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E se la Brexit facesse bene all’Unione? *

Il 23 giugno nel Regno Unito si terrà il referendum sulla permanenza nella UE. E per l’Unione è forse meglio una vittoria della Brexit. Perché non è nell’interesse dell’Europa mantenere tra i suoi membri uno paese ostile allo spirito comunitario. E che persegue strategie volte a minarlo.

Le discussioni sulla Brexit si sono finora focalizzate su una domanda: se per gli interessi nazionali del Regno Unito sia meglio restare nella UE oppure uscirne. Oggi l’opinione pubblica britannica sembra divisa sulla questione e pertanto l’esito del referendum rimane molto incerto. Molto meno discussa è invece un’altra domanda: se sia negli interessi della UE che il Regno Unito resti uno stato membro. A Bruxelles sembrano pensare che la risposta sia positiva: il Regno Unito dovrebbe rimanere membro della UE e la Brexit sarebbe molto dannosa per il futuro dell’Unione Europea. Ma è davvero così? C’è una radicata ostilità da parte dei media britannici e di larga parte dell’élite politica del paese nei confronti dell’Unione Europea, ostilità che ha trovato la sua espressione politica nel movimento per la Brexit. I fautori dell’uscita dall’Europa non possono sopportare che il Regno Unito abbia perso sovranità nelle molte aree in cui l’UE ha competenza. Detestano il fatto che la Gran Bretagna debba accettare decisioni prese a Bruxelles anche quando ha espresso la sua posizione contraria. Per i sostenitori della Brexit il fine ultimo è unico: ridare piena sovranità a Westminster. Quelli che credono che il referendum metterà la parola fine al problema sbagliano. Supponiamo che i sostenitori della Brexit vengano sconfitti e che il Regno Unito rimanga nella UE. Ciò non basterà a fermare l’ostilità di coloro che al referendum hanno perso, né a ridurre le loro ambizioni di ridare al Regno Unito la sovranità piena. Una volta appurato che non possono lasciare la UE, i fautori dell’uscita dall’Europa cambieranno la loro strategia per ottenere la restituzione dei poteri a Westminster e ne adotteranno una in stile “cavallo di Troia”, che implicherà lavorare dall’interno per minare l’Unione. Sarà una strategia mirata a ridurre le decisioni a maggioranza per sostituirle con un approccio intergovernativo. Lo scopo dei nemici britannici della UE, quindi, sarà una lenta decostruzione dell’Unione così da raggiungere il loro scopo: ridare potere a Westminster. Si potrebbe ribattere che con una sconfitta al referendum, i sostenitori della Brexit perderanno influenza, ma non lo si può dare per certo. L’accordo raggiunto da David Cameron con il resto dell’UE non ha ritrasferito neanche un briciolo di sovranità a Westminster. Sarà dunque visto da chi vuole l’uscita dall’Europa come un enorme fallimento e ciò li porterà a intensificare la strategia di decostruzione.

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Un nuovo accordo commerciale

In conclusione, non è negli interessi dell’UE mantenere nell’Unione uno stato che continuerà a essere ostile all’acquis communautaire e che perseguirà una strategia volta a minarlo ulteriormente. E dunque sarà meglio per l’Unione Europea che i sostenitori della Brexit vincano il referendum. Quando la Gran Bretagna sarà fuori dall’UE, non sarà più capace di minarne la coesione. E la UE ne uscirà più forte. Il Regno Unito sarà invece indebolito e dovrà bussare alle porte dell’UE per iniziare i negoziati di un accordo commerciale. Nel frattempo, avrà perso la sua moneta di scambio. L’UE sarà capace di imporre un trattato commerciale che non sarà molto diverso da quello che il Regno Unito ha già oggi in qualità di membro dell’Unione. Allo stesso tempo, però, si sarà ridotto il potere di uno stato la cui ambizione è minare la coesione dell’Unione stessa.

(Traduzione a cura di Vincenzo Baldassarre)

La versione originale dell’articolo, in lingua inglese, è disponibile su Ivory Tower.

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12 commenti

  1. Luciano Pontiroli

    Articolo curioso: chi perde al referendum, pur non esprimendo la linea politica del governo e non essendo in maggioranza nell’elettorato, riuscirà ugualmente a condizionare il rapporto tra UK e UE fino a minare i fondamenti dell’Acquis. In che modo ciò sia possibile, non è detto. D’altro canto, non si affronta neppure il quesito se qualche revisione della struttura e della politica dell’UE non possa fare bene all’Europa: così com’è, non sembra molto funzionale né vitale .

    • Michele

      Condivido l’obiezione del Sig.Pontiroli. Infatti, a mio avviso i fautori della brexit potrebbero minare dall’interno la tenuta dell’Unione pur in caso di fallimento del referendum solo laddove riscuotessero consensi prossimi al 50% e/o ne fosse prevedibile l’ascesa al potere (cioè in quanto rappresentati in tale proposito da governo e parlamento) in tempi brevi. Inoltre, l’articolo pare non considerare il possibile effetto galvanizzante di una eventuale brexit sui movimenti centrifughi di altre realtà locali in seno all’Unione Europea, motivo in più per temere l’esito positivo del referendum. Da ultimo, mi pare pure che l’uscita dall’Unione del Regno Unito potrebbe attenuare l’allineamento atlantista che ancora mi sembra prevalere nella stessa, cosa da non sottovalutare alla luce dei recenti sviluppi dei problemi nel vicino Medio Oriente e delle mire espansionistiche della Russia. Ciò soprattutto considerando che l’interesse economico di vari paesi potrebbe far propendere presto gli stessi per un riavvicinamento alla Russia.

  2. Gianfranco Nigro

    Condivido al 100%. Anzi io, al posto di Renzi, non avrei accettato il pseudo negoziato su altre eccezioni concesse al Regno Unito qualche settimana fa.
    La UE è come un club: chi vuole partecipare rispetta le regole altrimenti resta fuori. E’ molto pericoloso avere soci con status diverso e diritti diversi. Se proprio è necessario avere dei soci “diversi” nel club, si deve togliere a questi soci ogni possibilità di veto.
    Penso che l’uscita del Regno Unito sia un danno per la UE ma infinitamente inferiore a quello subito dal Regno Unito stesso.

    • Sono assolutamente d’accordo. Fuori !!!! La sterlina se l’erano già tenuta. Ora basta. Peggio delle regioni italiane a statuto speciale. SOLO DIRITTI SUI DOVERI CI PENSEREMO…
      OUT

    • Hübner

      Senza dimenticare che è stato il Regno Unito a spingere sull’allargamento a est della EU del 2004 in ottica atlantica antirussa, e ora sono proprio questi i Paesi meno europeisti (Ungheria, Polonia, Slovacchia). Come scrisse Riva (mi pare) sull’Espresso qualche tempo fa, la EU dovrebbe concentrarsi di più sui Paesi fondatori e centrali, veramente interessati al progetto di Stati Uniti d’Europa.

    • Aldo Solimena

      Sono pienamente d’accordo con te , la G.B. era nell’Unione Europea con un piede dentro e uno fuori (non accettazione di Schengen, no Euro) ,ora, dopo gli ultimi accordi sarà fuori con un piede e mezzo.- Riconosco che non era l’unica , anche Svezia e altri paesi non hanno firmato Schengen, ma almeno questi non hanno la faccia tosta di chiedere ulteriori deroghe e privilegi.- O si sta dentro con entrambi i piedi o si sta fuori , io tifo per Brexit.-

  3. Maurizio Sbrana

    Purtroppo, può essere vero…
    Anche se l’Unione senza Gran Bretagna risulterebbe senz’altro almeno ‘zoppa’! Ma gli Inglesi dovrebbero smetterla di considerarsi tuttora i ‘primi della classe’: occorrerebbe un po’ più di modestia…

  4. Henri Schmit

    Non saprei dire quale soluzione fra Brexit e non Brexit giovi nel medio periodo di più o di meno al RU e all’UE. L’UE ha sbagliato di allargarsi troppo rapidamente e di creare l’euro senza poteri di coercizione contro stati inadempienti, e sbaglia pure di interpretare la “ever closer union” come un processo a senso unico, senza possibilità di “geometrie variabili”, senza possibilità di ripensamento dell’UE per la sua strategia generale, di alcuni per ritirarsi o della maggioranza degli stati membri per espellere chi è gravemente inadempiente, approfitta solo senza contribuire, senza stare alle regole comuni. Se fosse così, l’Italia ci guadagnerebbe o ci perderebbe rispetto alla situazione attuale?

  5. Franco Tegoni

    Condivido le valutazioni esposte da De Grauwe. Penso che debba essere valutato anche il minor peso, in caso di Brexit, dei paesi Est Europei che stanno in UE solo per non ricadere sotto le grinfie della Russia. Infine credo che si rafforzerebbe la necessità di far progredire l’UE dell’euro.

  6. Massimo Matteoli

    Ho paura che non sia così semplice ma mi fa impressione leggere Cameron ed il suo Cancelliere dello Scacchiere Osborne che, dopo aver aperto il vaso di pandora del referendum, vanno a pietire al G20 un comunicato sui “pericoli” della brexit. Omuncoli di questo genere di sicuro è meglio perderli che trovarli. L’unica cosa che un pò mi consola è che speranza che la loro carriera politica sia al capolinea. I conservatori sono praticamente spaccati in due e Cameron può sperare di vincere il referendum solo grazie al soccorso rosso di Corbyn contro una buona metà del loro partito. Vada come vada qualcuno gliela farà pagare.

  7. Volty De Qua

    L’articolo manca di NPOV.
    La questione la si può affrontare anche senza dare per scontate le trame anti-europee degli inglesi.Tutti i paesi lavorano per i propri interessi. Fare il tifo non serve a nulla. L’Europa continentale non è ingenua. È solo una questione di oneri vs guadagni. Gli interessi tuttora divergono troppo, tra gli stessi continentali, per avere un’Europa di visione strategica comune, figuriamoci i pragmatici inglesi. In ogni caso all’Europa non mancheranno argomenti coercitivi, in un caso come nell’altro.

  8. Nuccio

    L’Europa così come è non funziona. Per funzionare bisogna creare una nuova Europa, quella dei paesi euro, con un parlamento, un governo (non il governo degli stati), materie (esteri difesa, immigrazione, parte di politica fiscale/economica…) da governare direttamente. Tutti gli altri paesi europei, se lo vorranno e con le regole definite dalla nuova UE, faranno parte del MEC (mercato comune europeo) e sul resto non metteranno becco, né riceveranno finanziamenti.

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