Ridurre le vacanze estive aiuterebbe le famiglie meno abbienti e l’istruzione dei loro figli, riducendo divari di apprendimento causati dalle lunghe pause. Ma i continui tagli alla scuola, il clima e le infrastrutture inadeguate renderebbero difficile una riforma del calendario scolastico.
Durata lo spazio di una notte e poi smentita, la presunta proposta del premier Mario Monti di tenere chiuse le scuole solo un mese durante l’estate ha suscitato critiche da ogni parte: dei sindacati dei presidi, degli insegnanti e degli studenti che sui social network minacciavano di legarsi ai cancelli delle scuole.
Al di là di polemiche e smentite il tema merita attenzione. In Italia le ore totali di insegnamento sono di più che in altri paesi. Come si vede dal grafico 1, i nostri studenti hanno più ore di scuola rispetto alla maggior parte dei paesi Ocse. Allo stesso tempo però siamo, tra i paesi dell’Unione Europea, uno di quelli che fa la pausa più lunga durante l’estate (grafico 2).
Fonte: OECD Education at a Glance, 2012. I dati si riferiscono alla media delle ore totali di insegnamento annuali ricevute dagli studenti (di età tra i 7 e gli 8 anni, tra i 9 e gli 11 anni, tra i 12 e i 14 anni, 2010)
Fonte: Eurydice (2012)
Inoltre gli insegnanti italiani sono pagati meno della media Ocse, anche se a giugno e luglio sono retribuiti come se avessero normale orario scolastico. Una volta completate varie attività (consigli di classe, debiti formativi, esami per gli studenti dell’ultimo anno), i docenti sarebbero quindi a disposizione per il resto di luglio e per i primi giorni di settembre. C’è poi il fattore clima: è impensabile un sistema di apprendimento in un’aula con 40 gradi, temperature non rare a luglio e ad agosto al Sud e in molte grandi città italiane. Dotare tutti gli istituti di sistemi d’aria condizionata è utopia visto che molti edifici scolastici cadono letteralmente a pezzi.
Ciononostante le vacanze e in particolare la lunga pausa estiva comportano una serie di criticità, soprattutto per le famiglie più svantaggiate. Sia per i genitori che per i figli.
L’APPRENDIMENTO DURANTE LE VACANZE
Per i genitori la questione è ovvia: un nucleo famigliare in cui entrambi i genitori lavorano – e ancor più un genitore single – ha seri problemi di organizzazione durante i periodi di vacanza scolastica. Solitamente la rete di sostegno è basata sui nonni, ma non è scontato che siano ancora in vita, o in grado di occuparsi dei nipoti per un lungo periodo. L’impatto economico per le famiglie a basso reddito può quindi essere rilevante. L’obiezione a questa osservazione è che il compito della scuola pubblica, soprattutto se alle prese con continui tagli, non è guardare i figli perché i genitori possano lavorare, ma offrire loro una formazione adeguata ed equa.
E per i figli? La letteratura accademica è ricca di studi che documentano l’impatto delle ferie sull’apprendimento. Il risultato è preoccupante: gli studenti delle famiglie più svantaggiate subiscono le conseguenze in modo maggiore rispetto agli studenti delle famiglie benestanti. Lo studio che copre più paesi è di Victor Lavy, che analizza l’impatto delle ore a scuola sui ragazzi di 15 anni in circa cinquanta dei paesi che partecipano ai test Pisa dell’Ocse. (1) Il risultato è che l’effetto di un maggior numero di ore scolastiche è forte e positivo, soprattutto per le bambine, per gli alunni con basso status socioeconomico e per gli immigrati. Una ricerca condotta nel 2011 dalla Rand Education e la Wallace Foundation negli Stati Uniti – paese con uno dei calendari scolastici più leggeri a livello internazionale e con tre mesi di vacanze estive – ha provato a stimare l’effetto sul livello di apprendimento. (2) Ne risulta che la perdita delle conoscenze durante l’estate non è equa e contribuisce in maniera determinante ad accentuare nel tempo il gap di apprendimento fra allievi poveri e benestanti. Il grafico 3 mostra i risultati di uno studio analogo condotto presso gli studenti delle elementari di Baltimora. (3) Come si può vedere la discrepanza si forma principalmente durante i mesi delle vacanze estive. Se nel periodo invernale i risultati dei bambini con alto status socioeconomico (Sse) sono comparabili a quelli degli altri alunni, durante le vacanze estive migliorano, quando invece rimangono costanti, se non negativi, per il resto degli studenti.
Grafico 3
Le ragioni possono essere molteplici: una famiglia più ricca è in grado di offrire al figlio maggiori canali di istruzione alternativi, come corsi di lingua, di musica, viaggi e altre svariate forme di arricchimento socioculturale a cui il bambino di basso reddito ha meno possibilità di accedere.
Il fenomeno comincia a essere sempre più analizzato e inserito nelle agende politiche: nel 2008 nel Regno Unito – dove il fattore climatico è marginale – è stata varata una riforma del calendario scolastico con “dispersione” dei giorni di ferie e sole sei settimane di vacanze estive. In Francia, Francois Hollande si è detto favorevole ad aumentare i giorni di scuola da quattro a quattro e mezzo (attualmente il mercoledì è di riposo e negli altri giorni l’insegnamento è esteso al pomeriggio).
Negli Stati Uniti, già nel suo primo mandato, Barack Obama aveva affrontato la questione, dichiarando: “non possiamo permetterci un calendario scolastico programmato quando l’America era ancora una nazione di contadini che avevano bisogno che i loro figli aiutassero a lavorare la terra. Al giorno d’oggi un calendario di questo tipo è uno svantaggio competitivo […] le sfide del nuovo secolo richiedono più tempo in classe”. (4)
In Italia le infrastrutture fatiscenti e il basso livello di retribuzione degli insegnanti rendono il problema spinoso visto che, in un contesto di continui tagli, non è possibile fare proposte che pesino sul bilancio dello Stato. In ogni caso, l’evidenza empirica mostra che se si riducono i lunghi periodi di vacanza, si ottengono non solo benefici per le famiglie meno abbienti, ma anche una riduzione del gap di apprendimento tra allievi benestanti e poveri. In un paese con bassa natalità e scarsa mobilità sociale non sono certo fattori trascurabili.
(1) http://www.nber.org/papers/w16227
(2) http://www.rand.org/news/press/2011/06/13.html
(3) http://brettberk.com/wp-content/uploads/2009/07/april07asrfeature.pdf. Lo studio si basa su circa 400 alunni di 22 scuole elementari selezionate casualmente a Baltimora. I test venivano effettuati due volte all’anno, permettendo così di comparare la differenza nelle performance nei diversi periodi dell’anno. Nel grafico è riportato il risultato del gap complessivo durante i 5 anni di scuola elementare.
(4) http://www.whitehouse.gov/the-press-office/remarks-president-united-states-hispanic-chamber-commerce
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davide445
Mi ricordo uno studio (tra gli infiniti che fanno nei paesi anglosassoni) dove con il programma KIPP “costringevano” gli studenti a passare più ore a scuola e sui libri. I risultati erano decisamente migliori, cosa del resto intuibile dato che più tempo porta anche più partecipazione, spirito di gruppo e possibilità di imparare anche per uno non particolarmente veloce.
Lasciando perdere gli approcci esteri che magari partono da esigenze specifiche, nella nostra Italia il vero problema è a mio parere il sistema scolastico dove l’insegnante è visto – sia dalle istituzioni che dai genitori – come una specie di animatore che deve semplicemente gestire ed educare i ragazzi o bambini che siano. Per raggiungere risultati di buon livello bisogna investire e motivare, coinvolgere e guidare, valutare e premiare, cose elementari che chissà come mai erano possibili pochi decenni fa e sembrano fuori dalla portata oggi.
Educazione = investimento a lungo termine, un termine assolutamente alieno a tutti gli ultimi governi italiani e sembra anche a molte famiglie. Come dargli torto dopotutto, nell’attuale sistema meritocratico dove a salire al potere e ricchezza (che non è detto debba essere un valore in se, ma si traduce anche in semplice sicurezza sociale) spesso non sono i più preparati, non ha senso investire in una educazione che magari non solo non rende, ma addirittura crea protesta e insoddisfazione.
Quindi in fondo a molti conviene avere una popolazione mediamente sempre meno preparata e in grado di fare le proprie valutazioni. Chi vale si sceglie da solo in un gruppo abbastanza identificabile, per gli altri ci sono altre “opportunità”.
Con questo in mente andrò personalmente al voto pensando a chi è in grado di vedere lontano in modo realistico e con la preparazione necessaria. Sarà estremamente duro e faticoso, ma inevitabile.
fulvio zanetti
Sono un docente e da anni mi batto per avere uno spring break pausa fra il 1° ed il 2° quadrimestre mantenendo gli stessi giorni di scuola ma con una scansione diversa,anticipando a fine agosto si ridurrebbero i tempi di non apprendimento estivi effettivamente troppo ampi e si darebbe la possibilità a docenti,genitori ed alunni di fare una pausa di ricarica mentale nel periodo di carnevale per 15 giorni (come fanno in molti paesi europei ed extra).
Gianfranco Rocchi
Una soluzione di compromesso tra le esigenze delle famiglie meno abbienti e l’assenza degli impianti di condizionamento nelle aule per i periodi estivi (per quanto sia deprimente pensare che, in uno dei paesi membri del G7 questo sia d’ostacolo all’istruzione!) non potrebbe essere quella di pensare ad un modello di istruzione alternativo al classico insegnamento in aula? Impiegando parte delle vacanze scolastiche in stage e in un periodo di servizio civile, per gli allievi più grandi, e di attività extrascolastiche simili ai campi scuola, Grest, i campi estivi del WWF, e simili gestiti però, questa volta, dalla scuola pubblica (e laica), con gli insegnanti pubblici (già pagati). Nulla contro le collaborazioni con associazioni che oggi svolgono un’opera sussidiaria fondamentale rispetto alla scuola ed allo stato sociale nei periodi di vacanza scolastica ma, parafrasando Cavour, “libere associazioni in libero Stato”.
Paolo Fasce
Per scendere sul terreno dell’alternanza studio/sospensione in termini sensati, il confronto internazionale è senz’altro utile, ma va valutato anche alla luce delle peculiarità geografiche e climatiche dei singoli paesi. Resta il fatto che nessun passo potrà essere fatto, senza una rinegoziazione dei periodi di sospensione determinati dalle “feste comandate” di ambito religioso. Sospendiamo le lezioni a Natale, Santo Stefano e Capodanno, ma non nei giorni intermedi, sospendiamo le lezioni il Lunedì dell’Angelo, ma le settimane intere di pausa vanno scelte con criteri cognitivo-pedagogici.
Marco
Di quale scuola si parla? Primaria, secondaria inferiore, superiore? La si conosce solo dalle cifre o da esperienza sul campo?
Insegno matematica e fisica al liceo scientifico. L’anno scorso sono stato membro interno per esami di stato fino a inizio luglio, poi ho preso una settimana di ferie, poi sono tornato a scuola (5 ore al giorno) per corsi di recupero estivi per alunni con il giudizio sospeso (ex rimandati), fino al 31 luglio. Il 27 agosto ero nuovamente in servizio per gli esami dei “rimandati”. Per il terzo anno di seguito non ho potuto usufruire nei mesi estivi di tutti i giorni di ferie che mi spettano perché non c’erano giorni sufficienti.
Ho colleghi che hanno passato tutto il mese di agosto a organizzare un corso di lingua all’estero per gli alunni, più 3 settimane di accompagnamento, il che comporta 24 ore su 24 al giorno di servizio.
Andate oltre i numeri, visitate le scuole, scoprirete una realtà molto più composita.
Michle
Addirittura… pensi chi, ed è la stragrande maggioranza, tutte le estati di tutti gli anni, resta al lavoro, per nove ore (otto più la pausa non pagata) al giorno (altro che cinque in tutto) dal primo giugno in poi, con solo 2 settimane ad agosto.
marisak
Sì. pur essendo un’insegnante, penso che l’orario scolastico può essere modificato a patto di non agire in quel modo grossolano come di solito fa il governo quando agisce nel mondo della scuola. Secondo me le osservazioni fatte da molti intervenuti nel dibattito sono giuste. Non so se il governo è così saggio da lanciare questa provocatoria proposta per smuovere le acque e far nascere una discussione da cui prendere spunti. Non sarebbe male. Certo non va bene intervenire con l’accetta perchè molte osservazioni sono verissime: i prof delle superiori sono impegnati spesso per gli esami di stato, ma non tutti e non sempre.
Anche il tipo di scuola è importante: la scuola dell’infanzia per esempio. Perchè dare due mesi di vacanze a tutti gli operatori di quel tipodi scuola ? Inoltre non è giusto che l’intera struttura scolastica rimanga inattivaper tutto il periodo scolastico. E’qui che bisogna essere flessibili. Si potrebbero organizzare stage con personale ( retribuito) precario che mentre comincia a fare esperienze di lavoro con il tutoraggio di un insegnatre esperto (pagato a parte) e la guida didattica del dirigente, incominci a svolgere attività lavorativa dando aiuto alle famiglie con bambii piccoli che d’estate, a qualsiasi latitudine, hanno grossi problemi. In tal senso si dovrebbe guardare a esperienze d’oltralpe, la Francia per esempio, dove non esistono le parrocchie che suppliscono ai problemi delle…
marco
L’impostazione dell’articolo mi sembra francamente delirante – inanzitutto sembra giustificare implicitamente l’idea assolutamente incivile che siccome lo Stato non ha i soldi si possa migliorare solo aumentando lo sfruttamento dei lavoratori del comparto scuola che d’estate si riposano troppo a lungo – Diversi studi sottolineano l’alta usura della professione docente e mettono in rilievo come il maggior tempo trascorso a scuola non si traduca in una migliore qualità degli apprendimenti – Non si possono riportare le parole di due politici e di due studio, trascurarne altre migliaia e farli valere come fossero la Bibbia! E’ un modo di procedere scientificamente poco serio. Il problema semmai potrebbe essere quello di organizzare il tempo extra-scolastisco e di fornire un supporto educatico a molte famiglie che non hanno il tempo materiale di seguire i figli in quanto schiavizzati dall’attività lavorativa…Ma da questo punto di vista come ci si possono aspettare risposte serie e credibili da un personaggio come Monti che ha ratificato il fiscal compact messo in costituzione il pareggio di bilancio distruggendo la possibilità di spesa dello Stato! Da quel Monti che parla solo di tagliare la spesa pubblica e che ha cercato di aumentare l’orario settimanale degli insegnanti da18 ore a 24 per decreto?! Siamo alla pazzia…
pasquale morea
l’articolo parte con buoni spunti per perdersi con i soliti confronti con gli USA dove gli insegnanti non sono retribuiti durante il periodo feriale ma entrano con uno stipendio quattro volte il nostro. Da noi I prof non hanno giugno e settembre liberi, luglio solo un terzo e il numero di giorni di ferie è lo stesso di tutta la PA. Quelle di Natale vanno a compensazione di extra lavoro non retribuito (consigli, scrutini, riunioni per materie, ricevimento genitori) fatti tutti in orario postmeridiano. Poi aggiungiamo tutto l’extra NON CONSIDERATO (preparazione verifiche e correzione, spostamenti tra sedi differenti con necessità del mezzo privato), che è tempo libero sottratto alla vita privata oltre che maggiori costi che chi lavora in ufficio non ha. Bisogna tornare a scuola da ottobre e allungare il calendario a fine giugno, tenere corsi a carico della fiscalità generale come ha ben indicato il commentatore che mi precede, perché a settembre le famiglie possano andare in ferie in bassa stagione, tanto la scuola non va mai a regime prima di ottobre perché gli organici sono ancora ballerini causa ritardi degli uffici regionali. Comunque non sottovalutiamo le differenze climatiche e l’importanza che il turismo potrebbe avere da noi al quale un calendario scolastico come quello che ho citato darebbe sicuramente una mano per destagionalizzarsi, invece che costringere tutti a fare per forza vacanze in agosto.
AM
Cosa ne pensano gli interessati? Ricordiamo che l’Italia è circondata dal Mediterraneo, un mare temperato ben diverso da quelli del Nord Europa. L’estate da noi è molto più lunga soprattutto al Sud e nelle isole e beneficia di tanto sole. Anche i ragazzi di famiglie non benestanti senza pagare possono tuffarsi in acqua e trarne beneficio in termini di divertimento, sport e tanta salute.
marco
Da docente di scuola superiore dico:
D’accordo che in certi giorni d’estate fa decisamente caldo (più in Italia che in Germania), ma che cosa è meglio per l’apprendimento? Studiare in una calda giornata di fine giugno o (come succede attualmente ai nostri studenti) in una fredda giornata di dicembre avendo però alle spalle un periodo ininterrotto (dal 12 settembre quest’anno) di lavoro, 6 giorni alla settimana? Non sarebbe opportuno prenderci qualche pausa per ricaricare le pile, caldo o freddo che faccia?
Luca
Leggere certi commenti così smaccatamente intrisi di rivendicazioni parasindacali è francamente deprimente. E’, infatti, innegabile che il caldendario scolastico sia come minimo infelice e non tenga in alcun conto delle esigenze didattiche degli studenti e logistico-organizzative delle famiglie. Così come, credo, sia innegabile che un calendario così costruito non contribuisca certo a colmare il sempre maggiore gap tra gli “have” e gli “have not”. I miei 3 figli (padre dirigente, madre architetto) durante il periodo estivo possono andare in montagna o al mare con i nonni, fare viaggi studio o sportivi, i 2 figli della nostra colf (regolarmente assunta…) restano 3 mesi a Torino parcheggiati (se va bene) in qualche Estate Ragazzi. E i 35/40 gradi ci sono anche lì…..