’economia italiana di oggi non sono più quelle di dieci o quindici anni fa.
Una crescita che non fa finire la crisi ma che deve durare
La minore intensità e ampiezza della crescita di oggi ha una pesante implicazione, e cioè che per un bel pezzo la ripresa non porterà la fine della crisi. Se anche l’attuale ripresa si irrobustisse in modo da replicare quella del 2009-11, la crescita di allora (+3,4 in otto trimestri) sarebbe solo sufficiente a riportare a fine 2016 il livello del Pil trimestrale a 397 miliardi, cioè grosso modo dov’era nel primo trimestre 2012. In ogni caso, mancherebbero ancora 10 miliardi per ritornare ai livelli di prima dell’estate 2011 e ben 28 miliardi per ritornare ai livelli di inizio 2008. Meno miliardi di Pil vogliono dire meno redditi, meno produzione industriale, meno consumi, meno occupazione. Ripresa lenta, crisi che perdura malgrado il ritorno del segno più.
I dati sulle riprese del passato suggeriscono però anche un elemento potenzialmente positivo, ovvero che la ripresa, quando arriva, non finisce subito ma dura – o può durare – almeno otto trimestri. Con un’avvertenza da tenere a mente. Alla fine degli anni novanta, a metà degli anni duemila e anche nel 2009-11, il ritorno alla crescita fu agevolato da una rapida crescita dell’economia mondiale (vicina al +5,5 per cento annuo in ognuno degli episodi). Oggi invece il mondo – malgrado il petrolio basso e il denaro che non costa – cresce solo del 3,5 per cento annuo, e così il volano della crescita mondiale è meno efficace. Come dire che stavolta gli otto trimestri di ripresa l’Italia dovrà meritarseli più che in passato. In due modi. Sfruttando gli scarsi margini sul deficit pubblico consentiti da Bruxelles (inevitabilmente risicati per un paese con il 132 per cento di rapporto debito-Pil). E soprattutto portando a termine e attuando le tanto osteggiate (e poco comprese) riforme. Dotare l’Italia di un mercato del lavoro, di una pubblica amministrazione, di un sistema fiscale, di una scuola e di una giustizia civile che aiutino l’economia servirebbe ad allungare e irrobustire la crescita anche con scenari meno favorevoli. Altrimenti il rischio che la ripresa duri molto molto meno di otto trimestri diventerà terribilmente concreto.
L’articolo è disponibile anche su www.tvsvizzera.it
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Giovanni Teofilatto
La condizione di libera circolazione dei diritti di proprietà finanziaria è singolare di derivazione delle tecniche di produzione in varietà delle condizioni di lavoro. In altre parole lo scambio è moneta distruttrice di crescita aggregata del capitale e del lavoro a svantaggio dei momenti di accumulazione del capitale e della specializzazione del lavoro..
Piero
Fare le riforme in momento di crisi e’ da suicidio; oggi occorre una sana e robusta inflazione, rimetterà tutto a posto, poi naturale che le riforme vanno fatte, lo stato deve arretrare dall’economia, sarà uno stato più leggero e meno costoso, quindi meno tasse.
Ma oggi abbiamo bisogno di inflazione, il QE di Draghi dovrebbe portarla; gli effetti si vedranno dopo circa un anno, si dovrebbe arrivare a circa 700 mld di base monetaria aggiuntiva.
Michele
“Le tanto osteggiate (e poco comprese) riforme” se fatte male – e la mia opinione è che quelle del governo Renzi sono mediamente pessime – aggravano la situazione: non sono la soluzione, ma il problema.
Piero
Per avere le riprese di una volta occorre una sana e robusta inflazione; dopo 15 anni di sacrifici con l’euro, l’economia e’ arretrata, le riforme, oggi uccideranno gli ultimi spiragli di crescita.
Le riforme si faranno, anzi dovranno essere fatte dopo che è stato risolto l’ingente ammontare del debito statale, per il futuro dobbiamo avere uno stato più snello e competitivo che costa meno, quindi si avranno di conseguenza meno tasse.
giovaner arrabbiato
I dati dicono anche che dal 1997 (introduzione dei cambi fissi per l’Euro), la bilancia commerciale tedesca inizia a gonfiarsi, quella dei paesi del Sud Europa (Francia inclusa) crolla.
Nessuno ha il coraggio di dire che il problema è l’Euro?
Con libere fluttuazioni più la gente compra tedesco, più deve comprare moneta tedesca, più questa si rafforza rendendo i prodotti tedeschi meno competitivi, mentre nel ”Sud” succederebbe il contrario.
Il mercato si autobilancerebbe da solo.
Con l’euro continuiamo ad importare tedesco, perchè l’euro ci da l’illusione di potere d’acquisto che non abbiamo e che prima della crisi era finanziato a debito grazie ai tassi di interesse bassi.
Letteralmente un suicidio economico che gran parte dell’accademia Italiana e del Sud Europa in generale si rifiuta di ammettere.
Vogliamo finalmente puntare all’elephant in the room o continuare con la disonestà intellettuale?
Piero
Perfetto.
È’ proprio ciò che è successo, alcuni economisti avevano annunciato questo misfatto prima dell’entrata dell’euro; i favorevoli all’euro affermavano che gli squilibri si sarebbero correnti da soli, ossia in maniera endogena, ciò non è avvenuto e non poteva avvenire.
Oggi raccogliamo solo macerie, abbiamo i danni superiori a quelli di una guerra, la differenza è che dopo la guerra c’è sempre una ripresa, qui invece c’è la morte se la politica non alza la voce e gli economisti sudditi al potere non cominciano ad affermare la verità attuale è quella storica.
bob
..il virus tutto italiano della “perdita di memoria” colpisce a 360° . Ripresa, meno tasse, più inflazione, Stato snello bla bla bla con le tabelle, le statistiche e i numeri che si sostituiscono alla realtà. Mi chiedo chi e come è stata Governata l’ Italia negli ultimi 30 anni? Mi chiedo se è possibile parlare di ripresa in un Paese che non ha più piani e strategie industriali ( scomparsa la chimica, l’auto, l’elettronica etc). Professore con che cosa la facciamo la ripresa me lo può spiegare senza tabelle o numeri ma con degli esempi pratici? Apriremo altri 5000 “compro oro”? Oppure inseriremo le slot machine nei cortili delle scuole? Assumeremo 50 mila accertatori di sosta?
enzo
Condivido tutto, quindi anche cio’ che si dice a proposito dei compiti a casa dell’italia. tuttavia la cosa maggiormente rilevante è che la crescita del pil è diventata insignificante in tutti i paesi industrializzati occidentali ( e anche per gli altri le cose non vanno troppo bene). certo potremo invidiare lo zero vrgola tedesco superiore al nostro ma anni fa sarebbe stato anche quello considerato un disastro, Inoltre come già è stato detto altrove, la crescita non procura benessere e quelli che una volta erano cittadini ed oggi contribuenti/consumatori potrebbero stancarsi di politiche utili a soddisfare solo un moloch. quindi a breve urgono riforme politico-economiche tese a costringere la finanza a tramutarsi in realtà altrimenti l’unica produzione possibile sarà quello di fare carta con altra carta (ma non potrà durare all’infinito) ovvero (oppure anche) quello di gestire le società industrializzate in assenza di crescita
Antonio Carbone
Come riportato su lavoce.info (Centorrino e altri, giugno 2014) da settembre 2014 il nuovo sistema dei conti europeo prevede, tra l’altro, la contabilizzazione dell’economia illegale (prostituzione, droga, contrabbando) nel calcolo del PIL. Anche se gli autori nell’articolo citato, prevedevano un effetto non molto significativo sui tassi di crescita, più consistente, invece, riguardo ai rapporti deficit/PIL e debito/PIL; oggi che tale sistema pare sia entrato in funzione, mi chiedo quanta parte dell’attuale crescita “zerovirgola” sia legata ad esso e, soprattutto, se i confronti con gli anni precedenti vengono fatti “depurando” i dati dall’effetto delle nuove “voci” contabili. Non sono un esperto di economia ma mi piacerebbe sapere se qualcuno ha fatto tale verifica.
Giovanni Teofilatto
La necessità di vita dell’uomo è maggiore al ciclo di vita della merce il prodotto di esistenze è sempre maggiore del prodotto netto: insufficienza domanda effettiva.
salvatore
Quante analisi e quante chiacchere! Avete dimenticato quello che disse l’emiro del Qatar a Monti: Troppa corruzione e troppa criminalità organizzata = niente investimenti seri dall’estero e (aggiungo io) dall’Italia. Problemi delle Giustizia? -15 giorni di ferie!!! Falso in Bilancio? Peggiorato. Autoriciclaggio? Ridicolo. Prescrizione? da repubblica delle banane, ecc. E vorreste investimenti in queste condizioni? DA RIDERE:
Luciano
Una volta si diceva che la crescita per causare il tanto agognato e necessario aumento dell’occupazione doveva essere almeno del 3% annuo; sarebbe assai interessante (ma sconfortante?), sapere quale OGGI è stimata necessaria la crescita annua per appunto aumentare l’occupazione.
Luciano
Uno dei vantaggi (o meglio il maggiore dei vantaggi), della ripresa è l’aumento dell’occupazione e per ottenerlo una volta si diceva che il PIL doveva crescere almeno del 3% all’anno; c’è una stima di tale soglia OGGI?
Franco Bianco
Partendo dal Prospetto 1 a pag. 2 del rapporto Istat (http://www.istat.it/it/archivio/166848), il dato del Pil (cosiddetto “concatenato”) relativo al IV trimestre 2014 era di 384.223 mln; una crescita annua dello 0,7% (la previsione del Governo) porterebbe questo dato ad assumere, alla fine del 2015, il valore di 386.913 mln (384.223 x 1,007); il confronto con il valore del I trimestre 2014 (385.151 mln) – quello di quando il Governo Renzi si è insediato – mostra che, nella migliore delle ipotesi, in circa due anni di lavoro il Governo Renzi avrebbe ottenuto una crescita di 386.913 / 385.151= + 0,46% (*). NOTA: A titolo di esercitazione, osserviamo che se la crescita del 2015 si limitasse – come peraltro non pochi prevedono – allo 0,5% (invece che lo 0,7), la crescita complessiva dei due anni sarebbe di un microscopico 0,25%!!!! In circa due anni, (22 Febbraio 2014 – Dicembre 2015), ed in una congiuntura generale europea per molti versi favorevole (forse irripetibilmente), questo Governo avrebbe (al condizionale) al suo attivo una striminzita e risibile crescita di meno dello 0,5% (per bene che vada – sennò addirittura dello 0,25%): e che ce ne facciamo (che ce ne faremmo), di una crescita così esigua? Quale conseguenza positiva significativa può mai avere sulla piaga della disoccupazione , su quella della povertà dilagante e via lamentando? No no, i numeri veri dimostrano che questa non è una buona ma una pessima strada, l’Italia così affonda in un gorgo mortale.
marcello
Non vorrei sembrare banale, ma mi sembra che il tema sia ampiamente dibattuto in un testo di qualche decina di anni rsono dal titolo Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta. Se la crisi viene affronatta con la riduzione dei salari reali, e gli investimenti si contraggono, cose più che documenetate, nel contesto di una crisi di sovrapproduzione di commodity e materie prime, che determina una riduzione della cerscita dei paesi emergenti, con una ripresa americana che procede per bolle speculative e non per una crescita della produttività dei fattori di produzione, come può un paese come l’Italia pensare di sostituire la domanda inetrna con le esportazioni e rilanciare così la dinamica del PIL? Se come sembra siamo entrati in una stagnazione secolare, forse l’unica possibilità di tornare a crescere a tassi decenti è una decisa politica di spesa pubblica, anche in deficit, o dico una cosa troppo ovvia? O forse qualcuno spera che la Germania che a guugno ha realizzato un surplus commerciale di oltre 24 milairdi sui 25 dell’intera Unione, lasciando all’Italia un attivo di 3,5 milairdi, è approssimando per il terzo anno un attivo del 7% del PIL, quando la Cina ne segna uno del 2%, possa voler spontaneamente cambiare strategia?
francesco daveri
La possibilità di intraprendere politiche keynesiane per rilanciare la domanda interna è leggermente complicata dal fatto che stavolta partiamo già con un debito pubblico del 132 per cento del Pil.
marcello
E’ vero, ma… se cassa depositi e prestiti facesse quello che fa KFW e per esempio emettesse bond garantiti dallo stato, per esempio su un fondo con asset patriimoniali non strategici, con cui finanziare investimenti in reti e innovazione, invece di investire meno del 15% e tenere il 52% in liquidità, se si istituisse una patrimoniale sopra, per esempio, 800mila euro, in Francia sono partiti con 1 milione, comunque e ovunque detenuti, con cui finanaziare l’abolizione dell’IMU su prima casa e si usassero i risparmi di spesa per gli investimenti pubblici e se, come la Francia, si forzasse un po’ sul rapporto debfict/PIL qualche punto di PIL di spesa si avrebbe e il moltiplicatore fiscale da solo farebbe il resto e la crescita tornerebbe sui livelli di cui si parla nell’articolo. Per quello che possono valere, le aspettative sull’euro sono di un cambio alla pari con il dollaro entro la fine dell’anno, mentre tutte le altre valute continueranno a svalutarsi, a chi venderemo i beni in cui anche il prezzo conta, come sosterremo la ripresa, con una domanda interna inesistente?