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Crescita al carbonio: paesi “buoni” e “cattivi”

Giusto evidenziare le responsabilità storiche dei diversi paesi e la loro quota attuale di emissioni di CO2. Ma va considerato anche il contributo alla crescita del benessere collettivo. La situazione degli stati europei e di Usa, Cina e India nell’ultimo articolo della “trilogia del carbonio”.

Trilogia del carbonio

I temi della responsabilità storica e della ripartizione nel futuro budget del carbonio sono stati pietre angolari della Cop22 che si è tenuta in Marocco.
Sono anche le due problematiche su cui ci siamo soffermati nei due articoli precedenti di questa “trilogia del carbonio”, largamente concentrata sulle emissioni e rafforzata da alcune considerazioni sulla popolazione.
Gli elementi più rilevanti di questa lettura sono almeno tre.

  1. I dati misurano in modo incontrovertibile la distanza – e dunque le differenti responsabilità – di Cina e India. Quando si parla di anidride carbonica i due paesi sono profondamente diversi e questa diversità emerge anche nelle posizioni negoziali.
  2. L’analisi relativa al budget del carbonio mostra come la Cina non sia un creditore di carbonio se non in misura modesta, mentre l’India è il paese che vanta i maggiori crediti.
  3. I paesi Ocse hanno importanti responsabilità storiche e, alla prova della verifica con la popolazione e il “diritto” all’accesso di una fetta coerente di emissioni, dimostrano la loro voracità e dunque un’impronta ecologica particolarmente significativa.

 

Un passo avanti

L’analisi svolta finora può essere arricchita da un ultimo passaggio, se si conviene che il problema della responsabilità storica delle emissioni non possa essere disgiunto da una riflessione sulla capacità dei vari paesi di contribuire al benessere del mondo e al suo incremento. Peraltro, va considerato che mentre le emissioni danneggiano l’intero pianeta, la crescita del Pil favorisce principalmente il paese che la realizza.
Vogliamo dunque confrontare due fette per due diverse torte per tutti i paesi presi in esame.
La dimensione della prima torta è data dalle emissioni cumulate nel periodo 1970-2014; la seconda considera per lo stesso periodo il prodotto interno lordo cumulato.
Quello che intendiamo confrontare è la dimensione delle due fette per ogni singolo paese. Quale sia stato il contributo al prodotto interno lordo (ovvero quanta parte di benessere un paese è riuscito a costruire), rispetto alla dimensione della fetta di CO2 che ha rilasciato.
Abbiamo quindi preparato un ultimo esercizio confrontando i dati relativi alla responsabilità storica di ogni singolo paese – quante emissioni (in percentuale) sono attribuibili ai vari paesi – con il contributo che gli stessi paesi hanno apportato alla crescita del Pil mondiale. Anche in questo caso abbiamo verificato la composizione percentuale per paese del contributo all’incremento.
Il risultato lo troviamo nel grafico 1.

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Grafico 1im1

Sulle ascisse, la responsabilità storica di ogni paese rispetto alle emissioni complessive; in ordinata il contributo all’incremento del Pil mondiale nel periodo 1990-2014.
Consideriamo un paese che si trovi sulla bisettrice, ovvero su quella semiretta che divide il quadrante in due parti uguali. L’ipotetico paese sarà responsabile dell’x per cento delle emissioni complessive, ma avrà partecipato nella stessa quantità x per cento alla crescita del Pil mondiale.
La stessa linea distingue anche i paesi “buoni”, ovvero quelli che stanno al di sopra, dai paesi “cattivi”, ovvero quelli che stanno al di sotto. I primi hanno offerto un contributo di ricchezza alla generazione maggiore della percentuale di emissioni di cui hanno beneficiato. I secondi hanno un comportamento opposto. E anche la distanza dalla bisettrice segnala il livello di “virtù” o il suo contrario.

I risultati

L’area più efficiente è quella dell’Ocse Europa che raggruppa i paesi dell’Unione europea, più altri paesi europei non UE, come ad esempio Svizzera, Norvegia o Turchia. In questo caso, a una partecipazione delle emissioni pari al 15,2 per cento è corrisposta una quota di crescita del Pil del 22,9 per cento.
La Cina si trova esattamente dall’altra parte del grafico, con una partecipazione dell’incremento del Pil pari al 10,6 per cento cui corrisponde, tuttavia, un incremento delle emissioni pari al 18,9 per cento.
L’aggregato Ocse America – così come la Cina, seppure con valori meno eclatanti – mostra una quota sull’incremento delle emissioni del 24,5 per cento, contro una quota sull’incremento del Pil pari al 22,9 per cento.
L’India – pur con valori modesti – si trova sul lato positivo del quadrante, con il 4,2 per cento delle emissioni e il 5 per cento del Pil.
Si tratta – come abbiamo già sottolineato – di misure alternative al grado di intensità carbonica, ovvero di quanta CO2 viene emessa per unità di prodotto, così come viene riportata limitatamente a Ocse America, Ocse Europa e Cina (grafico 2): un indicatore molto utilizzato, che dà conto della composizione dell’offerta complessiva. Maggiore è questo rapporto, più ricca di carbonio è l’offerta totale. Quindi – per quote e non per livelli – più modesto sarà l’apporto di rinnovabili o gas naturale, maggiore quello del carbone.
Tutti questi temi sono stati presenti con differenti sfumature nell’ambito del negoziato di Marrakech, dove ovviamente non si è potuto non tenere conto delle posizioni della nuova amministrazione Usa.
Ma questo sarà un nuovo capitolo.

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Grafico 2im2

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  1. oscar

    Che scelta infelice per il riferimento “buoni” “cattivi” del grafico 1 secondo il quale i soli cattivi sono i cinesi. In quanto a energia i poverini consumano meno della meta’ procapite degli usa nonostante si siano presi l’industria piu’ energy intensive del mondo globalizzato. Quest’articolo, perlopiu’ scritto con un impreciso gergo da insider, e’ un esempio di uso acritico di dati economici e di cattiva divulgazione.

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