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Il precedente cipriota

La vicenda Cipro ha rafforzato il legame tra sistemi bancari e governi nazionali. Il rischio è quello di creare monete parallele nella stessa area monetaria. Mentre emerge con chiarezza la debolezza dell’attuale assetto istituzionale. La polarizzazione verso aree con più alta capacità fiscale.
LA PREGIUDIZIALE DELLA NAZIONALITÀ
La vicenda Cipro è interpretata da molti come la volontà degli Stati che aderiscono all’euro di liquidare banche insolventi e di evitare che i costi della liquidazione si riversino sui cittadini, già colpiti da una grave crisi economica. Sono obiettivi condivisibili, ma la realtà dei fatti è diametralmente opposta. Il forte legame tra sistemi bancari e governi nazionali non si è allentato, bensì ne esce rafforzato, con il rischio di creare monete parallele nella stessa area monetaria, oltre a far emergere la debolezza dell’attuale assetto istituzionale. Il sistema bancario si sta gradualmente polarizzando verso aree con più alta capacità fiscale. Vediamo perché.
Le banche cipriote sono finite nell’occhio del ciclone perché il governo di Cipro non ha liquidità a sufficienza per ricapitalizzarne due tra le più grandi del paese. La capacità d’intervento di fronte a un sistema bancario che ha raggiunto circa otto volte il Pil nazionale è chiaramente limitata. Pertanto, la premessa è che Cipro e l’Eurogruppo non si siano mossi sulla base di una scelta volontaria di liquidare le banche dell’isola, ovvero sulla base di un’analisi della loro solvibilità. Ad esempio, la Germania fino a oggi ha fornito liquidità o garanzie alle proprie banche per oltre 400 miliardi di euro. L’Italia, invece, ha iniettato quasi 4 miliardi di euro nel Monte dei Paschi, inizialmente con un piano nazionale di supporto del sistema bancario tramite la formula “Tremonti bonds”, poi convertita nei nuovi “Monti bonds” (solo per Mps) a scadenza (prorogabile) nel 2015. (1)
Rimane dunque una forte pregiudiziale nazionale quando una banca entra in difficoltà. Nell’Eurozona è la nazionalità di una banca e dei suoi asset che può decidere le sue sorti in modo determinante, se sia solvibile o meno, ed è una condizione che ha un prezzo nel mercato interbancario. Lo stretto legame tra capacità fiscale dello Stato di riferimento e solvibilità del sistema bancario, rafforzato dall’iscrizione nel bilancio delle banche nazionali d’ingenti quote di debito sovrano, fa sì che un euro a Cipro non abbia lo stesso valore di un euro in Germania.
DEPOSITI E MOVIMENTI DEI CAPITALI
L’emergere di valute parallele nell’area euro trova supporto anche nella decisione, senza precedenti, di colpire i depositi (sopra i 100mila euro) nella liquidazione di una banca e di imporre controlli sui movimenti di capitali. Il prelievo sui depositi, soprattutto con una soglia di protezione relativamente bassa, non è solo un atto fortemente simbolico che i mercati sconteranno inevitabilmente alla prossima crisi. Pone anche la domanda se i depositi vadano considerati alla stregua di altri crediti della banca o debbano avere invece uno status molto simile a quello di “soldi dei contribuenti”, da cui attingere solo in specifiche situazioni di emergenza. Condivisibile o meno che sia, la decisione di far partecipare i depositi alla ristrutturazione o liquidazione di una banca crea incertezza poiché non si applica a tutta l’area euro, ma vi si fa ricorso sulla base di scelte discrezionali che spesso non hanno nulla a che fare con l’attuale crisi finanziaria. Ad esempio, punire il governo cipriota per non avere applicato nel migliore dei modi le direttive anti-riciclaggio e per aver concluso accordi con paesi terzi su tassazione societaria e trasparenza offusca ancor più i piani su come l’area euro (cioè, il governo fiscale dell’area tramite il fondo di stabilità) intende affrontare nei prossimi mesi richieste di liquidità da parte di altri Stati per il salvataggio di banche nazionali (e tra questi potrebbe esserci anche l’Italia).
Cipro è poi anche il primo caso di blocco del libero movimento dei capitali in un’area monetaria comune, e ciò crea di fatto una moneta di “serie b”. Queste misure, adottate per tamponare l’emorragia di capitali, violano palesemente gli articoli 63 e 65 del Trattato, in linea con una sempre più frequente sua interpretazione à la carte nelle situazioni percepite dal nostro attuale meccanismo di governance come “emergenza”. (2) Sebbene il blocco sia difficile da rimuovere nel breve termine, a dispetto delle promesse fatte, si tratta di una misura limitata a un piccolo Stato in un’ampia area monetaria, la cui valuta rimane ancora oggi stabile.
BASTA AIUTI DI STATO
Non c’è alcun dubbio che le banche insolventi vadano liquidate o quantomeno ristrutturate e vendute se non autosufficienti. Prolungati interventi di politica monetaria per fornire liquidità alle banche, quali le long-term refinancing operations, hanno solo rinviato il problema e fatto lievitare i costi di una potenziale riorganizzazione di molte “zombie banks”, che intanto hanno legato le proprie sorti a quelle degli Stati nazionali, con l’acquisto massiccio di debito sovrano.
L’assenza di un divieto di salvataggio, o anche solo di supporto finanziario, da parte di Stati nazionali, grazie all’esenzione dalle norme sugli aiuti di Stato, continua a frammentare il sistema finanziario che supporta la moneta comune, polarizzandolo oltremodo verso aree che hanno più spazi per manovre fiscali (quali la Germania). Sebbene questo processo non escluda un naturale ribilanciamento del sistema finanziario verso le aree a più alta capacità di reddito, è la sua nazionalità a determinare se la banca in difficoltà beneficia o subisce la capacità fiscale dello Stato di riferimento.
La Commissione applica l’esenzione dalle regole sugli aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107.3(b) del Trattato, qualora ci sia un rischio serio per l’economia dello stato nazionale. Ma l’unione bancaria non può prescindere dalla rimozione di questa esenzione per sostituirla con nuove regole comuni per tutta l’Eurozona basate sulle norme per gli aiuti di Stato. (3) L’esenzione prevista nel Trattato ha funzionato per un’unione di Stati con sistemi finanziari integrati, ma con monete diverse. Ora sta portando il sistema finanziario della moneta comune alla frammentazione e a un’inefficiente allocazione dei capitali, che si riflette anche sul costo del debito. Nello stesso tempo, il direttorato della Commissione, che già lavora su materie di aiuti di stato e concorrenza (Dg Comp), potrebbe essere trasformato in autorità di liquidazione e ristrutturazione delle banche, un ruolo che difficilmente potrebbero ricoprire sia il fondo di stabilità Esm (per il controllo diretto esercitato dagli Stati membri) sia la Bce (per i conflitti con le funzioni di politica monetaria). I poteri indipendenti sarebbero assoggettati al controllo di merito delle corti europee di prima istanza e della Corte di giustizia, con l’obbligo di riportare annualmente le proprie attività al parlamento europeo.
In ogni caso, il “metodo Cipro” è indubbiamente il precedente che ha portato a galla tutte le debolezze dell’attuale architettura istituzionale dell’area euro, incapace di vivere all’altezza delle decisioni che una crisi economica sempre più profonda richiede di prendere.
(1) Ambedue hanno le caratteristiche di uno strumento di equity (Tier 1), poiché debito convertibile in azioni a discrezione della banca. Con i Monti bonds, che a differenza dei Tremonti bonds sono un intervento mirato a una singola banca, c’è una scadenza precisa (2015) e la mancata restituzione avverrà a un costo pagabile anche in azioni (in linea con la Comunicazione su ricapitalizzazione delle banche). I Monti bonds sono stati temporaneamente approvati dalla Commissione europea a dicembre, ma la decisione finale verrà presa quando l’Italia presenterà il piano di ristrutturazione entro giugno 2013.
(2) Darvas, Zsolt and Guntram B. Wolff (2013), “It is not yet too late to drop the idea of capital controls in Cyprus”, Bruegel blog, available at http://www.bruegel.org/nc/blog/detail/article/1061-it-is-not-yet-too-late-to-drop-the-idea-of-capital-controls-in-cyprus/#.UVounluSD9E
(3) Valiante, Diego (2012), “Last call for a banking union in the Euro Area”, Applied Economics Quarterly, forthcoming. Earlier draft (August 2012) available at http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2130712

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  1. Se il rischio è quello di creare monete parallele nella stessa area monetaria bisogna che i 17 paesi dell’Eurozona collaborino maggiormente fra di loro e proprio a livello di economia reale. Cipro potrebbe diventare un modello se le capacità fiscale degli Stati dell’Ue non si rimodula con regole uniche e in funzione del Mercato Unico.
    Siamo in crisi. Oltre a un Autority Unica delle banche occorre un meccanismo di risoluzione in quanto le banche quando sono in crisi determinano fallimenti che gli Stati non possono più coprire come è stato ben esposto nell’articolo per l’italia.

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