La cancellazione di tutte le detrazioni Irpef diverse da quelle per lavoro e carichi familiari renderebbe l’imposta molto più semplice da applicare. L’effetto redistributivo resterebbe immutato. E l’aumento del gettito potrebbe essere usato per rivedere la struttura dell’Irpef.
DETRAZIONI NEL MIRINO
Sono ormai diversi anni che i Governi che si sono succeduti hanno messo sul tappeto una riforma del sistema fiscale volta a privilegiarne contemporaneamente l’efficienza, l’equità e la semplicità.
Un tema chiave per quanto riguarda l’Irpef (la più importante imposta del sistema tributario italiano, sia per gettito, sia per impatto sulla redistribuzione del reddito) è certamente quello delle detrazioni per oneri. Il Governo Letta aveva recentemente ipotizzato di ridurre la percentuale di detraibilità degli oneri attualmente detraibili al 19 per cento di un punto percentuale nel 2014 e di due punti percentuali a partire dal 2015, alla ricerca di risorse da destinare ad altre finalità. Si sarebbe trattato di una misura con impatti distributivi modesti per le famiglie a più basso reddito e che, soprattutto, avrebbe evitato di entrare nel merito, tagliando in modo lineare tutte le detrazioni. Eppure, nel nostro paese le spese fiscali sono una giungla: si va da quelle note (gli interessi sui mutui ipotecari o le spese sanitarie) a quelle sconosciute ai più (le spese per i cani guida dei non vedenti), con un elenco di circa una trentina di tipologie differenti. E non è vero che non si possano eliminare, visto che in passato lo si è fatto senza troppe discussioni. Per fare due esempi, la detrazione al 20 per cento per l’acquisto di frigoriferi e congelatori di ultima generazione è stata eliminata a partire dal periodo d’imposta 2011, mentre la detrazione al 19 per cento per le spese per abbonamenti sostenute dai pendolari è stata cancellata a partire dal periodo d’imposta 2010 dopo soli due anni di applicazione.
Anche se la riduzione della quota di detraibilità delle spese fiscali è stata abbandonata dal Governo Renzi, la nuova “delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”, approvata a marzo 2014, ritorna sulla questione. L’articolo 4 al comma 2 delega il Governo “ad introdurre (…) norme dirette a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che costituiscono una duplicazione, ferma restando la priorità della tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi di imprese minori e dei redditi di pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell’istruzione, nonché dell’ambiente e dell’innovazione tecnologica”. Nonostante il testo sia passibile di letture differenti, la delega sembra questa volta chiedere esplicitamente al Governo di entrare nel merito e impone di rispondere alla domanda: quali spese fiscali cancellare tra le molte previste dalla normativa? (1)
EFFETTI REDISTRIBUTIVI E GETTITO
Se il sistema deve essere reso “più equo, trasparente e orientato alla crescita”, un modo per rispondere è quello di concentrarsi sugli aspetti redistributivi delle spese fiscali. (2) In particolare, è possibile ricorrere alla “scomposizione di Pfähler” che consente di separare l’effetto redistributivo complessivo dell’imposta in tre diverse componenti: una dovuta alle deduzioni, una alla scala delle aliquote e una, infine, alle detrazioni. (3) La scomposizione dovrebbe idealmente essere applicata alle dichiarazioni di tutti i contribuenti italiani; ma questa via non è percorribile per l’inaccessibilità dei microdati. Quello che abbiamo fatto quindi è utilizzare i dati relativi ai modelli 730 dei contribuenti che ogni anno si rivolgono al Caf Acli, circa 1,3 milioni di individui. (4) I contribuenti interessati sono solamente lavoratori dipendenti e pensionati e costituiscono uno spaccato della “classe media”, sottorappresentando sia i redditi molto alti sia quelli molto bassi. L’unità di riferimento per la nostra analisi sono gli individui, non potendo, con i soli dati fiscali, effettuare l’analisi a livello familiare.
I risultati dell’esercizio sul periodo d’imposta 2011 indicano che, fatto 100 l’effetto redistributivo complessivo dell’imposta, il 38,5 per cento è imputabile alla scala delle aliquote, un piccolo 1,1 per cento alle deduzioni dal reddito complessivo (per la rendita catastale rivalutata dell’abitazione di residenza e per le deduzioni per oneri, anche queste spese fiscali) e il rimanente 60,4 per cento al totale delle detrazioni (tabella 1). Tuttavia, se si scompone ulteriormente quest’ultima componente, considerando l’impatto di ogni onere detraibile presente nella dichiarazione dei redditi, si scopre che l’effetto è dovuto per il 60,9 alle detrazioni per lavoro e famiglia, mentre alcune tipologie di detrazioni per oneri redistribuiscono al contrario (quelle con i segni meno nella tabella 1).
Se la situazione è questa perché non semplificare drasticamente l’Irpef, cancellando tutte le detrazioni diverse da quelle per lavoro e carichi familiari? L’effetto redistributivo sarebbe sostanzialmente immutato a fronte però di una imposta molto più semplice da applicare. È chiaro che l’eliminazione delle detrazioni avrebbe la conseguenza, ceteris paribus, di aumentare l’aliquota media per i contribuenti con spese fiscali positive e, di conseguenza, il gettito dell’imposta. Per capire quali siano le cifre in gioco si tenga presente che, nel periodo d’imposta 2012, gli oneri detraibili al 19 per cento ammontano complessivamente a circa 29 miliardi di euro. Inoltre, i contribuenti che sfruttano almeno una categoria di detrazioni sono un po’ meno di 20 milioni di unità (circa la metà dei contribuenti Irpef), per un ammontare medio di oneri detraibili di 1.460 euro. Eliminando la possibilità di detrarre questa categoria di spese fiscali, si otterrebbe un maggior gettito di circa 5 miliardi di euro, che potrebbero essere utilizzati per rivisitare l’attuale struttura dell’imposta. Non pochi soldi, visto che il Governo ne sta cercando 10 proprio per ridurre il carico fiscale sui lavoratori dipendenti.
Tabella 1: La scomposizione di Pfähler
(1) Per esempio, se la priorità è la salute le detrazioni per spese sanitarie si possono toccare sì o no? La risposta sembra dipendere dalla considerazione delle mutate esigenze sociali o economiche.
(2) È chiaro che questo non è l’unico parametro per valutare quali spese fiscali tagliare. Si potrebbe per esempio pensare in alternativa allo stimolo alla domanda di particolari beni o servizi. Però le poche analisi disponibili sul tema sembrano andare nella direzione di un effetto quantomeno modesto. Cfr. p.e. Jappelli T. e Pistaferri L., 2003, “Tax incentives and the demand for life insurance: evidence from Italy”, Journal of Public Economics, 87(7-8), 1779-1799 e Jappelli T. e Pistaferri L., 2007, “Do people respond to tax incentives? An analysis of the Italian reform of the deductibility of home mortgage interests”, European Economic Review, 51(2), 247-271.
(3) Cfr. Pfähler, W., 1990, “Redistributive Effect of Income Taxation: Decomposing Tax Base and Tax Rates Effects”, Bulletin of Economic Research, 42 (2), 121-29. In particolare applichiamo la “scomposizione di Pfähler” all’indice di Reynolds-Smolensky, dato dalla differenza tra l’indice di Gini calcolato sulla distribuzione dei redditi complessivi e l’indice di concentrazione calcolato sulla distribuzione dei redditi netti. La nostra analisi considera solamente l’imposta netta erariale, escludendo quindi l’impatto dovuto alle addizionali regionali e comunali e alla cedolare secca sui canoni di locazione.
(4) Questi dati sono stati discussi ampiamente nel Primo rapporto sui redditi degli utenti Caf Acli. Con riferimento alla scomposizione di Pfähler, l’analisi lì proposta considera anche l’impatto delle addizionali regionali e comunali.
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Bumblebee
Una proposta teorica/matematica, che non tiene conto della realtà. E’ vero che l’attuale sistema delle detrazioni è troppo farraginoso e va semplificato, ma alcune detrazioni vanno mantenute: ad esempio, quelle per le spese sanitarie, per il restauro delle abitazioni, la cura degli anziani. Sanitarie: che il contribuente si curi è di interesse sia per il soggetto che per lo stato. Il contribuente, curando la propria salute, è in grado di lavorare meglio e di guadagnare di più – in prospettiva di pagare più imposte/tasse, o di gravare di meno sulla Sanità/assistenza pubblica se pensionato. Lo stato, se il contribuente sta in buona salute e se ne paga il costo, spende di meno per il Ssn. Il costo per cure mediche, in un paese civile, dovrebbe essere dedotto dal reddito (come avviene per le spese strumentali per le aziende). Da noi, già è ingiusto che sia previsto un sollievo al contribuente su una bassa percentuale, fissa. Toglierlo del tutto sarebbe demenziale; inoltre, sarebbe un incentivo per aumentare il nero dei professionisti della salute. Restauro abitazioni: il sistema delle detrazioni ha fatto emergere, almeno in parte, il fatturato dell’edilizia e l’anagrafe dei fornitori, che potrebbe essere ben utilizzata dal fisco anche per controlli mirati. Spese per cura degli anziani. Continuano ad aumentare, a carico degli anziani stessi e dei familiari, per l’invecchiamento della popolazione. Tassare con aliquote elevate un anziano che spende già il 20-30-40% del reddito per assistenza e cure mediche è ingiusto e controproducente. E’ un incentivo a non curare gli anziani a domicilio e a ricoverarli in strutture collettive, finanziate anche dallo stato.
Se l’Italia fosse oggi un paese civile, permetterebbe già di dedurre tali spese nella misura reale, e non con i bassi massimali attuali. Già è stato proposto, per risparmiare, di non corrispondere più l’indennità di accompagnamento a chi ha un reddito superiore quello alimentare. Chi l’ha proposto, non ha tenuto conto che chi percepisce un reddito superiore a quello alimentare, già è soggetto in Italia a trattenute dal 30% in su sul reddito nominale, mentre il reddito dell’anziano che ha bisogno di assistenza è già falcidiato dalle spese relative, che possono facilmente raggiungere e superare tali percentuali.
Così, tra spese di assistenza/mediche e fisco, le trattenute effettive vanno oltre il 70% e più.
In tal modo si viola la Costituzione, che prevede la tassazione in relazione alla “capacità contributiva”.
L’imponibile fiscale, specie per una persona anziana e malata, dovrebbe essere calcolato al netto delle spese per assistenza/mediche, come avviene nei paesi civili del nord Europa: la “capacità contributiva”, in un paese civile, è quella che rimane dopo aver pagato le spese mediche/di assistenza.
giorgio48
Cancellare la detrazione per spese sanitarie e altre detrazioni porterebbe da un minimo di 5 miliardi utilizzabili per rivisitare la struttura dell’imposta? Trovo questa proposta non opportuna per chi come me dopo 42 anni di lavoro si trova in pensione: in quella fase della vita che presenta i maggiori problemi per la salute. Il mio esempio del 2013: 4500 di spese odontoiatriche ( esistono strutture del SSN a cui accedere o siamo obbligati a rivolgerci al privato? ). Nell’ipotesi di nessuna detrazione, l’effetto sulle retribuzioni dei pensionati è totalmente negativo in quanto sulle prestazioni mediche si paga già un’imposta come l’IVA e si vive con la pensione che ogni anno si riduce per aumento delle tasse regionali e che vale sempre meno per l’aumento generale dei prezzi. Sarebbe corretto smetterla di prendere in considerazione solo i grandi numeri dei contribuenti che pagano le tasse ( ma i pensionati sono evasori? ) e sui 16 milioni di italiani che vivono del lavoro fatto e della retribuzione INPS fare bei conti per avere soldi per generare non un miglioramento della qualità della vita ma solo una riforma IRPEF. In altri paesi i pensionati non sono tassati come in Italia, dove il canone della televisione è uguale per chi ha 60,70,80 anni e l’aliquota di tassazione IRPEF è basato su livelli di reddito indifferenti se si tratta di un lavoratore o di un ex lavoratore.
Credo che il rapporto CAF ACLI 2013 rappresenti una distorsione di pensiero economico perverso; si vede questo atteggiamento punitivo nei confronti dei contribuenti per le detrazioni perchè obbligano non solo a produrre la fattura ma a volte anche il preventivo e comunque sempre il pagamento nelle forme effettuate, pena la non accettazione del documento. Dove hanno preso queste radici inquisitorie? Per le spese universitarie non basta la certificazione del pagamento dell’università ma serve il tesserino universitario, il conto corrente con cui hai fatto i bonifici, le ricevute contabili dei bonifici, il certificato di iscrizione etc etc. In fondo dovrebbero svolgere un servizio al cittadino, ma non fanno in questo caso l’interesse del contribuente, perchè se possono respingono ogni richiesta di detrazione. Se fanno anche un tam-tam pubblicitario televisivo è segno che il 730 rende bene alle loro casse.
stefano delbene
Non si capisce perchè, mentre in tutti i sistemi fiscali dei paesi sviluppati sono previste detrazioni fiscali, l’Italia dovrebbe eliminarle. Dalla tabella che viene pubblicata (che però mi sembra abbia un vizio d’origine nei dati, come peraltro riconosciuto dagli autori), risulterebbero fra le detrazioni con effetto regressivo quelle per le ristrutturazioni e per il risparmio energetico: ma mi sembra evidente che non sempre le detrazioni nascono con questo scopo. La prima è per far emergere almeno in parte il “nero” nella componenete dell’edilizia (con un incremento del gettito fiscale, quindi, che altrimenti andrebbe perduto), la seconda favorendo lo sviluppo del mercato di prodotti che altrimenti sarebbero destinati ad una sempre maggiore marginalità.
ondo21
Sono una persona di modesta cultura e non ho la minima idea di cosa sia la scomposizione di Pfahler tuttavia tutti i giorni sono costretto a confrontarmi con un reddito bloccato da anni che perde continuamente potere di acquisto. Come lavoratore dipendente sono costretto a pagare tutte le tasse e come proprietario della propria abitazione pago anche la TASI con la sua componente per le spese indivisibili; e pensare che, nella mia ignoranza, ero convinto di pagare già l’IRPEF e le sue addizionali per finanziare questi costi.
Quando sono costretto, mio malgrado, alla sanità privata, al momento del conto mi viene spesso, o meglio sempre quando fatturano, se voglio la ricevuta o meno.
Con l’attuale sistema di detrazioni, la tentazione del “pochi, sporchi e subito” e molto forte. Infatti di fronte ad un risparmio immediato di 20 Euro, che per chi vive del suo salario possono anche essere importanti, e l’opzione di non raggiungere la soglia di franchigia e, peggio, di dover pagare un professionista o Caf per compilare il mod 730, la tentazione al risparmio immediato è davvero forte anche in considerazione che i costi sostenuti per pagare le tasse sono indeducibili e indetraibili.
Forse sarebbe opportuno, per recuperare immediatamente del gettito, rendere detraibili determinate spese, come quella dell’esempio precedente.
Infatti, di fronte ad una perdita di gettito del 27% (Aliquota massima della maggioranza dei lavoratori dipendenti e dei pensionati), si avrebbe l’incremento dovuto al maggiore imponibile di quei professionisti che oggi evadono bellamente buona parte del fatturato.
Tale misura, aumentando la base imponibile, comporterebbe anche qualche beneficio per le casse previdenziali.
Francesco
Le detrazioni sono un sistema non tanto di redistribuzione del reddito tout court, quanto di mirata redistribuzione soprattutto legata ad aiutare fasce deboli della società, come malati, disabili e famiglie, o per incentivare obiettivi sociali di grande impatto come il risparmio energetico. Eliminare le detrazioni sarebbe un grande errore. Non si capisce poi a chi gioverebbe eliminarle: a chi semplifica la vita eliminarle? Ai commercialisti e ai Caf forse, non certo a chi ne beneficia davvero. Forse solo nel caso di una corrispettiva riduzione delle aliquote fiscali più basse si giustificherebbe l’eliminazione delle attuali detrazioni.